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Finalmente, dopo cinque episodi, il serial killer dell’acido ha un nome, un cognome e un volto; quello che ancora manca è un movente, ma c’è sempre il series finale, in cui i fratelli Williams dovrebbero dare le ultime, fondamentali risposte. Che potesse trattarsi di Elaine Shepard era intuibile, ma gli autori sono stati bravi a confondere le acque indirizzando i sospetti anche verso il dottor Isaac Taylor, con buona parte di “Episode 5” che continua sulla strada già battuta da “Episode 4”, seminando indizi e allusioni che inducano a dubitare sia dello psicologo sia della giovane poliziotta, prima di rendere palese chi dei due è il vero assassino e aggressore di Gabriel (a meno di clamorosi colpi di scena nella prossima puntata che rivelino l’esistenza di più di un colpevole).
La narrazione si svolge questa volta ben un mese prima dell’attacco contro Gabriel Markham. L’agente di polizia che lo spettatore ha conosciuto nei precedenti episodi come un uomo cupo, distrutto, tremendamente in collera con la moglie e nel contempo legato alla collega da una relazione che non riesce a troncare definitivamente, si rivela essere un narcisista, un dongiovanni e pure un cocainomane, che si diverte a infrangere le regole, a sfidare l’autorità mandando a quel paese il proprio superiore e, soprattutto, a farsi tutte le nuove agenti del suo distretto – per cui la Shepard non è nemmeno la prima ragazza con la quale gli è capitato di tradire la moglie e probabilmente nemmeno la prima a cui abbia mai detto “I love you” senza intenderlo sul serio -. Ad un altro agente che gli chiede come faccia ad avere un tale successo con le donne risponde semplicemente “It doesn’t feel like a choice. I don’t choose to screw around on Lisa, it just happens” e ancora “We’re all just animals, right? Fucking animals”, come a dire che è tutta una questione di istinto, di animalità. Quello che dovrebbe essere un integerrimo difensore della legge è in realtà un fedifrago che gode di più quando fa sesso in posti dove può essere scoperto, ad esempio nel bagno della centrale (come spiega a Benton “Sometimes ‘safe’ isn’t that exciting”), e in quello stesso bagno poi va a farsi un bel tiro di coca. Il plauso ovviamente va a Richard Dormer, capace di rendere appieno sullo schermo la spavalderia, l’arroganza e la noncuranza per le regole dell’uomo così come nei passati episodi ne ha reso magistralmente la fragilità, le ferite della carne e dello spirito, i tormenti fisici e soprattutto interiori.
La narrazione si svolge questa volta ben un mese prima dell’attacco contro Gabriel Markham. L’agente di polizia che lo spettatore ha conosciuto nei precedenti episodi come un uomo cupo, distrutto, tremendamente in collera con la moglie e nel contempo legato alla collega da una relazione che non riesce a troncare definitivamente, si rivela essere un narcisista, un dongiovanni e pure un cocainomane, che si diverte a infrangere le regole, a sfidare l’autorità mandando a quel paese il proprio superiore e, soprattutto, a farsi tutte le nuove agenti del suo distretto – per cui la Shepard non è nemmeno la prima ragazza con la quale gli è capitato di tradire la moglie e probabilmente nemmeno la prima a cui abbia mai detto “I love you” senza intenderlo sul serio -. Ad un altro agente che gli chiede come faccia ad avere un tale successo con le donne risponde semplicemente “It doesn’t feel like a choice. I don’t choose to screw around on Lisa, it just happens” e ancora “We’re all just animals, right? Fucking animals”, come a dire che è tutta una questione di istinto, di animalità. Quello che dovrebbe essere un integerrimo difensore della legge è in realtà un fedifrago che gode di più quando fa sesso in posti dove può essere scoperto, ad esempio nel bagno della centrale (come spiega a Benton “Sometimes ‘safe’ isn’t that exciting”), e in quello stesso bagno poi va a farsi un bel tiro di coca. Il plauso ovviamente va a Richard Dormer, capace di rendere appieno sullo schermo la spavalderia, l’arroganza e la noncuranza per le regole dell’uomo così come nei passati episodi ne ha reso magistralmente la fragilità, le ferite della carne e dello spirito, i tormenti fisici e soprattutto interiori.
