Geralt: “Gold dragons are a myth. For a gold dragon to exist it would… be the result of… an accidental, unique mutation. And, in my experience, mutations, they’re intentional. But it doesn’t matter. Mutant or myth, gold dragons met the same fate as anything too different to endure. They died out.”
Borch: “There are other ways to endure.”
La struttura narrativa di The Witcher si rivela ancora una volta articolata e fluida, spaziando da una storyline sempre più verticale (le avventure di Geralt e Jaskier, sempre più simili a quelle eroi-comiche di Hercules e Iolao degli anni 90) e una storyline più orizzontale (quella della Principessa Ciri perennemente in fuga con il suo zerbino il fido Dara).
Quest’ultima parte viene messa da parte in questo episodio, anche se non mancano plot twist importanti anche in essa e un cliffhanger finale che sembra possa riannodare finalmente i fili (e i piani temporali) della storia contorta dello show.
Purtroppo la lentezza narrativa, che caratterizza questo segmento narrativo, e l’insipidità dei suoi interpreti fa sì che questa storyline sia la più debole delle due, anche se ormai si è arrivati alla terzultima puntata.
Molto meglio, invece, la storyline principale che qui fa veramente un balzo in avanti e si dimostra la migliore nell’intrattenere lo spettatore.
Questo grazie all’introduzione di un personaggio davvero particolare: Villentretenmerth, altrimenti conosciuto come Borch Three Jackdaws (come verrà chiamato da ora in poi perché l’altro nome è troppo complicato da scrivere, ndR).
Il personaggio in questione (interpretato da un ottimo Ron Cook) riesce a reclutare Geralt e Jaskier, insieme ad altri personaggi, per una quest davvero particolare: trovare un drago verde che da giorni minaccia un reame vicino e che si nasconde sulle montagne. Oltre a Geralt e Jaskier però ci sono anche una serie di altri personaggi che, per i più disparati motivi, decidono di prendere parte all’impresa.
Una sorta di “Compagnia dell’Anello 4.0” in cui gli echi tolkieniani si avvertono eccome, però riadattati al gusto e ad una morale più contemporanea, in cui l’epicità della vicenda si mescola ai dialoghi fra i personaggi, sempre più sfaccettati e tridimensionali, per cui è veramente impossibile non provare un po’ di affetto, anche per quelli più riprovevoli. A tutto questo si aggiunge poi anche un aspetto da “murder story” alla Agatha Christie in cui, all’interno della “Compagnia”, si cela un misterioso assassino, come si accorge ben presto sir Eyck di Denesle, il primo a cadere “sul campo”.
Fra tutti gli altri partecipanti alla quest si contraddistinguono, per il loro eloquio degno del peggior trash talking da NBA, i Nani, character comici per eccellenza di tutte le quest fantasy. Ma soprattutto la solita Yennefer che qui approfondisce ancora di più il suo legame con Geralt.
Uno degli aspetti più innovativi della saga di Andrzej Sapkowski è proprio quello di trattare i propri personaggi in maniera molto “adulta” concentrandosi su bisogni e tematiche che, in altre storie simili, sembrano passare in secondo piano.
Qui la tematica che fa da leitmotiv a tutto l’episodio è quella della genitorialità (di cui lo stesso Borch è portatore, a modo suo). È interessante il confronto che gli autori creano, in questo senso, tra Geralt e Yennefer: il primo è padre di un Bambino Sorpresa che però ha abbandonato molto tempo prima; la seconda, come già si sa dal terzo episodio, ha dovuto rinunciare forzatamente alla possibilità di essere madre per diventare la maga che è ora.
Tematiche, queste, che si discostano dalla solita “leggerezza” tipica del genere fantasy, e che qui svelano nuove sfaccettature dei due co-protagonisti.
La forte intesa che si crea fra i due rappresenta il vero punto di forza dell’episodio. Anche se un po’ forzata, dal momento che i due si sono conosciuti appena un episodio fa e la loro relazione pare già essere destinata a finire (dopo una notte di sano sesso in una tenda che, come dimensioni, sembra il Tardis di Doctor Who!) non appena ci mette lo zampino lo stesso Borgh.
Il finale di questa storyline è parecchio amaro, come l’intero episodio d’altra parte, ma perfettamente coerente con lo sviluppo della trama e dei personaggi.
Si tratta del classico “falso finale” che preannuncia uno sviluppo in realtà ancora più epico delle situazioni presentate e che probabilmente si scoprirà nelle ultime due puntate di questa prima stagione.
Per il momento però il risultato è fin sopra le aspettative. Epicità e dramma si mescolano in maniera ottima fra loro, conditi da quella suspense che sempre precede i momenti importanti di ogni azione e/o battaglia decisiva.
A tutto questo si aggiungano i draghi, elementi portanti dell’episodio, qui riveduti e rivisti in un’ottica nuova rispetto ai soliti canoni del fantasy mainstream (coff… coff… Game Of Thrones coff… coff…).
Chiude l’episodio l’ennesima perla del bardo Jaskier, che è possibile ascoltare durante i titoli di coda e che chiude (come un epitaffio) una delle puntate più belle di The Witcher viste finora.
“For Kingdom and Glory!”
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Bottled Appetites 1×05 | ND milioni – ND rating |
Rare Species 1×06 | ND milioni – ND rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!