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Dopo il momentaneo cambio di registro mostrato dagli autori in “Zanzibar“, Inside No. 9 torna alla sua impostazione “classica” riproponendo schemi e accorgimenti ben più consolidati – alcuni potranno dire già visti – e ci regala un secondo capitolo che, ancora una volta, trae tutta la sua spettacolarità dalla bravura dei due creatori/protagonisti oltre che dalla sua forte componente emotiva.
Seguendo quella che ormai è diventata una tradizione per la serie, l’atmosfera subisce un radicale cambiamento e, condividendo con il suo predecessore soltanto l’elemento teatrale, si torna invece a toni più cupi, malinconici. La commedia degli equivoci di settimana scorsa, episodio corale che si avvaleva di strategie narrative e scelte estetiche certamente poco abituali se viste in relazione ai normali canoni della serie – rottura della quarta parete, battute in rima, colori sfavillanti, assenza del colpo di scena finale, ecc. – lascia quindi posto ad un episodio più tradizionale, nel corso del quale sketch comici dal sapore molto britannico si alternano a momenti di riflessione circa l’interruzione di un rapporto di lavoro che chiaramente affonda le sue radici nel fortissimo legame d’amicizia che unisce i due protagonisti.
Pemberton e Shearsmith, in poco meno di trenta minuti, riescono brillantemente nell’impresa di ricostruire il rapporto travagliato che ha portato alla fine del duo comico Cheese and Crackers, ripercorrendone le tappe fondamentali, senza ricorrere all’utilizzo del flashback bensì sfruttando unicamente le proprie capacità recitative per farci comprendere a pieno gioie e dolori che hanno segnato la vita dei due protagonisti, preparando così lo spettatore al tragico colpo di scena finale. Un colpo di scena finale che per gli spettatori di lunga data sarà potuto risultare scontato, a maggior ragione se visto in relazione ad altri episodi dalle dinamiche simili visti nelle precedenti stagioni del telefilm, ma che comunque riesce nell’intento di smuovere la sensibilità di chi guarda grazie alla sua indubbia carica emotiva, ribaltando inoltre la percezione avuta fino a quel momento nei confronti dei due protagonisti. L’uomo burbero e distaccato che Shearsmith mette in scena fin dalle prime battute dell’episodio rivela così la sua vera natura, una persona triste e frustrata dalla precoce perdita di un caro amico e collega a causa dei suoi problemi con l’alcool; mentre dall’altra parte, Pemberton riesce a restituirci il disagio di un uomo soggiogato dal suo vizio e costretto a nascondere il suo dolore dietro un’artificiosa maschera comica che comunque, tra le sue rughe e scanalature, non riesce a celare completamente i chiari segni di un grave disagio fisico ed emotivo.
Nel complesso, dunque, “Bernie Clifton’s Dressing Room” finisce col riproporre alcuni meccanismi già visti in passato ma senza risultare una brutta copia di altri episodi simili delle precedenti stagioni. Non ci troviamo di fronte ad un episodio da Bless, come è stato invece per “Zanzibar“, grazie soprattutto al suo radicale e inaspettato cambio di registro, ma certamente la forte componente emotiva legata alla scioccante rivelazione finale riesce nell’intento di colpire lo spettatore, forte e dritto al petto, scongiurando l’effetto deja vu che prima o dopo, inevitabilmente, rischia di colpire qualsiasi serie antologica.
Coff, coff…Black Mirror…coff, coff.
Seguendo quella che ormai è diventata una tradizione per la serie, l’atmosfera subisce un radicale cambiamento e, condividendo con il suo predecessore soltanto l’elemento teatrale, si torna invece a toni più cupi, malinconici. La commedia degli equivoci di settimana scorsa, episodio corale che si avvaleva di strategie narrative e scelte estetiche certamente poco abituali se viste in relazione ai normali canoni della serie – rottura della quarta parete, battute in rima, colori sfavillanti, assenza del colpo di scena finale, ecc. – lascia quindi posto ad un episodio più tradizionale, nel corso del quale sketch comici dal sapore molto britannico si alternano a momenti di riflessione circa l’interruzione di un rapporto di lavoro che chiaramente affonda le sue radici nel fortissimo legame d’amicizia che unisce i due protagonisti.
Pemberton e Shearsmith, in poco meno di trenta minuti, riescono brillantemente nell’impresa di ricostruire il rapporto travagliato che ha portato alla fine del duo comico Cheese and Crackers, ripercorrendone le tappe fondamentali, senza ricorrere all’utilizzo del flashback bensì sfruttando unicamente le proprie capacità recitative per farci comprendere a pieno gioie e dolori che hanno segnato la vita dei due protagonisti, preparando così lo spettatore al tragico colpo di scena finale. Un colpo di scena finale che per gli spettatori di lunga data sarà potuto risultare scontato, a maggior ragione se visto in relazione ad altri episodi dalle dinamiche simili visti nelle precedenti stagioni del telefilm, ma che comunque riesce nell’intento di smuovere la sensibilità di chi guarda grazie alla sua indubbia carica emotiva, ribaltando inoltre la percezione avuta fino a quel momento nei confronti dei due protagonisti. L’uomo burbero e distaccato che Shearsmith mette in scena fin dalle prime battute dell’episodio rivela così la sua vera natura, una persona triste e frustrata dalla precoce perdita di un caro amico e collega a causa dei suoi problemi con l’alcool; mentre dall’altra parte, Pemberton riesce a restituirci il disagio di un uomo soggiogato dal suo vizio e costretto a nascondere il suo dolore dietro un’artificiosa maschera comica che comunque, tra le sue rughe e scanalature, non riesce a celare completamente i chiari segni di un grave disagio fisico ed emotivo.
Nel complesso, dunque, “Bernie Clifton’s Dressing Room” finisce col riproporre alcuni meccanismi già visti in passato ma senza risultare una brutta copia di altri episodi simili delle precedenti stagioni. Non ci troviamo di fronte ad un episodio da Bless, come è stato invece per “Zanzibar“, grazie soprattutto al suo radicale e inaspettato cambio di registro, ma certamente la forte componente emotiva legata alla scioccante rivelazione finale riesce nell’intento di colpire lo spettatore, forte e dritto al petto, scongiurando l’effetto deja vu che prima o dopo, inevitabilmente, rischia di colpire qualsiasi serie antologica.
Coff, coff…Black Mirror…coff, coff.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Questa settimana scendiamo di un gradino e ringraziamo. Il livello rimane sempre molto alto e il dispiacere più grande rimane sempre legato alla poca popolarità della serie, soprattutto in terra nostrana, un vero peccato se visto in relazione alla qualità sempre elevatissima degli episodi andati in onda finora.
Zanzibar 4×01 | ND milioni – ND rating |
Bernie Clifton’s Dressing Room 4×02 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.
Visto oggi.. si, è vero, non è un meccanismo nuovo ma quando ho capito dove si andava a parare era troppo tardi e “grande impatto emotivo” è un tantino riduttivo per descrivere come mi sono sentita (probabilmente io non faccio molto testo, ho la lacrima facile).
Ovviamente mi è piaciuto davvero molto.