Le scene di sesso tra lui ed Elaine nel corso dell’episodio mettono in chiaro, se ce ne fosse ancora il bisogno, quanto forte sia l’attrazione fra i due, seppur ognuno guardi a quella relazione a modo suo: per Gabriel è solo sesso e il “fucking animal” che è in lui vuole soltanto conquistare l’ennesimo trofeo femminile, marchiare alla centrale il proprio ruolo di maschio alfa; Elaine, invece, prova veri sentimenti per l’uomo, sentimenti già accennati nei passati episodi e che molto probabilmente sono alla base dell’attacco con l’acido.
Se Gabriel mostra dei lati oscuri che inizialmente nessuno spettatore avrebbe sospettato, non meno positivo è il ritratto che continua ad emergere di Isaac Taylor, anzi: l’allusione a un meglio specificato incidente avvenuto venti anni prima (ma abbastanza noto perché anche Gabriel lo conosca) e la scoperta di un ordine restrittivo nei confronti del suo ex-paziente Richard Bell (il sospettato di turno dell’indagine) mostrano che lo psicologo ossessionato dall’igiene, che arriva addirittura ad indossare guanti di lattice prima di stringere la mano a uno sconosciuto, ha molto da nascondere, un passato non certo roseo né privo di macchie. Anzi, proprio l’ossessione per l’igiene e l’uso dei guanti, che non lascerebbero tracce di DNA su una scena del crimine, rendono il dottor Taylor quasi naturalmente il sospettato numero uno per gli omicidi, insieme al fatto che preme tanto per far arrestare Bell, come se volesse sviare da sé i sospetti e far ricadere la colpa su un altro uomo; se “Episode 5” si fosse concluso senza quei secondi finali in cui è inquadrato il volto di Elaine, impassibile dopo aver sgozzato Jonas Borner sul sedile della sua auto, lo spettatore avrebbe probabilmente puntato senza troppe esitazioni su Isaac Taylor come vera identità del serial killer.
In mezzo a tanta cupezza e tanta serietà, i ragazzi della centrale si rendono per una volta davvero utili dando vita all’unico momento comico della puntata, seppur il tutto parta da una base abbastanza macabra: chi, tra gli agenti di polizia, vomita alla vista di un cadavere deve esibirsi davanti ai compagni nella chicken dance, indossando un costume da pollo e cantando una stupida canzoncina. Se le passate sottotrame secondarie hanno fallito nel tentativo di dare una dimensione più umana all’ambiente in cui Gabriel ed Elaine lavorano, riuscendo semmai a risultare noiose e a stonare col resto della narrazione, questo intermezzo comico riesce invece pienamente a restituire la goliardia e la spensieratezza dell’ambiente poliziesco nelle brevi pause tra un’indagine e l’altra, gli unici momenti di allegria in un lavoro che invece ha costantemente a che fare col dolore e con la morte.
Nel complesso, “Episode 5” è l’episodio più sottotono della serie: dopo che le puntate precedenti hanno tirato fuori ambigui personaggi femminili sfigurati dall’acido e ricconi assassini amanti degli incesti, o si sono concentrati su momenti drammatici come l’aggressione ai danni di Gabriel, la sua convalescenza in ospedale e i suoi problemi familiari, qui ci si limita ad una narrazione con meno guizzi emotivi e contenutistici, una semplice indagine (che si rivelerà l’ennesimo buco nell’acqua) inframmezzata da scene di sesso e dialoghi, pur pregevoli, tra il poliziotto Gabriel e lo psichiatra Isaac. A riscattare davvero la puntata è proprio il colpo di scena finale, la rivelazione della colpevolezza di una Elaine Shepard che conversa ancora con il fantasma della madre e nutre un morboso attaccamento per un collega che vede in lei solo l’ennesima ragazza da portare a letto. Un vero pugno nello stomaco, che rende l’attesa del prossimo ed ultimo episodio ancora più spasmodica del solito.
