“The purpose of horror fiction is not only to explore taboo lands but to confirm our own good feelings about the status quo by showing us extravagant visions of what the alternative might be.” (Stephen King, Danse Macabre)
Dopo una estenuante caccia all’uomo durata quasi un anno e meticolosamente portata in scena negli ultimi episodi, Holden e Bill sembrano aver finalmente catturato l’uomo capace di un vero e proprio massacro razionalmente concepito e messo in atto. Quando la speranza sembra essere stata definitivamente archiviata tutto precipita con la cattura del presunto colpevole.
Ma non solo la speranza sembrava essersi dileguata da Atlanta.
I fondi messi a disposizione per la serrata caccia all’uomo erano ormai terminati, così come le energie dell’intera squadra di ricerche, costretta a durissimi turni notturni appostata nei pressi dei ponti dai quale Holden aveva preventivato avrebbe iniziato a gettare i corpi per evitare la possibilità che venissero raccolte prove sui cadaveri.
Lo stesso Holden, abile stratega del piano ed ideatore del profilo dell’uomo ricercato, inizia a dubitare (scusandosi con lo stesso Bill) del profilo stesso da lui fortemente spinto come elemento base dal quale iniziare a cercare il colpevole.
Con una semplicità disarmante, quindi, ecco che Wayne Bertram Williams fa capolino non solo all’interno della storia, ma anche all’interno delle vite dei protagonisti. Sarà interessante come nell’ultimo episodio avverrà l’approccio tra Wayne e Ford nella stanza degli interrogatori e cosa gli agenti riusciranno a carpire da una mente tanto malata.
Un ritorno agli interrogatori risulta, al momento, la notizia migliore possibile dal momento che dopo gli episodi fortemente incentrati sull’elemento narrativo distintivo di questa serie (quarto e quinto episodio), si è avuto poco spazio degli stessi all’interno della storia. Essenzialmente dopo il violento confronto con Manson tutta la sottotrama relativa all’analisi comportamentale portata avanti durante gli interrogatori si è arenata malamente, proseguendo in modo molto superficiale e saltuario tramite Wendy e Gregg.
Una seconda stagione, quindi, che non sembra aver imparato completamente dagli errori del primo ciclo narrativo, mantenendo la preferenza riguardo l’analisi dei personaggi rispetto a quella caratteristica degli interrogatori di serial killer condannati.
A livello di logica si comprende il desiderio degli sceneggiatori nel voler approfondire i vari personaggi e le loro guerre personali (Wendy ed il duro faccia a faccia con la donna di cui è innamorata; Bill ed il difficile dialogo con il figlio e con la moglie), tuttavia mantenere ai margini della narrazione l’elemento meglio riuscito della serie non appare una giusta decisione. Da sottolineare, comunque, la volontà di dar maggiore spazio in questa stagione all’analisi di Tench e Wendy a discapito di Holden per il quale vita amorosa e privata sembrano essere state messe completamente da parte.
La discrepanza di vedute tra Bill ed Ford lascerà il campo prettamente lavorativo per approdare a quello personale, concludendosi in un confronto diretto e sincero tra i due nel quale Bill spiega ad Holden il motivo della sua presenza/assenza dal lavoro.
In conclusione appare d’uopo fare un doveroso appunto ad una scelta di sceneggiatura che inizia a fare abbastanza discutere, ossia la mancata entrata in gioco di BTK Strangler.
Appare insensato, dopo ormai due stagioni, non aver utilizzato questo personaggio: sì, il killer risulta essere protagonista degli incipit di numerosi episodi (come per esempio questo ottavo episodio), rendendolo elemento capace di magnetizzare il pubblico ed attrarne l’attenzione. Ma dopo quasi venti puntate appare privo di senso il non volerlo far rientrare nei piani narrativi, utilizzandolo a pieno regime nella storia. Insensata come scelta, soprattutto se si tiene in considerazione che nel primo episodio di questa seconda stagione proprio BTK Strangler era stato debitamente presentato a Bill che ne ha raccolto informazioni ed indizi per poi condividere il tutto con Holden. Perché tutta questa attesa?
I don’t need your sympathy. And you’re right. I should be out, taking care of my issues. But Ted Gunn sent me down here to make sure you don’t do anything stupid to jeopardize our debut on the big stage. So you want to help me? Show some fucking professionalism so we don’t look like we got off a plane with a suspect we’re tailoring all of our insights to support. And you look anxious. Take a fucking Valium.”
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Episode 7 2×07 | ND milioni – ND rating |
Episode 8 2×08 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.