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Quanto può essere soddisfacente richiedere a gran voce un determinato sviluppo di eventi e vederlo poi compiersi nell’episodio successivo?
Nella scorsa recensione si era sottolineato come uno dei maggiori pregi di questa serie fossero stati, soprattutto nelle primissime stagioni dove erano all’ordine del giorno, i casi legali verticali. Con l’udienza portata avanti da Connor in “Vivian’s Here”, vi era stato un accenno di quanto questo elemento potesse giovare alla narrazione, soprattutto considerando come le trame restanti continuavano invece a susseguirsi senza un filo narrativo ben definito, non facendo altro che creare confusione.
“Do You Think I’m A Bad Man”, decide così di mettere in secondo piano gli eterni intrighi dei protagonisti (ma questo non significa che non continuano ad avanzare, anzi) per concentrarsi maggiormente su due ben presentati casi legali. Il primo continua con la trama riguardante la deportazione madre-figlio già anticipata con Connor la scorsa settimana, il secondo fortunatamente mette al centro il personaggio di Michaela, allontanandola per un attimo dai suoi eterni drammi e mostrandola finalmente vicina ad assumere la figura di un vero avvocato.
Ciò che ha rappresentato il caso portato in tribunale dalla Pratt è stato, infatti, il ritratto di ciò che è mancato in How To Get Away With Murder finora. Vedere i ragazzi Keating mettere in mostra le abilità giuridiche apprese in questi anni, è un punto decisamente a favore del loro percorso attuato in queste sei stagioni, che strano a dirlo, va anche oltre il commettere omicidi. Michaela si è mostrata forte e determinata, naturalmente anche un po’ abbattuta davanti alle difficoltà, ma poi capace di riprendere in mano il caso grazie all’aiuto della Keating. E i minuti dedicati a questa storyline sono apparsi decisamente più interessanti rispetto a vederla litigare in continuazione con la stessa Annalise per ragioni personali. Ragioni personali che sulla carta, tra l’altro, potevano inizialmente apparire intriganti ma che adesso lo show sta iniziando a rendere meno allettanti a causa del suo vecchio vizio di abbondare sempre con tutto: la scoperta di un ennesimo colpo di scena riguardante la figura del padre di Michaela aggiunge oltremodo troppa carne sul fuoco. Come sempre.
Si rivela interessante, poi, anche il percorso portato avanti da Frank. Lasciato ormai solo alla ricerca di Laurel, la messa in moto di un’investigazione più ampia e non più concentrata unicamente sul presunto rapimento ma anche su un’eventuale sparizione studiata a tavolino, ha messo in scena in questo episodio una ricerca più intrigante e i piccoli passi avanti fatti hanno finalmente fatto crescere maggiormente la curiosità su ciò che sia davvero accaduto. Il tutto considerando l’attuale posizione di pericolo in cui Frank è rimasto sul finire di episodio.
Le note dolenti, invece, restano sempre le stesse: da Bonnie a Nate, questi due personaggi continuano ad arrancare, con un loro piano ben definito ma che allo spettatore non è ancora chiaro e al momento difficilmente riesce a catapultare l’attenzione. Naturalmente, però, la parte peggiore continua a guadagnarsela la figura di Vivian; se nei precedenti episodi si continuava a non trovare senso alla sua presenza, adesso si aggiunge l’incredibile incoerenza di un personaggio che non sa bene cosa vuole o da che parte vuole davvero stare. Giusto per aggiungere ulteriore incomprensione alla già intricata matassa.
La parte che spicca maggiormente nell’episodio, così come è sempre avvenuto in questa serie, rimane quella dei minuti dedicati al flashforward. Dopo l’interrogatorio di Michaela è il turno di Connor, e questo si che ha l’aria di essere un colloquio che difficilmente si presenterà senza conseguenze.
