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Aspettarsi che la 3×03 di Marvel’s Jessica Jones sia un episodio fantastico sarebbe un errore, così come eventualmente lamentarsene. Arrivati alla tredicesima (e ultima) stagione del morente connubio Marvel/Netflix, si è troppo esperti per sapere quali sono i tempi e i ritmi nella distribuzione dei (sempre troppi) 13 episodi. Dopo un primo episodio re-introduttivo, un secondo episodio anticlimatico, con una differente lente di ingrandimento, “I Have No Spleen” consolida e conferma la momentanea distribuzione delle sottotrame tra i quattro personaggi che sembrano in questo momento avere maggiore importanza.
I focus, rispettivamente su Jessica, Trish, Jeri e Malcolm (più o meno riusciti, con le relative e dovute interazioni tra loro) aiutano lo spettatore a mantenere una bussola ben orientata sui vari percorsi narrativi che si vanno creando. Indubbio che l’interesse maggiore sia stato catturato dal dualismo Jessica/Trish, protagoniste rispettive dei primi due episodi. La scorsa stagione gli eventi creavano un inevitabile conflitto tra le due. Cosa che, in questo particolare caso, probabile leitmotiv della stagione, alimenterà un classico dibattito sulla responsabilità/dono/fardello dell’avere poteri. Trish è stata mostrata, nei precedenti episodi, come colei che li ricerca attraverso determinazione e sacrificio; Jessica, nelle precedenti stagioni, come colei che se li è ritrovati tra capo e collo senza averli mai effettivamente richiesti. Ovviamente a uscirne meglio è proprio Jessica, figura comunque caratterizzata in maniera tridimensionale, rispetto ad un personaggio come quello di Trish che sembra solamente il risultato di un esagerato entusiasmo, come chi improvvisamente, per seguire una moda, sceglie la via dell’integralismo (significativo quando inizia ad attaccare il modo di vivere della quasi-sorella).
Quando si è fatto riferimento al tipo di consapevolezza che si deve avere guardando un terzo episodio di una serie Marvel, si faceva per lo più riferimento ai momenti più deboli di trama, leggi Jeri Hogarth e il ritorno di fiamma con la violoncellista. Tutti i momenti dedicati alle due, oltre all’improvviso rallentamento dei tempi scenici, sono momenti necessari per la caratterizzazione dell’avvocato. Se da un lato tali momenti portano ad una maggiore intensità di controlli sul minutaggio trascorso, dall’altro bisogna ringraziare che non si cominci già da subito con eventi determinanti e al cardiopalma, utili all’intrattenimento, ma poco rassicuranti per un equilibrato prosieguo della storia.
Sicuramente più rapido e dinamico il processo evolutivo di Malcolm, vera e propria mina vagante nelle dinamiche di trama. Così come Trish e Jessica si trovano ad interagire tra loro, così il vicino della protagonista è “braccio armato” di Jeri, utile a rendere più avvincenti le trame secondarie finora presentate in questa stagione.
Il colpo di scena finale rappresenta al meglio il doppio modo di vedere questo episodio, presentato ad inizio recensione. Sicuramente desta curiosità il modo in cui Jessica affronta il suo nuovo amico e può essere una sorpresa il fatto che chi ha sferrato la coltellata alla protagonista volesse in realtà colpire il paninaro. Quindi molto bene la frase ad effetto finale e il mettere, letteralmente, al muro l’uomo da parte di Jessica. D’altro canto, a mente fredda non ci si può certo stupire che alla fine si puntino i riflettori proprio sulla figura che in quel momento era stata più fuori contesto. Come non chiedersi cosa c’entrassero gli hamburger citati in maniera fastidiosamente insistente e reiterata?
I focus, rispettivamente su Jessica, Trish, Jeri e Malcolm (più o meno riusciti, con le relative e dovute interazioni tra loro) aiutano lo spettatore a mantenere una bussola ben orientata sui vari percorsi narrativi che si vanno creando. Indubbio che l’interesse maggiore sia stato catturato dal dualismo Jessica/Trish, protagoniste rispettive dei primi due episodi. La scorsa stagione gli eventi creavano un inevitabile conflitto tra le due. Cosa che, in questo particolare caso, probabile leitmotiv della stagione, alimenterà un classico dibattito sulla responsabilità/dono/fardello dell’avere poteri. Trish è stata mostrata, nei precedenti episodi, come colei che li ricerca attraverso determinazione e sacrificio; Jessica, nelle precedenti stagioni, come colei che se li è ritrovati tra capo e collo senza averli mai effettivamente richiesti. Ovviamente a uscirne meglio è proprio Jessica, figura comunque caratterizzata in maniera tridimensionale, rispetto ad un personaggio come quello di Trish che sembra solamente il risultato di un esagerato entusiasmo, come chi improvvisamente, per seguire una moda, sceglie la via dell’integralismo (significativo quando inizia ad attaccare il modo di vivere della quasi-sorella).
Quando si è fatto riferimento al tipo di consapevolezza che si deve avere guardando un terzo episodio di una serie Marvel, si faceva per lo più riferimento ai momenti più deboli di trama, leggi Jeri Hogarth e il ritorno di fiamma con la violoncellista. Tutti i momenti dedicati alle due, oltre all’improvviso rallentamento dei tempi scenici, sono momenti necessari per la caratterizzazione dell’avvocato. Se da un lato tali momenti portano ad una maggiore intensità di controlli sul minutaggio trascorso, dall’altro bisogna ringraziare che non si cominci già da subito con eventi determinanti e al cardiopalma, utili all’intrattenimento, ma poco rassicuranti per un equilibrato prosieguo della storia.
Sicuramente più rapido e dinamico il processo evolutivo di Malcolm, vera e propria mina vagante nelle dinamiche di trama. Così come Trish e Jessica si trovano ad interagire tra loro, così il vicino della protagonista è “braccio armato” di Jeri, utile a rendere più avvincenti le trame secondarie finora presentate in questa stagione.
Il colpo di scena finale rappresenta al meglio il doppio modo di vedere questo episodio, presentato ad inizio recensione. Sicuramente desta curiosità il modo in cui Jessica affronta il suo nuovo amico e può essere una sorpresa il fatto che chi ha sferrato la coltellata alla protagonista volesse in realtà colpire il paninaro. Quindi molto bene la frase ad effetto finale e il mettere, letteralmente, al muro l’uomo da parte di Jessica. D’altro canto, a mente fredda non ci si può certo stupire che alla fine si puntino i riflettori proprio sulla figura che in quel momento era stata più fuori contesto. Come non chiedersi cosa c’entrassero gli hamburger citati in maniera fastidiosamente insistente e reiterata?
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Senza infamia e senza lode è il concetto di dantesca memoria che ben si sposa con la valutazione di questo terzo episodio. Con schemi e tempi narrativi già abbondantemente conosciuti e prevedibili, avere le idee chiare sui movimenti di trama non è roba da poco. Certo un po’ poco per considerarlo come punto a favore di un prodotto che dovrebbe essere mirato all’intrattenimento dello spettatore, conscio unicamente, durante la visione, di dover attendere un po’ prima di assistere ad episodi e momenti degni di nota.
AKA You’re Welcome 3×02 | ND milioni – ND rating |
AKA I Have No Spleen 3×03 | ND milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.