“Well its the Big Show| Its a big fat Show tonight| Well its the Big Show!| Crank it up, turn on them lights!| Ooh get ready for something| That you’ve never known| You wont see it coming| But i promise you’ll know…”
Per gli appassionati di wrestling, The Big Show Show è sicuramente il titolo che fra tutti ha creato maggiore interesse e desiderio. Un interesse non tanto legato al brand WWE, quanto piuttosto nel poter rivedere un volto (quello di Paul Wight aka Big Show) considerata la lunga assenza nel palinsesto di Raw del “gigante buono” (come direbbe il sempre apprezzato Ciccio Valenti nella sua telecronaca su Italia 1), recentemente apparso a Wrestelmania 36 giusto il tempo di essere sconfitto da McIntyre per il WWE Championship.
Una carriera, iniziata a dicembre 1994, che ormai si sta avvicinando alla conclusione per Big Show. Ed infatti la serie cerca di prendere in esame, per quanto possa essere di approfondimento e di analisi una comedy, proprio questa fetta di vita della star del wrestling: il ritiro.
Un addio che costringe il buon Paul a fare approdo ad una quotidianità forse a lui troppo distante. Ed è anche questo un elemento attorno al quale la serie, giustamente, cerca di giocare: per quanto la serie appaia una debolissima copia di sitcom familiari (alla Vita Secondo Jim o Tutto In Famiglia, giusto per fare qualche nome noto) è l’intromissione di un soggetto così fuori contesto come Big Show a rendere il tutto (anche gli sketch più semplici e banali) a loro modo ilari. Si sta chiaramente cercando di soppesare pro e contro di una sitcom, ovviamente, non del prodotto drammatico di punta della HBO. I punti di forza appuntati in questa recensione, quindi, devono essere giustamente contestualizzati al prodotto televisivo di cui si sta parlando. Un prodotto che, per quanto possa sembrare banale e puzzi di già visto in ogni suo singolo elemento, si lascia guardare senza troppa fatica e suscitando sane e sincere risate, merito anche di un Paul Wight perfettamente calato nella parte e con qualità di recitazione di tutto rispetto.
La puntata vede anche riferimenti sia seriali (Leslie Knope citata dalla figlia di Paul, oppure il titolo che richiama, anche per il font utilizzato, The Big Bang Theory), sia extraseriali (ossia i colleghi di Paul chiamati in causa, si veda John Cena e Mick Foley) che vanno ad impreziosire una comicità per la sua semplicità, elemento da non dare per scontato. The Big Show Show ed i suoi creatori (Josh Bycel, ricordato più per l’infausta nona stagione di Scrubs che altro, e Jason Berger) è perfettamente conscia del segmento di pubblico al quale si rivolge e non cerca minimamente di muoversi in direzione diversa, giustamente. La sitcom è infatti studiata sulla falsariga dei prodotti che hanno reso Disney Channel un canale di intrattenimento adolescenziale a tutto tondo. E, valutata la conformazione del cast, appare giusto così, sarebbe sbagliato puntare il dito con tono negativo volendo sottolineare la distanza tra The Big Bang Show e, magari, Barry: due prodotti talmente diversi e distanti (sia come target, sia come produzione) da rendere inequiparabile ogni singolo aspetto che li compone.
Volendo fare un discorso più ampio si potrebbe, invece, discutere di quanto possa essere interessante una sitcom con questo preciso taglio (ex star del wrestling che deve risolvere problematiche riguardanti la quotidianità). Oppure, ancora, di quanto fosse “necessaria” una serie di questo tipo. Sta di fatto che, dopo la visione del pilot, tutto cade nel vuoto: il prodotto si regge tranquillamente in piedi; Big Show si mostra sciolto e a suo agio di fronte alla telecamera; le figlie aggiungono quel pizzico di teen che alla sitcom era necessaria per potersi inserire nel segmento di mercato a cui Netflix chiaramente puntava con questa produzione. Ben poco da aggiungere resta se non un convinto: complimenti Paul, complimenti Netflix, questa sitcom familiare funziona e tanto basta.
Nota a margine: il pilot è diretto da Phill Lewis, un nome che forse potrebbe non dire nulla, ma il buon Phill ha lavorato a produzioni quali The Suite Life of Zack & Cody, The Suite Life on Deck. Insomma, ha ben presente cosa gradisce il target di pubblico a cui Netflix sta puntando con questo prodotto.
Per i più disattenti occorre una contestualizzazione visiva: Phill Lewis è il famigerato “Hooch è pazzo” di Scrubs.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.