Nella scorsa recensione si era sottolineato come uno dei maggiori pregi di questa serie fossero stati, soprattutto nelle primissime stagioni dove erano all’ordine del giorno, i casi legali verticali. Con l’udienza portata avanti da Connor in “Vivian’s Here”, vi era stato un accenno di quanto questo elemento potesse giovare alla narrazione, soprattutto considerando come le trame restanti continuavano invece a susseguirsi senza un filo narrativo ben definito, non facendo altro che creare confusione.
“Do You Think I’m A Bad Man”, decide così di mettere in secondo piano gli eterni intrighi dei protagonisti (ma questo non significa che non continuano ad avanzare, anzi) per concentrarsi maggiormente su due ben presentati casi legali. Il primo continua con la trama riguardante la deportazione madre-figlio già anticipata con Connor la scorsa settimana, il secondo fortunatamente mette al centro il personaggio di Michaela, allontanandola per un attimo dai suoi eterni drammi e mostrandola finalmente vicina ad assumere la figura di un vero avvocato.
Ciò che ha rappresentato il caso portato in tribunale dalla Pratt è stato, infatti, il ritratto di ciò che è mancato in How To Get Away With Murder finora. Vedere i ragazzi Keating mettere in mostra le abilità giuridiche apprese in questi anni, è un punto decisamente a favore del loro percorso attuato in queste sei stagioni, che strano a dirlo, va anche oltre il commettere omicidi. Michaela si è mostrata forte e determinata, naturalmente anche un po’ abbattuta davanti alle difficoltà, ma poi capace di riprendere in mano il caso grazie all’aiuto della Keating. E i minuti dedicati a questa storyline sono apparsi decisamente più interessanti rispetto a vederla litigare in continuazione con la stessa Annalise per ragioni personali. Ragioni personali che sulla carta, tra l’altro, potevano inizialmente apparire intriganti ma che adesso lo show sta iniziando a rendere meno allettanti a causa del suo vecchio vizio di abbondare sempre con tutto: la scoperta di un ennesimo colpo di scena riguardante la figura del padre di Michaela aggiunge oltremodo troppa carne sul fuoco. Come sempre.
Si rivela interessante, poi, anche il percorso portato avanti da Frank. Lasciato ormai solo alla ricerca di Laurel, la messa in moto di un’investigazione più ampia e non più concentrata unicamente sul presunto rapimento ma anche su un’eventuale sparizione studiata a tavolino, ha messo in scena in questo episodio una ricerca più intrigante e i piccoli passi avanti fatti hanno finalmente fatto crescere maggiormente la curiosità su ciò che sia davvero accaduto. Il tutto considerando l’attuale posizione di pericolo in cui Frank è rimasto sul finire di episodio.
Le note dolenti, invece, restano sempre le stesse: da Bonnie a Nate, questi due personaggi continuano ad arrancare, con un loro piano ben definito ma che allo spettatore non è ancora chiaro e al momento difficilmente riesce a catapultare l’attenzione. Naturalmente, però, la parte peggiore continua a guadagnarsela la figura di Vivian; se nei precedenti episodi si continuava a non trovare senso alla sua presenza, adesso si aggiunge l’incredibile incoerenza di un personaggio che non sa bene cosa vuole o da che parte vuole davvero stare. Giusto per aggiungere ulteriore incomprensione alla già intricata matassa.
La parte che spicca maggiormente nell’episodio, così come è sempre avvenuto in questa serie, rimane quella dei minuti dedicati al flashforward. Dopo l’interrogatorio di Michaela è il turno di Connor, e questo si che ha l’aria di essere un colloquio che difficilmente si presenterà senza conseguenze.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Questa volta la sufficienza è bella piena ed ampiamente meritata. I casi legali aiutano a dare una diversa e più sana dinamicità all’episodio e i flashforward iniziano a far crescere davvero la curiosità su ciò che è successo.
Vivian’s Here 6×02 | 2.56 milioni – 0.5 rating |
Do You Think I’m A Bad Man? 6×03 | 2.23 milioni – 0.5 rating |
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.