The Blacklist 2×03 – 2×04 – 2×05 – Dr. James Covington (No. 89) – Dr. Linus Creel (No. 82) – The Front (No. 74)TEMPO DI LETTURA 6 min

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Il secondo anno è sempre il più difficile. Se si parte con un’ottima prima stagione ovviamente si porta il pubblico ad alzare il livello delle aspettative di anno in anno ma, purtroppo, bisogna sempre fare i conti con la creatività e le necessità narrative di ogni serie che, la maggior parte delle volte, non vanno di pari passo causando ovviamente una incompatibilità tra aspettative e realtà. The Blacklist soffre più di altre serie questa situazione e fatica veramente molto a mantenere il trend dell’anno scorso, anche se sarebbe più corretto dire che non lo mantiene affatto perchè sta provando a crearne uno di nuovo abbassando i ritmi narrativi quasi come se dovesse andare in letargo. La creatura di Bokenkamp per andare avanti ha bisogno di una costante immissione di linfa vitale che gli eviti di fossilizzarsi sulle solite dinamiche Liz-Red e sugli ormai normali “numeri del giorno”, il problema è che non possono bastare i piccoli input narrativi che vengono dati in ogni puntata, potevano essere sufficienti l’anno scorso ma ora non più. Non dopo che il livello è stato alzato.
The Blacklist è un procedurale che sta proceduralizzandosi a sua volta ripetendo schemi già visti che non attecchiscono più sullo spettatore medio. Quest’ultimo pende dalle labbra di Bokenkamp e soci solo per avere risposte alle solite domande “Reddington è il padre di Liz?” e “Tom Keen è veramente morto?”, ben sapendo questo gli sceneggiatori elargiscono briciole di informazioni come la fugace apparizione di Ryan Eggold all’inizio di “Dr. James Covington (No. 89)” in modo da tenere viva la speranza di ricevere le tanto agognate risposte. Il problema è che il tutto però si risolve sempre in una bolla di sapone che, a furia di ripetersi ogni settimana, rende ormai poco appetibile la scelta di guardare l’episodio.
Dopo aver passato l’intera prima stagione a giocare sulla vera identità di Tom Keen e sulla paternità o meno di Reddington, questa seconda stagione è decisamente incentrata sulla battaglia con Berlin e sul tentativo di “ribellione” di Elizabeth Keen, due filoni che però si muovono molto lentamente e, come si diceva prima, tentano di abbassare al minimo l’evoluzione della trama. The Blacklist purtroppo deve sviluppare i propri archi narrativi in 22 episodi, decisamente troppi per le evoluzioni preparate per la trama orizzontale e questo va ovviamente ad impattare sul livello qualitativo sia della stagione sia di ogni singolo episodio che non può mai fregiarsi di evoluzioni importanti.
Certo se si guarda nel complesso questo trittico di puntate si riesce chiaramente a vedere il filo conduttore che le lega, però i preparativi di Red per fronteggiare Berlin non generano lo stesso hype che si provava l’anno scorso, e ne risente un po’ tutto, compreso il valore del primo incontro con Berlin.
Sia in “Dr. James Covington (No. 89)” che in “Dr. Linus Creel (No. 82)” l’attenzione è totalmente focalizzata sull’ex moglie di Red, Naomi, una delle poche persone che rappresentano un punto debole nella lotto con Berlin. L’evoluzione degli eventi era tranquillamente comprimibile in una sola puntata ma, come già spiegato prima, The Blacklist deve diluire il più possibile ogni evoluzione e la breve storyline inerente Naomi non fa eccezione. Dall’ultimo scambio di battute tra l’ex moglie e Liz ovviamente non si ottiene la benché minima informazione che aiuti a risolvere le ormai classiche domande e quindi la frustrazione aumenta ulteriormente. Tuttavia se “Dr. James Covington (No. 89)” è un episodio inutile e privo di qualsivoglia sviluppo, il successivo può fregiarsi di un “numero della lista” intrigante almeno sulla carta anche se non propriamente degno di farvici parte.

