Immaginate se, ipoteticamente ed utopisticamente, tutte le serie tv fossero già state scritte o pensate. Se per ogni libro di successo fosse già stato realizzato un adattamento televisivo o cinematografico; se il mondo fumettistico fornisse continuo materiale per nuove serie tv; se addirittura la serialità televisiva fosse uscita dalla televisione stessa, perdendo persino il DNA seriale (l’espressione “serialità televisiva” perderebbe totalmente senso, quindi) per approdare in piattaforme online; il mondo delle comedy sarebbe poi retto da pochi mostri sacri che spadroneggiano rendendo inutile impostare altri show televisivi in maniera classica. Immaginate trame di ogni tipo, meravigliosi esperimenti senza nessun ritegno applicati ad innocenti storie. Immaginate personaggi di finzione che si incontrano tra loro; storie che finiscono, per farne iniziare altre completamente diverse. Immaginate un mondo del genere: cosa resta da fare? Cosa raccontare che non sia già stato raccontato?
Occorre esaltare l’intimo, il poco. Il tutto condito da una bella base di what if. Ed è questo il proposito della Fox e di Will Forte: superare l’apocalisse seriale composta da esplosioni di luci e colori che arrivano da ogni dove, e lanciarsi in un one man show a tutto tondo.
Voi cosa fareste se vi trovaste da soli nella Terra ormai disabitata? Questa è la domanda importante, ed è resa ancora più importante dal totale superamento di altre domande quali: “ma cosa è realmente successo?”, “il 2020 non è una data troppo vicina?”, “gli animali sono ancora vivi?”, eccetera eccetera. La premessa deve a tutti i costi essere assurda. Solo con un enorme atto di fede si potrà godere dei primi minuti di “Alive in Tucson”. Sequenze sconnesse, cambi di musiche improvvisi, scene surreali ci trascinano improvvisamente nel nostro deserto pianeta, in compagnia di Phil Miller, unico sopravvissuto. Sorge improvvisamente una domanda: gli sceneggiatori sono andati troppo in fretta oppure è stata la mossa giusta inserire subito il secondo personaggio?
Carol, interpretata da Kristen Schaal, si pone all’improvviso come neo-Eva, nonché come spalla di Will Forte. Si poteva forse rischiare qualcosa in più e attendere almeno un paio episodi di solo Phil? Chissà. Ciò che ci è stato mostrato per ora è un mini-film – oppure un lungo pilot – che pone lo status quo di quella che muove i suoi primi passi per stabilirsi come tentativo di innovativa comedy.
Ciò che senza dubbio risulta interessante è la “proposta apocalittica”. In un The Walking Dead qualsiasi, ciò che ci viene mostrata è l’apocalisse in fieri, le conseguenze, nella psiche personaggi, di condizioni estreme. Questo passaggio, in The Last Man On Earth, è giustamente saltato. Viene presentato un nuovissimo Eden, un Eden post-consumista, dove ci sono tutte le riviste porno che vogliamo (come mai in The Walking Dead – la serie, almeno – sono diventati tutti così casti?); tutte le bottiglie di superalcolici del mondo, tanto da riempirci una piscina; si può sparare contro le vetrine senza che nessuno dica niente. Esclusa l’evidente solitudine, croce non da poco, qualsiasi persona che possiede un briciolo di animo becero è indotta, per un microsecondo, ad invidiare il protagonista.
Per forza di cose le dinamiche “classiche” devono emergere. Qualche strambo (come il sottoscritto) si può essere anche leccato i baffi pensando ad una stagione/serie intera composta da un solo personaggio. Così – anche giustamente – non è. Carol si presenta come antitesi completa di Phil: ancora nella fase di negazione la prima, totalmente in quella dell’accettazione il secondo. Ovviamente nessuno dei due fa della logica una scelta di vita: estrema la scelta di defecare in una piscina, senza senso quella di fermarsi agli stop. Lo scontro ovviamente è anche caratteriale. Come ogni comedy che si rispetti, questo iniziale contrasto tra due personaggi (voi, da soli in tutto il pianeta, vi augurereste di incontrare una persona così cagacazzi?) mira a superarsi verso una sintesi armonica. Sarebbe quindi la normalità, se non fosse che in questi due primi episodi le cose corrono oltremodo. Infatti già a fine 1×02, Phil e Carol si fidanzano ufficialmente. E questo è senz’altro un bene. Ciò a cui dovrà puntare The Last Man On Earth è: demenzialità spinta con grandi tinte di nonsense. La scelta di partenza è estrema: estrema dovrà essere anche la sua prosecuzione. Solo così si potrà sfondare un terreno che è divenuto crudelissimo come quello delle comedy.
E infatti a cosa si può paragonare con più facilità The Last Man On Earth, se non a Wilfred? Oltre a condividere Kristen Schaal – ricordate la coinquilina di Elijah Wood che per lavoro mangiava di fronte ad estranei in web cam? -, la premessa assurda traccia in entrambi gli show il percorso da seguire. Occorre ricordare però come Wilfred abbia scampato una cancellazione quasi sicura, arrivando alla conclusione con un numero decisamente basso di episodi. A vedere gli ascolti di questa première,per ora c’è di che sorridere. Sicuramente The Last Man On Earth ha scelto un percorso difficile e dovrà guadagnarsi il favore del pubblico episodio dopo episodio.
D’altronde siamo in piena apocalisse seriale, c’è da rimboccarsi le maniche per sopravvivere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Alive In Tucson 1×01 | 5.70 milioni – 2.3 rating |
The Elephant In The Room 1×02 | 5.67 milioni – 2.3 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.