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1983 conclude la propria storia con una puntata insipida, non definitiva e che lascia aperta la possibilità che la serie venga rinnovata per una seconda stagione. Ma dopo otto episodi in cui praticamente non si è spiegato e non è avvenuto nulla, perché mai Netflix dovrebbe voler decidere di rinnovarla? Il vile denaro appare l’unico motivo che potrebbe mai spingere l’azienda a prendere questa decisione. Solo quello, sì, perché la storia continua a non esistere e a non dipanarsi. Anzi.
I mille mila nomi, i continui volta faccia, le decine di fazioni e personaggi con la caratterizzazione di un comodino, tutti elementi della narrazione che invece di impreziosirla la rendono ulteriormente pedante, oltre al fatto che la visione viene appesantita ulteriormente.
Risulta sempre un po’ antipatico quando in una recensione si ritorni spesso e volentieri a far notare difetti ed errori portando come raffronto un prodotto che invece ha decisamente convinto, tuttavia in alcuni casi è d’obbligo. Tutti gli elementi sopra esposti si sarebbero potuti benissimo mettere da parte se la storia in sé fosse stata quanto meno interessante o avvincente: lo è stato, per esempio per Dark. A differenza della serie tedesca, però, 1983 non aveva un costrutto narrativo convincente alla base e la storia procedendo con le puntate è addirittura peggiorata: al fuoco continuavano ad essere aggiunti nuovi fatti e nuovi personaggi, senza però dare uno sbocco effettivo al tutto.
Ci sono alcune scene in particolare che esemplificano il pessimo lavoro proprio in termini di sceneggiatura: una riguarda Ofelia, l’altra la morte-non morte-morte-non morte della madre di Kajetan.
Il piano di Ofelia è quello di smascherare definitivamente il Partito sfruttando il forte peso sociale de “il bambino del giglio”, passato alla storia come l’immagine simbolo di quegli sciagurati attentati del 1983. Decide di esporre la sua idea al resto della Brigata, pensando di trovare appoggio. Ma il resto del gruppo avanza dei dubbi legati al passato di spia del padre di Kajetan. In un cambio di scena rapidissimo (una decina di secondi forse), Ofelia passa da uno stato d’animo di completa sicurezza ad uno di rammarico. Una sola frase ha demolito la sua (validissima) idea.
Passano altri dieci secondi e nuovamente una singola frase riportano in auge il piano di Ofelia.
Un ping pong emozionale di non poco conto e basato sul leit motiv della serie per cui i figli non dovrebbero mai pagare per le colpe dei propri padri.
Per quanto riguarda la morte della madre di Kajetan c’è effettivamente poco da dire se non appuntare, anche per questo caso, il continuo ping pong emozionale con cui la serie si diverte a giocare. Il finale lascia l’amaro in bocca e, come la serie, non convince.
Ci sarebbero poi da fare ulteriori appunti relativamente alla storia.
Per esempio la facilità con cui Kajetan riesce a fuggire dal covo della Brigata senza farsi minimamente vedere dalla polizia militare; oppure di come nessuno sfrutti il cellulare della fidanzata di Kajetan per intercettarlo e non permettergli quindi di lasciare la Polonia.
Ma forse, valutando il resto della storia, vorrebbe dire prendersela troppo con il prodotto e sparare sulla croce rossa.
1983, come appuntato più e più volte nelle passate recensioni, rappresenta l’ennesima occasione persa per Netflix di produrre un ottimo drama di stampo politico-distopico. D’altra parte i prodotti di qualità usciti negli ultimi anni sono veramente pochi, mentre prolificano le serie tv di serie b la cui visione non lascia effettivamente nulla nello spettatore.
E’ inutile sottolineare in quale categoria rientri 1983, a questo punto.
I mille mila nomi, i continui volta faccia, le decine di fazioni e personaggi con la caratterizzazione di un comodino, tutti elementi della narrazione che invece di impreziosirla la rendono ulteriormente pedante, oltre al fatto che la visione viene appesantita ulteriormente.
Risulta sempre un po’ antipatico quando in una recensione si ritorni spesso e volentieri a far notare difetti ed errori portando come raffronto un prodotto che invece ha decisamente convinto, tuttavia in alcuni casi è d’obbligo. Tutti gli elementi sopra esposti si sarebbero potuti benissimo mettere da parte se la storia in sé fosse stata quanto meno interessante o avvincente: lo è stato, per esempio per Dark. A differenza della serie tedesca, però, 1983 non aveva un costrutto narrativo convincente alla base e la storia procedendo con le puntate è addirittura peggiorata: al fuoco continuavano ad essere aggiunti nuovi fatti e nuovi personaggi, senza però dare uno sbocco effettivo al tutto.
Ci sono alcune scene in particolare che esemplificano il pessimo lavoro proprio in termini di sceneggiatura: una riguarda Ofelia, l’altra la morte-non morte-morte-non morte della madre di Kajetan.
Il piano di Ofelia è quello di smascherare definitivamente il Partito sfruttando il forte peso sociale de “il bambino del giglio”, passato alla storia come l’immagine simbolo di quegli sciagurati attentati del 1983. Decide di esporre la sua idea al resto della Brigata, pensando di trovare appoggio. Ma il resto del gruppo avanza dei dubbi legati al passato di spia del padre di Kajetan. In un cambio di scena rapidissimo (una decina di secondi forse), Ofelia passa da uno stato d’animo di completa sicurezza ad uno di rammarico. Una sola frase ha demolito la sua (validissima) idea.
Passano altri dieci secondi e nuovamente una singola frase riportano in auge il piano di Ofelia.
Un ping pong emozionale di non poco conto e basato sul leit motiv della serie per cui i figli non dovrebbero mai pagare per le colpe dei propri padri.
Per quanto riguarda la morte della madre di Kajetan c’è effettivamente poco da dire se non appuntare, anche per questo caso, il continuo ping pong emozionale con cui la serie si diverte a giocare. Il finale lascia l’amaro in bocca e, come la serie, non convince.
Ci sarebbero poi da fare ulteriori appunti relativamente alla storia.
Per esempio la facilità con cui Kajetan riesce a fuggire dal covo della Brigata senza farsi minimamente vedere dalla polizia militare; oppure di come nessuno sfrutti il cellulare della fidanzata di Kajetan per intercettarlo e non permettergli quindi di lasciare la Polonia.
Ma forse, valutando il resto della storia, vorrebbe dire prendersela troppo con il prodotto e sparare sulla croce rossa.
1983, come appuntato più e più volte nelle passate recensioni, rappresenta l’ennesima occasione persa per Netflix di produrre un ottimo drama di stampo politico-distopico. D’altra parte i prodotti di qualità usciti negli ultimi anni sono veramente pochi, mentre prolificano le serie tv di serie b la cui visione non lascia effettivamente nulla nello spettatore.
E’ inutile sottolineare in quale categoria rientri 1983, a questo punto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Non c’è nient’altro da aggiungere se non: addio e grazie per tutto il pesce, 1983.
Mayday 1×07 | ND milioni – ND rating |
Requiem 1×08 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.