Marvel’s Daredevil 2×08 – Guilty As SinTEMPO DI LETTURA 9 min

/
0
(0)

L’inizio di “Guilty As Sin” regala diverse aspettative, regolarmente tradite, superate e accantonate. La continuità diretta con “Semper Fidelis” e le immediate scene d’azione ci fanno pensare ad una lunga notte, quasi come quella di “Condemned” (che, caso strano, fu recensita dallo stesso personaggio che sta recensendo la 2×08).
Niente di più sbagliato. “Guilty As Sin” affonda il coltello nella continua riflessione che questa seconda stagione sta costruendo. Le origini dell’eroe della prima stagione hanno lasciato lo spazio alla ricerca dell’identità dell’eroe. Questo episodio incontra il cuore delle due storyline principali della seconda stagione: l’identità di Elektra (con il gradito ritorno di Stick) e il processo di Castle (con un ulteriormente gradito ritorno nel finale di cui però ci occuperemo nella prossima recensione).
Essere un eroe vuol dire porsi dei limiti? Essere un eroe vuol dire comprendere la linea tra bene e male, ergo riconoscere i malvagi. Ma è giusto uccidere i criminali? Il concetto di giusto e sbagliato, di bene e male, la figura del vigilante che compie il lavoro che dovrebbero fare le autorità – sempre inaffidabili – sono concetti che si perdono nel tempo, resi estremamente repubblicani da un tipo di narrativa che fa storia a sé. I fumetti supereroistici ci impongono di mettere da parte le nostre convinzioni politiche/ideologiche e compiere un atto di fede, abbandonarci alla giustizia fatta in casa. Per questo ci va bene che Daredevil che gira per i tetti la notte e forse ci va anche bene Frank Castle che giustizia i criminali, o Elektra che alla fine scopre rivela la sua vera identità sgozzando il ragazzo che aveva fatto irruzione a casa di Matt.
Sotto sotto ci commuove l’interpretazione di Jon Bernthal dopo aver odiato Shane, applaudiamo la profondità regalata al suo Punisher, la sua fragilità tra le catene e la sua impotenza nel non riuscire a non andare contro tutto e tutti. Noi spettatori, quale che siano le nostre convinzioni politiche/ideologiche, lo vorremmo vedere libero, non tanto perché difeso dai “nostri eroi” ma perché riconosciamo in lui una certa fragilità. L’unica colpevolezza che vediamo in lui, come dice Matt, è non aver saputo distinguere tra bene e male ma, soprattutto, lo vediamo al di sopra. Al di sopra dell’uomo qualunque – mettendo così da parte eventuali convinzioni politiche/ideologiche – simile a quel protagonista per cui stiamo seguendo questo determinato show.
Sono queste le questioni di fronte a cui ci sta mettendo la seconda stagione di Marvel’s Daredevil. L’umanità e i dilemmi interiori lasciano poco spazio a trame e tematiche che chi ha letto i fumetti ha imparato a conoscere. “Ma come puoi dire questo?” – direte voi lettori – se proprio in questo episodio viene introdotta la mitologia de “La Mano”? Come si può dire che viene allontanato un certo tipo di mitologia marveliana? Proprio perché Stick introduce il concetto, proprio perché ne parla, perché racconta. Ciò che noi ci limitiamo a vedere (o ciò che ci è concesso guardare) è un insieme di ninja che si muovono agilmente e che contribuiscono all’insieme di mirabolanti scene d’azione presenti in Marvel’s Daredevil. La Mano è citata, il misticismo è raccontato tramite quello che è pur sempre uno spiegone, seppur suggestivo e spettacolare. La scelta stilistica degli autori è chiara: probabilmente il registro cambierà ma Daredevil dovrà mettere il soprannaturale sul tavolo con estrema parsimonia. Il realismo, i dialoghi e l’interiorità dovranno avere la meglio. Tutto il contrario, se ci si fa caso, all’ostentazione di poteri da superumani presente in Marvel’s Jessica Jones.
Una stagione finora incentrata anche sull’umanità dei componenti dello studio legale, con una buona fetta di spazio riservata a Foggy e Karen. Figure inevitabilmente messe all’angolo da Matt (e soprattutto da noi spettatori) quando in ballo vi sono questioni più grandi. Questioni più importanti di umani sentimenti. E allora forse anche questo va a costituire la definizione della seconda stagione, ulteriori mattoncini costituenti l’identità dell’eroe.
C’è spazio per una vita normale quando si ha a che fare con questioni super? E se sì, è una cosa giusta o sbagliata? È questo il dilemma che Matt Murdock sta affrontando e ci chiede di risolvere.