Se Gabriel mostra dei lati oscuri che inizialmente nessuno spettatore avrebbe sospettato, non meno positivo è il ritratto che continua ad emergere di Isaac Taylor, anzi: l’allusione a un meglio specificato incidente avvenuto venti anni prima (ma abbastanza noto perché anche Gabriel lo conosca) e la scoperta di un ordine restrittivo nei confronti del suo ex-paziente Richard Bell (il sospettato di turno dell’indagine) mostrano che lo psicologo ossessionato dall’igiene, che arriva addirittura ad indossare guanti di lattice prima di stringere la mano a uno sconosciuto, ha molto da nascondere, un passato non certo roseo né privo di macchie. Anzi, proprio l’ossessione per l’igiene e l’uso dei guanti, che non lascerebbero tracce di DNA su una scena del crimine, rendono il dottor Taylor quasi naturalmente il sospettato numero uno per gli omicidi, insieme al fatto che preme tanto per far arrestare Bell, come se volesse sviare da sé i sospetti e far ricadere la colpa su un altro uomo; se “Episode 5” si fosse concluso senza quei secondi finali in cui è inquadrato il volto di Elaine, impassibile dopo aver sgozzato Jonas Borner sul sedile della sua auto, lo spettatore avrebbe probabilmente puntato senza troppe esitazioni su Isaac Taylor come vera identità del serial killer.
In mezzo a tanta cupezza e tanta serietà, i ragazzi della centrale si rendono per una volta davvero utili dando vita all’unico momento comico della puntata, seppur il tutto parta da una base abbastanza macabra: chi, tra gli agenti di polizia, vomita alla vista di un cadavere deve esibirsi davanti ai compagni nella chicken dance, indossando un costume da pollo e cantando una stupida canzoncina. Se le passate sottotrame secondarie hanno fallito nel tentativo di dare una dimensione più umana all’ambiente in cui Gabriel ed Elaine lavorano, riuscendo semmai a risultare noiose e a stonare col resto della narrazione, questo intermezzo comico riesce invece pienamente a restituire la goliardia e la spensieratezza dell’ambiente poliziesco nelle brevi pause tra un’indagine e l’altra, gli unici momenti di allegria in un lavoro che invece ha costantemente a che fare col dolore e con la morte.
Nel complesso, “Episode 5” è l’episodio più sottotono della serie: dopo che le puntate precedenti hanno tirato fuori ambigui personaggi femminili sfigurati dall’acido e ricconi assassini amanti degli incesti, o si sono concentrati su momenti drammatici come l’aggressione ai danni di Gabriel, la sua convalescenza in ospedale e i suoi problemi familiari, qui ci si limita ad una narrazione con meno guizzi emotivi e contenutistici, una semplice indagine (che si rivelerà l’ennesimo buco nell’acqua) inframmezzata da scene di sesso e dialoghi, pur pregevoli, tra il poliziotto Gabriel e lo psichiatra Isaac. A riscattare davvero la puntata è proprio il colpo di scena finale, la rivelazione della colpevolezza di una Elaine Shepard che conversa ancora con il fantasma della madre e nutre un morboso attaccamento per un collega che vede in lei solo l’ennesima ragazza da portare a letto. Un vero pugno nello stomaco, che rende l’attesa del prossimo ed ultimo episodio ancora più spasmodica del solito.
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A questo punto sorge spontaneo chiedersi cosa riserverà l’ultima puntata di Rellik: la storia si concluderà con l’inizio delle indagini o salterà al momento successivo la morte di Steven Mills vista nel pilot, per raccontare la scoperta (e magari la cattura) del vero serial killer? Elaine Shepard sarà assicurata alla giustizia o la farà franca e Gabriel continuerà ad andarci a letto ignaro della sua vera natura? Ancora qualche giorno di pazienza e tutto avrà (si spera) una risposta.
Episode 4 1×04 | ND milioni – ND rating |
Episode 5 1×05 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.