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Dopo gli eventi (folli) e le rivelazioni (ancora più folli) di “The Medium & The Engineer“, la seconda stagione di The OA si prende nuovamente una pausa e, come già accaduto per la 2×03, torna dai Leftovers della dimensione originale, alle prese col proprio viaggio di formazione. E ancora una volta al centro di simbolismi e allegorie, è quella dichiarata dello “specchio” a farla da padrone. Nel passare, cioè, da “Magic Mirror” a “Mirror Mirror”, si può largamente intuire quale sia la traccia comune del loro percorso, che da sola contiene una serie di risvolti, narrativi quanto psicologici.
Partendo invece dal piano citazionistico, il riferimento diretto stavolta è ovviamente quello a Biancaneve e il suo iconico “specchio specchio delle mie brame“. Da Alice attraverso lo Specchio di Carroll a La Regina della Nevi di Andersen, ossia fiabe o racconti di stampo “fantastico”, lo “specchio” ricorre spesso in qualità di elemento magico, ora come portale tra mondi differenti ora come strumento capace di alterare la percezione della realtà, come la Regina Cattiva e il suo continuare a vedersi come “la più bella del reame”. E allora non è affatto un caso che una serie “surreale” come The OA peschi a piene mani da questa mitologia, perché il primo senso capace di ingannare la psiche, di farci credere in qualcosa di soprannaturale, incomprensibile e “magico” per la nostra ragione, è proprio quello della vista. E d’altronde chi è che, invece, ci ha creduto proprio quando non è stata più capace di vedere nulla?
Se a livello di ritmo e azione “Mirror Mirror” è probabilmente l’episodio più debole della stagione, il quale drammaticamente ruota interamente attorno alla morte improvvisa e sicuramente inaspettata di Jesse, è comunque innegabile la sua continuità con i precedenti, proprio in questo senso. Come già in “Magic Mirror”, infatti, il conflitto è ancora tra ciò che la società pensa del gruppo dei protagonisti (la setta, l’allerta al telegiornale, i dubbi della parente di BBA), e quello che invece loro credono fermamente. La lotta psicologica si fa quindi interiore, loro “vogliono crederci, perché altrimenti la loro vita sarebbe vuota”, mentre la realtà tenta di ostacolarli, nel bene e nel male. I ragazzi cominciano infatti a vedere le bellezze del mondo come l’oceano, semplicemente perché hanno lasciato per un attimo la propria piccola realtà locale, ma è ovviamente l’evento tragico della morte dell’amico (e soprattutto il fallimento dei movimenti con cui OA ha “raccontato” di aver resuscitato un proprio compagno) a metterli definitivamente in crisi. E proprio quando sembra stiano per risvegliarsi dall’apparente psicosi collettiva su cui convengono tutti i loro amici e conoscenti, ecco che puntualmente, ancora una volta, l’arrivo dell’agente FBI gli offre un nuovo appiglio e con esso un nuovo obbiettivo. Un deus ex machina che potrebbe far storcere il naso a molti ma, nel piazzarsi subito dopo il finale dello scorso episodio, si capisce che quello del “forzato” fatalismo sia ormai da considerarsi un marchio di fabbrica di Brit Marling.
Dopo il tema religioso che dominava in “Magic Mirror”, in questo capitolo il terreno di scontro è allora tutto psicologico, tra i risvolti più sofisticati e intriganti della serie. Qui la condizione “sperduta” dei ragazzi protagonisti s’intensifica: come i già menzionati “Leftovers”, cercano di trovare un senso alla propria vita, dopo tutto quello che hanno visto, dopo la perdita di OA e soprattutto dopo aver appreso che non è morta, bensì è in un posto per loro irraggiungibile. Simbolo di tutto questo è Steve, che proprio come Justin Theroux & co. nella serie di Damon Lindelof, ad inizio puntata non può che chiedersi: “perché è stata scelta BBA e non io?”. Non a caso è lui il protagonista della scena allo “specchio”, in cui lo si vede rasarsi e assumere finalmente consapevolezza di sé, esattamente come un bambino che, negli studi di Jacques Lacan, ha raggiunto l’ultimo stadio ed è ora in grado di riconoscere se stesso. Quel che è certo, comunque, è che sembra esser nato uno Steve nuovo, perché lo specchio non solo può ingannare, ma può anche mostrarci a comprendere la verità; d’altronde è lo specchio a rivelare alla Regina Cattiva che la più bella del reame è Biancaneve e non più lei.
Si è spesso parlato di Lynch, a sproposito o meno, come riferimento diretto delle atmosfere oniriche e della messa in scena surreale della serie, ma probabilmente è proprio quest’uso “psicoanalitico” dello specchio (legato anche al tema del doppio in relazione al “perturbante” di Freud, palese in altre occasioni) ad avvicinarla di più alla poetica dell’autore di Twin Peaks. E proprio come con Lynch, la sensazione alla fine della visione è sempre quella di averci capito poco e, allo stesso tempo, di essersi comunque arricchiti.
Si è spesso parlato di Lynch, a sproposito o meno, come riferimento diretto delle atmosfere oniriche e della messa in scena surreale della serie, ma probabilmente è proprio quest’uso “psicoanalitico” dello specchio (legato anche al tema del doppio in relazione al “perturbante” di Freud, palese in altre occasioni) ad avvicinarla di più alla poetica dell’autore di Twin Peaks. E proprio come con Lynch, la sensazione alla fine della visione è sempre quella di averci capito poco e, allo stesso tempo, di essersi comunque arricchiti.
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Pur nell’episodio forse più debole della stagione, The OA dimostra di aver sempre qualcosa da dire e da trasmettere. E lo fa sempre in uno stile talmente elegante, distinto, ma soprattutto nuovo e ben riconoscibile, che (specie in questi ultimi tempi di pericoloso appiattimento generale) va solo “ringraziata”.
The Medium & The Engineer 2×05 | ND milioni – ND rating |
Mirror Mirror 2×06 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.