Matt Murdock: All right, Frank. You don’t want to tell us? I’ll tell you. I’m gonna tell you exactly what kind of man you are. You’re the kind of man this city needs. Because, ladies and gentlemen of the jury, we all know this city needs help. Needs it now. Not tomorrow, not next week, not when the day comes, when the corruption that Wilson Fisk left in his wake is flushed out for good, and the police force is finally back on its feet. We need it now. ‘Cause this city’s been sick. And the cops, they can’t fix it alone, they need… We all need men and women who are willing to take the fight themselves. The kind of people who risk their lives so that we can walk safe at night in our own neighborhoods. The ones our esteemed District Attorney here is trying so hard to destroy. 
New York needs these people. We need… heroes. 
The help they offer… and the hope that they provide. Frank Castle wanted to help, but he took it too far. He shot people, he killed people. It’s against the law. And he broke that law many, many times. Now, I don’t like him any more than you do, but here’s the thing, he’s not a common criminal. He’s not malicious in intent. Frank Castle is actually a good man. He just… He doesn’t know the difference between right and wrong anymore. And he doesn’t need punishment for that. He needs help. Our help. 
That’s the kind of man Frank Castle is. And now, you have to decide what kind of jury you want to be.

Nell’arringa che compromette totalmente il processo di Frank Castle, Matt Murdock parla in prima persona lasciandosi coinvolgere personalmente in ciò che sta dicendo. È un discorso sentito che inizia in maniera oggettiva ma si conclude con una prospettiva soggettiva. In Matt c’è ammirazione nei confronti del Punitore ma al contempo c’è del dispiacere. Frank ha oltrepassato chiaramente dei limiti etici e morali uccidendo ma il suo fine ultimo non era sbagliato e, proprio per questo motivo utilizza l’appellativo “heroes” per parlarne. Attenzione però, perchè è esattamente quando parla di “eroi” che il discorso diventa personale per l’avvocato, infatti non parla più in veste di avvocato ma in veste di Daredevil elargendo delle spiegazioni sul perchè delle sue azioni e sul come esse debbano essere lette.
La frustrazione di Matt è palese, in fin dei conti è insita in lui: Matt è un uomo che crede nella giustizia garantita dalla Legge ma praticamente ottiene “giustizia” di notte vestendosi da Daredevil. Il controsenso è lampante ma è giustificato da quanto detto sopra e, come tale, vale anche per Frank Castle che non ha ottenuto quella giustizia che la Legge dovrebbe fornire e che ha ricorso a mezzi propri per averla. Sbagliato? Forse. Ma tutto è spiegato così: “He’s not malicious in intent. Frank Castle is actually a good man.”.

 

 

Poteva RecenSerie non sbattersi per voi a raccattare tutte le curiosità, e le ammiccate d’occhio per questa incarnazione live-action del difensore di Hell’s Kitchen? Maccerto che no! Doveva eccome! Per la gioia dei nostri carissimi lettori, di seguito, come fatto per Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D.Marvel’s Agent CarterThe FlashGotham e Marvel’s Jessica Jones eccovi la “guida” a tutti i vari easter eggs e trivia sulla puntata.

