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Fin dalla prima scena della nuova serie Amazon risulta evidente come lo show, in tutti i suoi aspetti, sia in linea pienamente con il cinema di Refn, caratterizzato da molteplici elementi onirici e per narrazioni visionarie sempre al limite, con un comparto tecnico eccelso, dove la forma supera di gran lunga la sostanza.
Too Old To Die Young non è certamente un prodotto mainstream e per la sua peculiarità sarà apprezzato da una piccolissima nicchia di spettatori e non guardato dalla maggior parte di essi.
Probabilmente se fosse un film i più avrebbero già gridato al capolavoro, tuttavia essendo ben 13 ore di materiale sono diverse le domande da porsi per giudicare obiettivamente un prodotto seriale così insolito rispetto agli altri.
Il punto forte di questa show è rappresentato senza dubbio dal comparto tecnico: ogni singola inquadratura è semplicemente perfetta, per una regia e una fotografia di livello altissimo, raramente di questa qualità in una serie tv. Il continuo utilizzo di luci al neon, la musica elettronica straniante, i personaggi silenziosi con i dialoghi ridotti al minimo: tutto fa sì che si crei un’atmosfera incredibile, per una resa visiva veramente degna di nota. Da sottolineare poi il particolare utilizzo dei colori, che passano dall’essere molto vivaci a improvvise tonalità fredde cupe, un eccesso che caratterizza ogni inquadratura e per certi versi richiama alla mente Utopia.
A non convincere però è la narrazione, eccessivamente lenta e frammentata, per una trama di per sé non innovativa, pesantemente condizionata da un ritmo narrativo estremamente lento, difficilmente digeribile anche dal più grande fan del regista danese. I dialoghi stringati non rappresenterebbero un problema, se non fossero cadenzati in intervalli di tempo veramente lunghi, ai limiti del ridicolo, per 97 minuti di puntata (97!) interminabili, in pieno stile The Romanoffs, serie sempre di casa Amazon tra l’altro.
Dopo un primo episodio molto introduttivo la storia si sposta in Messico, dove viene raccontato il mondo dei cartelli messicani tanto reso famoso da Narcos Mexico e Breaking Bad, visto che Jesus è il nipote di Don Ricardo, boss ricco e potente che in Messico gestisce un vero e proprio impero, pronto a essere ereditato dal figlio Miguel.
L’impatto visivo e la maniacale costruzione di ogni scena, curata fino al minimo dettaglio, risultano evidentemente più importanti della storia stessa, visto che salvo la morte del Boss e relativa successione al potere del figlio in fin dei conti succede veramente poco, per una puntata che termina nel migliore dei modi con una splendida scena finale, ma connotata negativamente da una pesantezza che ha reso veramente ostica la visione complessiva, non un problema da poco.
L’intenzione del cineasta di Copenaghen risulta essere chiara, con un predominanza visiva ed estetica quasi spropositata rispetto alla narrazione, ma visto l’ampissimo minutaggio a disposizione resta da chiedersi se tale equilibrio non possa infine risultare insostenibile, sfociando in un vero e proprio disastro.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Tanta eccellenza tecnica sì, ma controbilanciata da una narrazione pachidermica, a tratti quasi fastidiosa. Risulta arduo dare una valutazione a questa puntata visto gli elementi sia negativi che positivi che la contraddistinguono. C’è da aggiungere poi lo spropositato minutaggio di questo secondo appuntamento che enfatizza ulteriormente i problemi già citati. E’ da lodare sicuramente il coraggio di Nicolas Winding Refn nel proporre un’opera di questo genere e quello di Prime Video, che gli ha concesso piena libertà, tuttavia la visione risulta oltremodo pesante per concedere qualcosa in più di una semplice sufficienza.
Volume One – The Devil 1×01 | ND milioni – ND rating |
Volume Two – The Lovers 1×02 | ND milioni – ND rating |
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.