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3 Aprile 2020.
Giorno 26 di quarantena.
Giorno 26 di quarantena.
Il folto gruppo di telefilm-addicted sparsi in tutto il territorio nazionale si sveglia con calma, accarezzato dai caldi raggi di un sadico sole che si prende gioco della reclusione forzata, e poi raggiunge comodamente il divano per assaporarsi l’anteprima della quarta stagione de La Casa De Papel. Come per ogni serie “grossa” che si rispetti, il pubblico affronta la visione con stati d’animo molto diversi: c’è chi apprezza davvero il prodotto creato da Álex Pina, a tal punto da aver vissuto gli ultimi nove mesi (la terza stagione è uscita su Netflix il 19 Luglio dello scorso anno) in totale angoscia per la sorte dei propri beniamini, altre persone invece, dal palato più raffinato frutto di anni ed anni di visione seriale compulsiva, hanno sviluppato un senso critico più accentuato e così prendono La Casa De Papel per ciò che realmente è: una cagata pazzesca.
L’enorme fenomeno mediatico, nato dopo la messa in onda della serie sulla piattaforma di streaming, è stato sia causa che conseguenza del successo riscontrato dallo show negli ultimi tre anni. La Casa De Papel è, infatti, diventata, a tutti gli effetti, una serie commerciale, sulla bocca di tutti, con un proprio merchandising dedicato, personaggi creati ad hoc per attirare il pubblico e diventare i protagonisti principali durante feste ed eventi legati al mondo dell’intrattenimento. La tuta rossa, indossata dai rapinatori, e la celeberrima maschera di Salvator Dalì sono diventati simbolo non solo della serie tv stessa, ma addirittura portatori di un messaggio di natura politica e sociale, un po’ come era già avvenuto nel 2005 con il film “V Per Vendetta”.Purtroppo Per fortuna, lo show di Pina ha poco a che spartire con il lungometraggio diretto da James McTeigue e scritto dalle sorelle Wachowski, rimanendo, semplicemente, un flebile tentativo di emulazione.
Questo non significa che tutto il telefilm sia da buttare, o meglio, non la prima stagione. Il primo ciclo dello show, aveva tutte le carte in regola per essere considerato un buon prodotto e, di fatto, lo è stato. Il problema più grosso, però, è stata la gestione dell’ondata di popolarità vissuta dallo show e, di conseguenza, da autori e produttori. Gasati ed ebbri di fama, si è deciso di fare il passo più lungo della gamba e di portare avanti una storia che aveva già esaurito tutta la sua potenzialità, solo per rispondere alla chiamata del Dio denaro. La banda dei rapinatori, quindi, era stata riunita per la terza stagione, con uno stupido pretesto ed una storyline che faceva acqua da tutte le parti. Il meccanismo era stato azionato di nuovo, ma la creatività era andata scemando, finendo per riproporre sempre lo stesso schema narrativo, fino a sfociare nel no-sense. I deus ex machina venivano snocciolati come caramelle, quasi insultando l’intelligenza media dello spettatore e la componente tamarra emergeva sempre più preponderante.
Gli stessi abnormi difetti si ripresentano anche in questa quarta premiere, intitolata “Game Over”, che trova il suo svolgimento pochi secondi dopo lo scorso season finale: Il Professore è devastato dalla morte di Lisbona e la Polizia ha assestato un durissimo colpo alla banda con il grave ferimento di Nairobi. In questo primo episodio la trama avanza incespicata, senza una vera e propria sceneggiatura a sostenerla, ma semplicemente andando per inerzia. I personaggi, ormai, sono solo l’ombra di loro stessi, costretti a ripetere sempre gli stessi atteggiamenti e le stesse frasi ad effetto, in un loop eterno dal quale non riescono ad uscire. La sensazione di trovarsi sul set di una telenovela sudamericana diretta da Michael Bay è palpabile, anche se la sequenza con i protagonisti in abiti da chirurgo ha riportato alla mente il famoso professor Helmut Alzhaimer e la sua equipe medica, molto più competenti di loro.
L’enorme fenomeno mediatico, nato dopo la messa in onda della serie sulla piattaforma di streaming, è stato sia causa che conseguenza del successo riscontrato dallo show negli ultimi tre anni. La Casa De Papel è, infatti, diventata, a tutti gli effetti, una serie commerciale, sulla bocca di tutti, con un proprio merchandising dedicato, personaggi creati ad hoc per attirare il pubblico e diventare i protagonisti principali durante feste ed eventi legati al mondo dell’intrattenimento. La tuta rossa, indossata dai rapinatori, e la celeberrima maschera di Salvator Dalì sono diventati simbolo non solo della serie tv stessa, ma addirittura portatori di un messaggio di natura politica e sociale, un po’ come era già avvenuto nel 2005 con il film “V Per Vendetta”.
Questo non significa che tutto il telefilm sia da buttare, o meglio, non la prima stagione. Il primo ciclo dello show, aveva tutte le carte in regola per essere considerato un buon prodotto e, di fatto, lo è stato. Il problema più grosso, però, è stata la gestione dell’ondata di popolarità vissuta dallo show e, di conseguenza, da autori e produttori. Gasati ed ebbri di fama, si è deciso di fare il passo più lungo della gamba e di portare avanti una storia che aveva già esaurito tutta la sua potenzialità, solo per rispondere alla chiamata del Dio denaro. La banda dei rapinatori, quindi, era stata riunita per la terza stagione, con uno stupido pretesto ed una storyline che faceva acqua da tutte le parti. Il meccanismo era stato azionato di nuovo, ma la creatività era andata scemando, finendo per riproporre sempre lo stesso schema narrativo, fino a sfociare nel no-sense. I deus ex machina venivano snocciolati come caramelle, quasi insultando l’intelligenza media dello spettatore e la componente tamarra emergeva sempre più preponderante.
Gli stessi abnormi difetti si ripresentano anche in questa quarta premiere, intitolata “Game Over”, che trova il suo svolgimento pochi secondi dopo lo scorso season finale: Il Professore è devastato dalla morte di Lisbona e la Polizia ha assestato un durissimo colpo alla banda con il grave ferimento di Nairobi. In questo primo episodio la trama avanza incespicata, senza una vera e propria sceneggiatura a sostenerla, ma semplicemente andando per inerzia. I personaggi, ormai, sono solo l’ombra di loro stessi, costretti a ripetere sempre gli stessi atteggiamenti e le stesse frasi ad effetto, in un loop eterno dal quale non riescono ad uscire. La sensazione di trovarsi sul set di una telenovela sudamericana diretta da Michael Bay è palpabile, anche se la sequenza con i protagonisti in abiti da chirurgo ha riportato alla mente il famoso professor Helmut Alzhaimer e la sua equipe medica, molto più competenti di loro.
La Casa De Papel ha ormai superato anche lo stadio di “guilty pleasure”, diventando semplicemente un telefilm inutile, ripetitivo, trash, ma soprattutto troppo prevedibile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“La Casa De Papel” comincia la sua quarta stagione, così come aveva concluso la terza: una gigantesca accozzaglia di tamarrate incredibili. C’è chi apprezza e chi no.
La Deriva 3×08 | ND milioni – ND rating |
Game Over 4×01 | ND milioni – ND rating |
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.