Genny: “Pecch’e cazz’ l’aggia fatt’affà tuttu sto burdello? L’aeroporto, o’ consorzio, la società… e po’ mi trovo a fà la fine di patre. Ha campato tutt’ a vita sua rinchiuso dentro una gabbia dorata.”
Azzurra: “A’ differenza è che tutt’ chell’ ch’a fatto patre l’ha fatto per sé stesso. Tu lo stai facendo per tuo figlio!”
Si è dovuto aspettare il penultimo dittico stagionale ma alla fine è arrivata: la guerra tra i vari clan dello spaccio di droga è scoppiata!
Le prime avvisaglie si erano già viste nel precedente episodio, ma erano ancora al livello di piccoli sotterfugi e strategie sotterranee. La classica quiete che preannuncia la tempesta.
In questo episodio la quiete viene rotta una volta per tutte. Emblematica, a questo proposito, la scena iniziale in cui Genny si aggira con solennità all’interno del cimitero. Per lo spettatore storico della serie una scena del genere non può che richiamare a delle precise sensazioni e ricordi. Sarebbe logico infatti pensare che Genny stia andando a visitare le tombe dei propri genitori. Invece, a sorpresa, il suo obiettivo è la tomba di Valerio, il membro del clan di Forcella che, fino a quel momento, viene ritenuto il “traditore” che ha scatenato il conflitto e fatto finire la pace tra i clan. E, per tutta risposta, l’ex boss di Secondigliano sputa, in maniera sacrilega, sulla sua immagine. Una scena molto forte che spezza tutta la compostezza che c’era stata fino a quel momento. Una scena che ricorda, per molti versi, un’analoga della terza stagione di House Of Cards in cui Frank Underwood compiva anch’esso un gesto sacrilego su una tomba (quella del padre). In entrambi i casi si tratta di scene che spiazzano e che fanno capire fin da subito quale sarà il mood dell’episodio.
Da qui infatti parte una escalation di doppi giochi, agguati nei centri massaggi cinesi, furti di droga, esecuzioni sommarie e persino un scena di tortura medievale.
Protagonisti assoluti di questa nona puntata sono i membri della paranza (gruppo armato camorristico) di Sangueblù, interpretato dall’ottimo Arturo Muselli. Il personaggio in questione era stato una delle rivelazioni della scorsa stagione e aveva subito catturato l’attenzione per il suo atteggiamento ribelle e il suo carisma, nonché per l’iconico look con l’occhio di vetro. In questa quarta stagione, però, il personaggio era rimasto finora quasi in ombra, sacrificato per concentrarsi su tutte le altre storyline. Anche in questo episodio, che dovrebbe vederlo come protagonista assoluto, non riesce a togliersi di dosso una certa aria dismessa, sintomo di un’ulteriore evoluzione del character: da ribelle e rivoluzionario a leader e “padre spirituale” del proprio clan che sente su di sé il peso di una responsabilità troppo grande che forse non si aspettava. La recitazione di Muselli è molto minimalista, ridotta veramente a pochi tratti ed espressioni, quasi statica invero. Il che rende sicuramente l’idea della sofferenza di questo personaggio dai tratti “shakesperiani”, ma in alcuni punti appare quasi come un’ameba ed è forse un po’ troppo monocorde. E sinceramente non si capisce bene quanto questo sia una scelta voluta o meno. Rimane comunque un personaggio con una certa presenza scenica che sa come rendersi iconico quando può e vuole.
Diversamente l’episodio mette in risalto soprattutto le “retrovie” dei vari clan criminali (elemento che da sempre ha fatto la fortuna della serie) qui esemplificati dalla figura di Bellebuono, altro personaggio “shakesperiano” sempre diviso tra il cameratismo dovuto agli altri membri della paranza e la fedeltà verso il suo boss/migliore amico. Tra tutti è sicuramente il personaggio che emerge più degli altri in questo episodio.
La storyline dedicata alla paranza di Sangueblù rimane sicuramente la migliore dell’episodio riuscendo a rilasciare una tensione continua e parecchi colpi di scena (sebbene rimanga comunque una certa prevedibilità, soprattutto per quanto riguarda le morti dei personaggi). Si nota una ricerca stilistica e registica diversa rispetto a quella dei precedenti episodi, e qui il merito va in toto a Ciro Visco, regista di questo dittico. Esordiente alla prima regia (come il più blasonato Marco D’Amore), ha però alle spalle una lunga carriera come assistente di regia per serie televisive (tra l’altro anche per la stessa Gomorra) e certamente questo background si vede nella costruzione di scene ad alta tensione narrativa.
L’altra storyline predominante della puntata è quella di Genny che subisce anch’esso l’ennesima evoluzione caratteriale dimostrandosi un personaggio sempre più “vissuto” e consapevole del proprio ruolo, come dimostra lo splendido dialogo finale con il procuratore (visto ormai come la sua principale nemesi) all’uscita da scuola. Emblematica, da questo punto di vista, la scelta dell’operazione chirurgica per togliersi la famosa cicatrice sulla guancia: sintomo di una volontà di cambiamento anche interiore (come un serpente che cambia pelle)? O c’è una ragione magari più “pratica” che preannuncia una possibile latitanza all’estero (non sarebbe la prima volta in ambito mafioso)?
Tutte domande per cui si dovrà necessariamente aspettare la prossima puntata e l’ormai imminente finale di stagione, in attesa di scoprire anche le conseguenze della guerra appena scoppiata e la reazione di Patrizia (in questo episodio un po’ sottotono e con un minutaggio ridotto) a seguito della scoperta del tradimento di Michelangelo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio 8 4×08 | 0.34 milioni – 1.6% rating |
Episodio 9 4×09 | 0.35 milioni – 1.6% rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!