Con lo scorso “giro di boa”, e nostra annessa recensione, abbiamo realizzato che può risultare quantomeno faticoso rispettare i propositi di inizio stagione di evitare i fastidiosi confronti con la prima, quando poi ci pensa lo stesso Nic Pizzolatto a infarcire la sua creatura di continui rimandi al suo scintillante esordio. In merito allo svolgimento, qualitativo quanto contenutistico, della stagione corrente invece, sempre nella settimana passata ci si augurava che l’interessante sequenza finale potesse valere come un promettente segnale di un atteso e più felice cambio di rotta. Al netto della visione di “Other Lives”, quindi, possiamo subito affermare che le annose caratteristiche sopracitate trovano una precisa continuità, confermando tali aspettative, convergendo in un vero e proprio episodio di svolta per tutte le sue componenti (a prescindere che sia effettivamente riuscito o meno).
Come preannunciato, quindi, Pizzolatto non smette di citare sé stesso e, dopo l’adrenalinica sparatoria a chiudere il quarto episodio, ecco che nel quinto ci piazza a sorpresa uno scombussolante salto temporale, esattamente come succedeva nella seconda stagione di Masters of Sex nella 1×05 “The Secret Fate of All Life“, con quell'”avanti veloce” che ha dato il via alle opinioni più controverse in merito alla seconda parte di stagione (altrimenti unanimi al grido di “capolavoro assoluto”). Riferimenti espliciti che non finiscono qui, considerando il successivo coinvolgimento, per quanto non vissuto direttamente dai “detective” protagonisti, di un videotape dai contenuti sicuramente orridi e riprovevoli, stavolta però solo immaginabili data la sua misteriosa scomparsa. Anche se, al contrario dell’ormai iconica scena (e preda di irriverenti parodie girate sui social) in cui Rust mostrava a Marty la cassetta trafugata in casa Tuttle, in questo caso le sue implicazioni appaiono decisamente meno “umane” (come approfondiremo in seguito) o “di pancia”, per dirla in termini spiccioli, e maggiormente “politiche”, perlomeno in linea con le machiavelliche e contorte strategie di potere che stanno caratterizzando questo secondo capitolo di TD, come si evince dalle neanche troppo sottili parole che McAndless rivolge a Frank nell’affidargli la missione di ritrovarlo.
Ciò che ci viene svelato, infatti, in “Other Lives”, ha una misura molto più rilevante di quello che può sembrare ad un occhio più svogliato, o semplicemente stanco di doversi segnare i tanti nomi e le svariate società, con conseguenti interessi differenti, di quest’intricato plot stagionale. Una trama che, come si diceva in fase di presentazione, giunge ad un insperato punto di svolta, e che vede i numerosi e dispersivi nodi disseminati per tutto il suo primo arco narrativo venire finalmente al pettine. I “Chessani”, lo psichiatra e la setta: la ragazza scomparsa, i diamanti, e il Dixon “fotografo”; le aree inquinate e i complotti delle istituzioni: tutto trova una precisa dimensione, il “punto” di tutte le verbose ed intricate scene apparentemente inconsistenti s’incomincia ad intravedere. Certo, in molti potrebbero ribattere che, in fondo, arrivati a più di metà stagione, un plot twist era pure preventivabile, se non dovuto, dopotutto “da qualche parte Pizzolatto doveva pur andare a parare”, ma, per una volta, ci sentiamo di riconoscere allo scrittore il merito di averne azzeccato i modi e gli approcci giusti. L’indagine riscopre così la sua centralità, con un ritmo finalmente “accelerato”, rispetto ai canoni fin qui proposti se non altro (vedi l’appassionante montaggio che alterna gli stralci delle investigazioni dei detective, con tanto di inusuali, nella loro rapidità, botte a risposte tra loro). E lo fa, soprattutto, attraverso quei personaggi prima sperduti e privi di senso, tanto esistenziale quanto concretamente narrativo, e ora sorprendentemente incisivi e attivi nella pura pratica.
L’altra affascinante, e sempre insperata, svolta che così facendo si registra in “Other Lives” è, appunto, quella che di riflesso colpisce la caratterizzazione dei (bistrattati) protagonisti. Il salto temporale, più che scuotere la vera trama, ha il fondamentale risultato di riuscire a provocare la giusta empatia, fin qui complicata e difficoltosa, nello spettatore. L’interesse che, in senso pratico, può suscitare il seguire le nuove condizioni di vita del “tirapiedi” Velcoro, del “neo-detective” Woodrugh in procinto di metter su famiglia, dell’ex-detective retrocessa al deposito delle prove Bezzerides (condividendo lo stesso destino di un certo character di The Wire), diventa così il cruciale presupposto per potersi altrettanto nuovamente ri-appassionare alla ripresa dell’indagine accantonata, e quindi non viceversa. Proprio come succedeva, tra l’altro, nel citato show culto della HBO (anche se lì avveniva in tempi molto più realisticamente dilatati), non è più l’indagine, infatti, a muovere forzatamente le azioni dei protagonisti, ma sono loro stessi a scegliere di riaprirla, anche qui in maniera “ufficiosa” e contro le imposizioni delle autorità, e alcuni di loro condividono anche il verosimile opportunismo e la poca “nobiltà” delle motivazioni di base dei detective di TD, spinti ognuno dai propri interessi personali (al contrario, e qui sta forse la più grande differenza con la prima stagione, del duo McConaughey-Harrelson).
Come testimonia l’immagine scelta per questa recensione, con Bezzerides che entra, di fatto, nel mondo di Velcoro, oltrepassando quelle barriere fino a quel momento solide e inaccessibili, le dinamiche di potere e di interessi, prima prestabilite e all’apparenza senza ritorno, subiscono un consistente sconvolgimento. Il quadro delle “pedine” in gioco viene totalmente rivoluzionato, non è più il gangster Frank che incontra Velcoro al bar per assegnargli chissà che compiti loschi, il “talento” di quest’ultimo non è più utilizzato per pestare il giornalista di turno ma, invece, segue la causa “più alta” di vendicare il traffico umano di sfortunate ragazze innocenti, e così via. Persino l’immobilità (non solo mimica) del personaggio di Vince Vaugh consuma rilevanti scossoni tanto nel suo legame col plot principale, grazie al compito di scovare il videotape di Caspere, quanto in quello del suo rapporto con Velcoro, che chiude l’episodio con un (adesso sì) efficace cliffhanger. Evoluzioni, per riassumere, consapevoli e ben definite, a dispetto di quello che si è detto (spesso a ragione) in queste settimane, che proiettano il lavoro di scrittura di Pizzolatto perlomeno sotto tutta un’altra ottica, confidando comunque in future e necessarie conferme.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Down Will Come 2×04 | 2.35 milioni – 1.1 rating |
Other Lives 2×05 | 2.42 milioni – 1.0 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.