0
(0)
Questa sesta puntata del nuovo prodotto tedesco di Netflix inizia con una scena di sesso completamente casuale utile semplicemente a ricordare allo spettatore la presenza, all’interno della storia di una vera e propria psicopatica. Rupert Sciamenna commenterebbe il tutto con un sognante: “Ah, le gioie dell’amore libero…” ed a conti fatti appare l’unico commento possibile dal momento che si poteva benissimo cercare un altro modo per dare risalto alla figura della giovane criminale. Ma tanto vale non soffermarsi troppo su queste decisioni puramente ornamentali visto e considerato che il problema di Dogs Of Berlin risiede da ben altra parte.
Dopo essersi liberato dell’amante, Kurt pensa bene di riprendere fin da subito le buone abitudini andando ad amoreggiare brevemente, nello stanzino della centrale operativa, con la giovane collega della stradale recentemente da lui stesso fatta alzare di grado. Come si suol dire il lupo perde il pelo ma non il vizio. E anche la serie segue le orme del suo personaggio principale preferendo aggiungere ulteriori bugie alla già corposa fila di menzogne riferite da Kurt a tutti gli altri personaggi in scena piuttosto che iniziare a districare la matassa. Il suo personaggio è volutamente (e da questo punto di vista la caratterizzazione oltre che essere eloquente è anche ben costruita) rappresentato in costante lotta contro il tempo e in perenne equilibrio su di un precipizio. Il vero problema è che tale caratterizzazione ha iniziato ad essere costruita durante il primo episodio e, senza sosta, tutti i successivi episodi sono andati ad gravare ulteriormente il peso sulle spalle del detective. Senza sgravarlo di altro. Ovviamente ad un certo punto il castello di carte crollerà (deve, altrimenti non si percepisce il senso della narrazione), ma a questo punto tutto appare molto tirato per i capelli e senza un vero elemento di logica che possa far funzionare la storia.
Parallelamente si sviluppano altre sottotrame di cui si fatica a provare interesse alcuno: la moglie pare essere un satellite del pianeta Kurt dal quale dipende e quindi chiaramente la sua sottotrama, presa a sé, continua a far storcere il naso; stessa cosa si può tranquillamente dire della giovane amante di Kurt.
A volte poi la serie decide di soffermarsi su alcuni elementi completamente casuali e senza senso con qualsiasi ramo della trama, come per esempio i minuti dedicati a Kurt alle prese con la prova settimanale del coro della polizia. Ora, è chiaro che tutto doveva dar modo allo spettatore di notare dissapore tra i due detective forzati a collaborare, ma non si poteva cercare uno scenario quanto meno più plausibile? Il coro della polizia? Durante delle importantissime indagini?
Di una cosa c’è da dare atto, però, alla serie tedesca: il fregarsene tranquillamente di qualsiasi tipo di standard narrativo consuetamente utilizzato ed una ferma volontà di portare in scena un amore per il macabro di inoppugnabile bellezza e candore. Basti per esempio far riferimento alla scena della cancellazione del tatuaggio oppure sul macabro desiderio di mostrare in primo piano, tra tutti i morti della strage, il corpo senza vita di una piccola ed innocente bambina in un lago di sangue. Se tale violenza visiva fosse utilizzata in modo sapiente e a servizio della narrazione (e non quindi in sporadici casi), Dogs Of Berlin avrebbe avuto ben diverso riscontro. E invece no, la serie preferisce piuttosto cimentarsi in una riproposizione in chiave moderna e tedesca di 8 Mile rendendosi a tratta ridicola ed a tratti fuori addirittura dal tempo. Eppure in Germania sembravano così ben improntati al poliziesco che un prodotto di questo genere, con Netflix alle spalle, aveva fatto inizialmente ben pensare. A volte meglio non sopravvalutare troppo i teutonici vicini.
Dopo essersi liberato dell’amante, Kurt pensa bene di riprendere fin da subito le buone abitudini andando ad amoreggiare brevemente, nello stanzino della centrale operativa, con la giovane collega della stradale recentemente da lui stesso fatta alzare di grado. Come si suol dire il lupo perde il pelo ma non il vizio. E anche la serie segue le orme del suo personaggio principale preferendo aggiungere ulteriori bugie alla già corposa fila di menzogne riferite da Kurt a tutti gli altri personaggi in scena piuttosto che iniziare a districare la matassa. Il suo personaggio è volutamente (e da questo punto di vista la caratterizzazione oltre che essere eloquente è anche ben costruita) rappresentato in costante lotta contro il tempo e in perenne equilibrio su di un precipizio. Il vero problema è che tale caratterizzazione ha iniziato ad essere costruita durante il primo episodio e, senza sosta, tutti i successivi episodi sono andati ad gravare ulteriormente il peso sulle spalle del detective. Senza sgravarlo di altro. Ovviamente ad un certo punto il castello di carte crollerà (deve, altrimenti non si percepisce il senso della narrazione), ma a questo punto tutto appare molto tirato per i capelli e senza un vero elemento di logica che possa far funzionare la storia.
Parallelamente si sviluppano altre sottotrame di cui si fatica a provare interesse alcuno: la moglie pare essere un satellite del pianeta Kurt dal quale dipende e quindi chiaramente la sua sottotrama, presa a sé, continua a far storcere il naso; stessa cosa si può tranquillamente dire della giovane amante di Kurt.
A volte poi la serie decide di soffermarsi su alcuni elementi completamente casuali e senza senso con qualsiasi ramo della trama, come per esempio i minuti dedicati a Kurt alle prese con la prova settimanale del coro della polizia. Ora, è chiaro che tutto doveva dar modo allo spettatore di notare dissapore tra i due detective forzati a collaborare, ma non si poteva cercare uno scenario quanto meno più plausibile? Il coro della polizia? Durante delle importantissime indagini?
Di una cosa c’è da dare atto, però, alla serie tedesca: il fregarsene tranquillamente di qualsiasi tipo di standard narrativo consuetamente utilizzato ed una ferma volontà di portare in scena un amore per il macabro di inoppugnabile bellezza e candore. Basti per esempio far riferimento alla scena della cancellazione del tatuaggio oppure sul macabro desiderio di mostrare in primo piano, tra tutti i morti della strage, il corpo senza vita di una piccola ed innocente bambina in un lago di sangue. Se tale violenza visiva fosse utilizzata in modo sapiente e a servizio della narrazione (e non quindi in sporadici casi), Dogs Of Berlin avrebbe avuto ben diverso riscontro. E invece no, la serie preferisce piuttosto cimentarsi in una riproposizione in chiave moderna e tedesca di 8 Mile rendendosi a tratta ridicola ed a tratti fuori addirittura dal tempo. Eppure in Germania sembravano così ben improntati al poliziesco che un prodotto di questo genere, con Netflix alle spalle, aveva fatto inizialmente ben pensare. A volte meglio non sopravvalutare troppo i teutonici vicini.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Una puntata costruita attorno ad una buona dose di stereotipi che circolano riguardo il monto dello spettacolo e dello sport: una puntata che rappresenta il nulla cosmico se non fosse per quella valida dose di violenza visiva che non si può minimamente attaccare.
Schiebung 1×05 | ND milioni – ND rating |
Abseits 1×06 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.