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La verità è che in Suburra ognuno pensa a se stesso. Per gli altri non c’è tempo e di tempo, si sa, non se ne può perdere nell’Urbe criminale.
Il settimo episodio di Suburra è il punto di approdo della stagione precedente: tutto ciò di irrisolto e lasciato in sospeso viene qui sciolto e messo sotto gli occhi di tutti. Ciò che viene sviscerato nella puntata non è in realtà nulla di nuovo: lo sappiamo tutti come stanno le cose, si tratta soltanto di dirsele in faccia. Forse anche Aureliano conosceva la verità sulla morte del padre, ma chi può puntare il dito contro chi in questa roulette russa che non lascia spazio a momenti di esitazione?
Aureliano al tavolo dei giocatori sa benissimo che la posta è alta e che, se non ci pensa lui, nessuno gli guarderà le spalle. E’ ciò che invece ancora non ha capito Spadino, che si è appena seduto al tavolo di chi comanda e non ha ancora ben chiaro come si gioca. Il re degli zingari è più sorpreso di Aureliano dalla notizia della morte di Tullio Adami, dando per scontato una serie di cose che chi vuole comandare Roma non dovrebbe mai sottovalutare. Il personaggio di Giacomo Ferrara è sicuramente il più aggressivo, presuntuoso e volgare dei tre protagonisti, ma è l’unico che non si aspetterebbe mai un tradimento da un amico.
Ed effettivamente cosa siano con precisione Aureliano, Spadino e Lele forse, ancora, non è chiaro nemmeno a loro. Il sodalizio criminale nato per provvida sventura si è consolidato sempre di più e la perfetta alchimia tra i tre personaggi ha prodotto un muro inespugnabile. Ma, mentre per Spadino ciò ha significato qualsiasi cosa possa esserci di più vicino a lealtà, rispetto e affetto, per Aureliano e Lele è un tacito patto, dove ognuno si guarda – e si piange – i morti suoi.
Il triumvirato della criminalità romana è senza dubbio il punto forte della serie che fino ad ora ha comandato l’ottimo andamento della stagione. Isolati i tre personaggi hanno vantato tre storyline forti e accattivanti (utopica carriera di Lele a parte), ma è quando vengono riuniti nella stessa inquadratura che i tre canalizzano l’attenzione del telespettatore. Ciò vale soprattutto per Aureliano e Spadino che ci regalano in questo episodio uno dei momenti più sinceri e spontanei della stagione. Il giovane Anacleti è diventato re degli zingari e non sembra un caso che il primo a cui voglia comunicare la sua vittoria è proprio il suo socio in affari. Ed esattamente come fu in “Ajo, Oio e Peperoncino” i due si ritrovano a condividere un omicidio, due chiacchiere e un piatto di pasta.
Sul fronte nemico si fanno strada importanti novità: Samurai, indiscusso re di Roma, comincia a vacillare e pare proprio che tre mocciosi gli stiano facendo tremare la terra sotto i piedi, espandendo il loro dominio da Ostia fino a Palazzo Senatorio. Ciò rappresenta il più importante azzardo della seconda stagione di Suburra: due delle peggiori piaghe di Roma sono rappresentate dalla droga e dalla mala politica e la triade Spadino – Aureliano – Lele è appena passata dalla prima alla seconda. Cinaglia è l’uomo che prenderà il potere al Comune di Roma e sarà solo grazie a chi si è sporcato per lui le mani nel sottosuolo romano. Ed è proprio questa la perfetta conclusione di un perfetto episodio: mentre qualcuno ai piani alti si pavoneggia e si vanta di un potere che in realtà non detiene, nei bassi fondi qualcun altro pensa al lavoro sporco e muove i fili della politica romana. Nulla che i disillusi telespettatori di Suburra non sapessero già. Au revoir Contessa.
Il settimo episodio di Suburra è il punto di approdo della stagione precedente: tutto ciò di irrisolto e lasciato in sospeso viene qui sciolto e messo sotto gli occhi di tutti. Ciò che viene sviscerato nella puntata non è in realtà nulla di nuovo: lo sappiamo tutti come stanno le cose, si tratta soltanto di dirsele in faccia. Forse anche Aureliano conosceva la verità sulla morte del padre, ma chi può puntare il dito contro chi in questa roulette russa che non lascia spazio a momenti di esitazione?
Aureliano al tavolo dei giocatori sa benissimo che la posta è alta e che, se non ci pensa lui, nessuno gli guarderà le spalle. E’ ciò che invece ancora non ha capito Spadino, che si è appena seduto al tavolo di chi comanda e non ha ancora ben chiaro come si gioca. Il re degli zingari è più sorpreso di Aureliano dalla notizia della morte di Tullio Adami, dando per scontato una serie di cose che chi vuole comandare Roma non dovrebbe mai sottovalutare. Il personaggio di Giacomo Ferrara è sicuramente il più aggressivo, presuntuoso e volgare dei tre protagonisti, ma è l’unico che non si aspetterebbe mai un tradimento da un amico.
Ed effettivamente cosa siano con precisione Aureliano, Spadino e Lele forse, ancora, non è chiaro nemmeno a loro. Il sodalizio criminale nato per provvida sventura si è consolidato sempre di più e la perfetta alchimia tra i tre personaggi ha prodotto un muro inespugnabile. Ma, mentre per Spadino ciò ha significato qualsiasi cosa possa esserci di più vicino a lealtà, rispetto e affetto, per Aureliano e Lele è un tacito patto, dove ognuno si guarda – e si piange – i morti suoi.
Il triumvirato della criminalità romana è senza dubbio il punto forte della serie che fino ad ora ha comandato l’ottimo andamento della stagione. Isolati i tre personaggi hanno vantato tre storyline forti e accattivanti (utopica carriera di Lele a parte), ma è quando vengono riuniti nella stessa inquadratura che i tre canalizzano l’attenzione del telespettatore. Ciò vale soprattutto per Aureliano e Spadino che ci regalano in questo episodio uno dei momenti più sinceri e spontanei della stagione. Il giovane Anacleti è diventato re degli zingari e non sembra un caso che il primo a cui voglia comunicare la sua vittoria è proprio il suo socio in affari. Ed esattamente come fu in “Ajo, Oio e Peperoncino” i due si ritrovano a condividere un omicidio, due chiacchiere e un piatto di pasta.
Sul fronte nemico si fanno strada importanti novità: Samurai, indiscusso re di Roma, comincia a vacillare e pare proprio che tre mocciosi gli stiano facendo tremare la terra sotto i piedi, espandendo il loro dominio da Ostia fino a Palazzo Senatorio. Ciò rappresenta il più importante azzardo della seconda stagione di Suburra: due delle peggiori piaghe di Roma sono rappresentate dalla droga e dalla mala politica e la triade Spadino – Aureliano – Lele è appena passata dalla prima alla seconda. Cinaglia è l’uomo che prenderà il potere al Comune di Roma e sarà solo grazie a chi si è sporcato per lui le mani nel sottosuolo romano. Ed è proprio questa la perfetta conclusione di un perfetto episodio: mentre qualcuno ai piani alti si pavoneggia e si vanta di un potere che in realtà non detiene, nei bassi fondi qualcun altro pensa al lavoro sporco e muove i fili della politica romana. Nulla che i disillusi telespettatori di Suburra non sapessero già. Au revoir Contessa.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Gli equilibri si stanno rompendo e le alleanze sembrano ormai palesi: Suburra si prepara al finale di stagione.
E’ Guerra 2×06 | ND milioni – NDrating |
Santi Pietro e Paolo 2×07 | ND milioni – NDrating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.