  1. Stick ci racconta la storia de La Mano o almeno la storia di questa setta trasportata nel Marvel Cinematic Universe. L’origine è parecchio fedele a quella cartacea ma, per amor di completezza, vi riportiamo quella originale. La Mano fa il suo debutto su Daredevil #174 del 1981 mettendosi subito alle calcagna di Elektra, all’epoca ex-fidanzata di Matt ed ex-membro della stessa. Elektra infatti decise di non finire il suo addestramento presso la Mano e di diventare una mercenaria. Visto poi il successo che riscosse la creazione, la Marvel decise di darle più importanza e farla diventare una delle organizzazioni più importanti del Marvel Universe. Venne fondata ufficialmente da Kagenobu Yoshioka nel 1588 nella speranza di trovare indipendenza dal governo Giapponese dell’epoca, sviluppando tecniche di ninjutsu e ispirandosi a “L’Arte Della Guerra”di Sun Tzu; sfortunatamente per Kagenobu, quello che inizialmente venne costruito come un organo sostitutivo di un governo, divenne dapprima un grandissimo servizio di intelligence e spionaggio, poi, dopo la morte del suo creatore, una setta occulta che incorporò le tecniche della magia nera e l’adorazione per il demone primordiale de La Bestia, che cerca costantemente di far reincarnare in un corpo degno per, ovviamente, dominare il mondo.
  2. La Mano si chiama così seguendo un ragionamento filosofico sulla mano stessa. Secondo Yoshioka, cinque dita sono come le isole del Giappone: forti e indipendenti ma insieme formano una mano, qualcosa di molto più potente. Da qui venne chiamata “La Mano”.
  3. I Casti invece compaiono su Daredevil #187 del 1982. Dopo che la Mano viene corrotta da un clan ninja affiliato (la Radice del Serpente) che ne assume il controllo assassinandone il fondatore, il più fedele discepolo di quest’ultimo, Izo, fonda un altro ordine ninja: i Casti, votato al solo scopo di opporsi alle mire della setta occulta e del demone primordiale da essi venerato, La Bestia. Stabilitisi in un luogo remoto e selvaggio cui si può accedere solo risalendo lo strapiombo noto come “Il Muro”, i Casti si mantengono puri e immacolati da ogni sorta di male ed utilizzano la scalata del Muro come esame d’ammissione all’interno dell’ordine.
  4. Un membro dei Casti l’abbiamo già “conosciuto”. È Stone, l’uomo che nell’episodio “Stick” compare girato di spalle a parlare col maestro di Devil ed Elektra.
  5. Fa il uso debutto il Colonnello Ray Shoonover, superiore di Frank Castle quando questi serviva in Vietnam. Compare per la prima e unica volta su Punisher War Journal #4 del 1989, suicidandosi poco dopo poiché il Punitore scoprì dei loschi traffici in cui era coinvolto. L’attore che interpretata Shoonover, Clancy Brown, non è nuovo al mondo dei fumetti. Infatti ha prestato la voce a diversi personaggi dei cartoni animati targati Marvel e DC Comics ma, attualmente, il suo maggior ruolo è quello del Generale Wade Eiling in The Flash.
  6. L’aneddoto raccontato da Shoonover è un riferimento a Punisher: Born.
  7. La scena in cui Frank cammina in prigione è un riferimento ad un’altra storia del Punitore intitolata “Circle Of Blood”.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Joe Bernthal
  • Stick-Matt-Elektra
  • Fisk
  • La Mano
  • Niente

 

Un episodio che nei primi minuti può far pensare ad un gioiellino a sé stante, colmo di azione e oscurità. Un episodio che segna più che mai la strada della seconda stagione, facendoci ringraziare le divinità del binge watching.

 

Semper Fidelis 2×07 ND milioni – ND rating
Guilty As Sin 2×08 ND milioni – ND rating

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

0

Nessun voto per ora

Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

Precedente

Grey’s Anatomy 12×15 – I Am Not Waiting Anymore

Prossima

Marvel’s Daredevil 2×09 – Seven Minutes In Heaven

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.