Sky Italia si conferma, ancora una volta, un esempio da seguire per tutto ciò che riguarda i prodotti originals italiani, in grado di unire un gusto per tutto ciò che è fiction di genere, con annessi cliché e schemi narrativi già visti e rivisti, ma declinati in maniera innovativa grazie all’ambientazione e ad un gusto prettamente italiani.
Così, dopo i successi di ZeroZeroZero e Devils, questa volta si sceglie di osare ancora di più addentrandosi in un campo che, almeno in Italia, è sfruttato pochissimo (o sfruttato male, si veda per esempio la serie Luna Nera): il fantasy storico.
Prendendo spunto dalla fortunata pellicola di Matteo Rovere (qui in veste di regista e co-produttore con la sua Groenlandia Film) Il Primo Re, ecco arrivare Romulus, serie tv ambientata nel Lazio del VIII secolo avanti Cristo che narra le origini mitiche della città di Roma e di quello che sarà successivamente l’Impero Romano. Una serie che è destinata a diventare la preferita di qualunque amante di storia, anche se, a discapito del titolo, il mito di Romolo è parecchio rivisitato.
Basti pensare che nessuna delle storyline presentate in questo episodio pilota presenta alcun personaggio che si chiama, per l’appunto, Romulus. Protagonisti principali sono infatti i due fratelli (ma al momento non si sa quanto questi abbiano a che fare con i due fratelli per eccellenza) Yemos (Andrea Arcangeli) ed Enitos (Giovanni Buselli, già visto ne L’Amica Geniale), figli del re di Alba Longa, la maggiore delle 30 tribù che governano questo Lazio pre-romano. Il regno è da mesi minacciato da una perenne siccità e gli àuguri hanno designato, come capro espiatorio, proprio il sovrano di Alba Longa. Motivo per cui questo deve essere esiliato ed accecato, in una scena che ricalca alla perfezione i riti e la mentalità dell’epoca.
Un mondo dunque arcaico e brutale, dominato dalla superstizione (qui comunque resa “reale” dal versante fantasy della storia). In questo scenario Filippo Gravino, Guido Iuculano e Matteo Rovere prendono in prestito stilemi e situazioni tipiche di numerosi fantasy riadattandoli però nella realtà laziale pre-romana. C’è un po’ di Game Of Thrones per quanto riguarda la lotta fra le varie tribù dell’antico Lazio. Ma soprattutto per quanto riguarda l’altra storyline parallela a questa, quella del giovane schiavo senza famiglia Wiros (Francesco Di Napoli) che partecipa ai Lupercali insieme ai giovani figli legittimi della città di Velia. Ci sono tutti i presupposti per cui tale character si possa già definire come “il John Snow de noantri” per il suo essere un reietto destinato però a prevalere sugli altri per astuzia e capacità di sopravvivenza.
Ma c’è anche molto de Il Re Leone in questo primo episodio, soprattutto nelle dinamiche familiari e di potere che intercorrono nella famiglia dei sovrani di Alba Longa, con lo zio Scar-Amulius che complotta contro i nipoti portando alla (forse fin troppo prematura) morte di Enitos e alla fuga rovinosa di Simba-Yemos, in una scena che pare essere ripresa direttamente dal film della Disney. Quest’ultima parte sembra essere fin troppo prevedibile (soprattutto dopo il lungo monologo iniziale) e in linea con un “viaggio dell’Eroe” fin troppo visto e rivisto. In tutto questo però è da segnalare una straordinaria Ivana Lotito, post-Gomorra, nei panni di Gala, la machiavellica moglie di Numius, finora la vera e unica villain della situazione.
L’episodio pilota, dunque, si preoccupa principalmente di mettere fin da subito le basi per tutto ciò che sarà la serie, fungendo da mera introduzione al percorso di formazione relativo ai suoi due co-protagonisti principali (Yemos e Wiros). In questo c’è sicuramente un uso spesso spregiudicato di cliché narrativi triti e ritriti, ma la ricostruzione attenta del mondo italico arcaico pre-romano in connubio con l’uso di effetti visivi e tecnici di alto livello, mette in secondo piano tali difetti, rendendo, a suo modo, la serie veramente originale ed innovativa.
L’uso del proto-latino come lingua poi è sicuramente molto interessante e aiuta a rendere il tutto molto suggestivo. La crudezza dello stile di vita e della mentalità dell’epoca è veramente ricostruita in modo impeccabile e senza alcuna edulcorazione tramite i cruenti riti arcaici, il culto della virilità tossica e riti d’iniziazione discutibili.
La serie fa leva proprio su questi aspetti per imbastire però un romanzo epico in cui non è tanto la ricostruzione storica il vero fulcro delle vicende, né tantomeno l’aderenza (che non c’é) al mito originario di Romolo e Remo, quanto l’attenzione verso i personaggi raccontati, continuamente combattuti fra desideri personali e dovere dell’obbedienza verso i propri doveri, e la spettacolarizzazione del mondo etrusco (comunque riprodotto molto fedelmente).
Romulus si presenta quindi come una serie televisiva ambiziosa che si rivolge ad un pubblico più internazionale che non italiano (non un difetto, anzi), e che dimostra di aver appreso a dovere la lezione di tante altre serie tv fantasy-storiche che l’hanno preceduta.
Una menzione speciale alla sigla di apertura (ma anche a tutta la soundtrack curata dagli ormai noti Mokadelic) che vede un’inedita versione di Shout dei Tears For Fears cantata da Elisa.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!