In questo turbinio di decadenza però ecco all’improvviso manifestarsi un lampo del vecchio The Blacklist in un episodio che ridesta l’amore sopito per la serie toccando i tasti giusti al momento giusto ed allo stesso tempo strizza l’occhio verso Fringe. Innanzitutto la scelta di sfruttare la paura di un’epidemia di massa che distrugga il genere umano è più attuale che mai e, anche se la sceneggiatura è stata scritta prima degli ultimi eventi, si sposa a pennello con l’attuale panico generato dall’ebola. A questo si aggiunge la scelta (un po’ forzata ma intrigante) di rievocare la scoperta dell’America giocando sul fatto ormai risaputo che non sia stato Cristoforo Colombo il primo a sbarcare nel nuovo mondo, tuttavia questa volta non si citano i vichinghi ma dei monaci europei. Certo bisogna chiudere più di qualche occhio per credere alla storia nascosta dietro il dipinto però è comunque un piacevole sforzo che va riconosciuto agli sceneggiatori.
Durante la caccia agli attentatori suicidi, si riesce a sfruttare ogni singolo momento per dare un’accelerata alla trama orizzontale passando ad un altro nome nell’albero genealogico di Reddington: quello di sua figlia. Nel mentre si esaltano le capacità di Aram, ormai ben più utile di Ressler nelle operazioni dell’FBI, e si ha il tempo di affrontare il travaglio psicologico che sta vivendo Liz. Certo, si potrebbe smantellare pezzo dopo pezzo la scelta da classico eroe buono che si sacrifica inutilmente per una causa persa ma che nel mentre trova il tempo per una confessione simile a quelle che avvengono sul divanetto di uno psicologo, però soprassediamo ed apprezziamo la scelta di soffermarsi un momento in più su Liz e su ciò che sta passando.
Di tutti e tre gli episodi solo l’ultimo è quello che vale veramente la pena di essere visto, sia per il caso del giorno, sia per l’evoluzione nella trama orizzontale che apre nuovi archi narrativi. La storyline di Naomi si è rivelata la classica scusa per bloccare l’evolversi delle vicende mentre ci si annoiava con i numeri della lista. The Blacklist sembra aver perso quello smalto che lo contraddistingueva l’anno scorso e che ora sembra sopito più per scelta che per caso. “The Front (No. 74)” dimostra che volendo il potenziale per ripetersi c’è ancora, tuttavia bisogna vedere cosa pensa Bokenkamp a riguardo perchè, come si diceva all’inizio, il secondo anno è sempre il più difficile.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Interessante utilizzo della sosia per depistare la guardia del corpo assoldata da Red
  • Primi passi per conoscere la figlia di Red
  • Ottimo utilizzo della fobia per le epidemie
  • Lentezza generale che non è accettabile per una serie come questa
  • Troppa proceduralizzazione
  • Sviluppi nella trama orizzontale blandi e di poco impatto emotivo, sicuramente minori rispetto a quelli della scorsa stagione

 

E’ bene specificare fin da subito che il voto finale dato al trittico degli episodi è frutto di una media ponderata perchè, se dovessimo andare a scindere ciascuna puntata, “Dr. James Covington (No. 89)” avrebbe 2/5 Emmy, “Dr. Linus Creel (No. 82)” ne avrebbe 3/5 mentre “The Front (No. 74) si meriterebbe 4/5 Emmy. Quindi la sufficienza è un risultato più che giusto per quanto si è visto ma purtroppo non è quanto ci si aspetta da The Blacklist, una serie che sembra essere diventata l’ombra di sè stessa. Il calo progressivo degli ascolti in parte conferma le sensazioni che si provano al momento per questa seconda stagione.

 

Monarch Douglas Bank (No. 112) 2×02 10.51 milioni – 2.8 rating
Dr. James Covington (No. 89) 2×03 10.07 milioni – 2.6 rating
Dr. Linus Creel (No. 82) 2×04 9.76 milioni – 2.8 rating
The Front (No. 74) 2×05 9.34 milioni – 2.4 rating

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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