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Appropriazione culturale. Questo il termine che come un fulmine illumina la mente degli osservatori attenti di Space Force, il nuovo prodotto di casa Netflix sapientemente pubblicizzato come “il nuovo lavoro dei creatori di The Office”. Il risultato? Grandi aspettative per un prodotto che in realtà suscita ben poco interesse e fatica a colpire con la propria comicità, se così si può definire.
Ma perché è stato utilizzato impropriamente il termine “appropriazione culturale”? Lasciando per un attimo perdere la sua corretta declinazione, la terminologia appare adatta per descrivere un prodotto che risulta, specialmente dopo questo quarto episodio, un miscuglio di lavori (e personaggi) già ampiamente visti.
Il personaggio di Ben Schwartz altro non è che la riproposizione sotto altro nome del famigerato Jean-Ralphio Saperstein: movenze, cadenza nella parlata, linguaggio, modo di fare e di porsi nei confronti degli altri, tutto riconduce al personaggio di Parks And Recreation. Se da un lato questa scelta suscita naturale ilarità, in quanto Jean-Ralphio rappresenta a tutt’oggi una delle spalle comiche meglio riuscite all’interno del prodotto della NBC, dall’altra parte rende la visione frustrante in quanto si sta utilizzando la costruzione di un personaggio (con il medesimo attore) già ampiamente sfruttata in un altro show. Molto bello ritrovare quindi Jean-Ralphio, ma se l’intenzione era rivedere Ben Schwartz in quei panni si sarebbe optato per un rewatch di Parks And Recreation.
Altro punto di dubbio gusto è il personaggio interpretato dall’immenso Steve Carell che si ritrova a conglomerare all’interno dello stesso ruolo le interpretazioni di The Office, Welcome To Marwen, Foxcatcher e Last Flag Flying. Comicità, a tratti drama ed una figura paterna molto complicata: Carell si imbarcamena in un’interpretazione dai mille risvolti e riesce a non fallire. Tuttavia, quello che viene restituito al pubblico è un personaggio incredibilmente difficile da digerire, così come lo show, dal momento che non rispetta i canonici stilemi narrativi del personaggio principale di una comedy così come quelli già visti del padre di famiglia in un film (o serie) a tinte più drammatiche. Il risultato finale è un episodio come “Lunar Habitat” dove per oltre venticinque minuti la figura predominante è quella comica, una comicità demenziale ma totalmente godibile ed in linea con la tipologia di show (dopo l’episodio in cui si è tentato di sfruttare uno scimpanzé per salvare il progetto Epsilon 6 nulla dovrebbe stupire più), mentre il finale si concede un lezioso spazio per mostrare un’umanità semplice e sconosciuta del generale a quattro stelle Mark Naird. L’episodio e la serie in sé funzionano, quello che si tenta di appuntare in questa recensione è la mancanza di nuovi spunti dello show che si rifà a personaggi e/o costruzioni narrative già ampiamente conosciute senza dare un vero e proprio cenno di novità nell’esposizione della semplice trama.
Ovviamente, il tutto viene abilmente mascherato dietro una forte critica nei confronti del Presidente Trump: l’utilizzo dei social, lo stesso termine Space Force, l’inimicizia con la Cina o le persone con tratti orientali, il desiderio di dominio e di potere. Ma nonostante questa ironia politica funzioni e faccia sorridere, il rischio è di attaccarsi ad una “fotografia politica” per reggere l’intero show. Duccio (Boris) lo spiegherebbe così: “Hai capito che cosa ha detto René? Che la tua fotografia fa schifo. Io ti volevo dare una possibilità ma tu non l’hai saputa cogliere perché hai voluto fare una fotografia politica, ignaro del fatto che i muri sono caduti. Adesso è tornato il tempo di aprire tutto.“
Ma perché è stato utilizzato impropriamente il termine “appropriazione culturale”? Lasciando per un attimo perdere la sua corretta declinazione, la terminologia appare adatta per descrivere un prodotto che risulta, specialmente dopo questo quarto episodio, un miscuglio di lavori (e personaggi) già ampiamente visti.
Il personaggio di Ben Schwartz altro non è che la riproposizione sotto altro nome del famigerato Jean-Ralphio Saperstein: movenze, cadenza nella parlata, linguaggio, modo di fare e di porsi nei confronti degli altri, tutto riconduce al personaggio di Parks And Recreation. Se da un lato questa scelta suscita naturale ilarità, in quanto Jean-Ralphio rappresenta a tutt’oggi una delle spalle comiche meglio riuscite all’interno del prodotto della NBC, dall’altra parte rende la visione frustrante in quanto si sta utilizzando la costruzione di un personaggio (con il medesimo attore) già ampiamente sfruttata in un altro show. Molto bello ritrovare quindi Jean-Ralphio, ma se l’intenzione era rivedere Ben Schwartz in quei panni si sarebbe optato per un rewatch di Parks And Recreation.
Altro punto di dubbio gusto è il personaggio interpretato dall’immenso Steve Carell che si ritrova a conglomerare all’interno dello stesso ruolo le interpretazioni di The Office, Welcome To Marwen, Foxcatcher e Last Flag Flying. Comicità, a tratti drama ed una figura paterna molto complicata: Carell si imbarcamena in un’interpretazione dai mille risvolti e riesce a non fallire. Tuttavia, quello che viene restituito al pubblico è un personaggio incredibilmente difficile da digerire, così come lo show, dal momento che non rispetta i canonici stilemi narrativi del personaggio principale di una comedy così come quelli già visti del padre di famiglia in un film (o serie) a tinte più drammatiche. Il risultato finale è un episodio come “Lunar Habitat” dove per oltre venticinque minuti la figura predominante è quella comica, una comicità demenziale ma totalmente godibile ed in linea con la tipologia di show (dopo l’episodio in cui si è tentato di sfruttare uno scimpanzé per salvare il progetto Epsilon 6 nulla dovrebbe stupire più), mentre il finale si concede un lezioso spazio per mostrare un’umanità semplice e sconosciuta del generale a quattro stelle Mark Naird. L’episodio e la serie in sé funzionano, quello che si tenta di appuntare in questa recensione è la mancanza di nuovi spunti dello show che si rifà a personaggi e/o costruzioni narrative già ampiamente conosciute senza dare un vero e proprio cenno di novità nell’esposizione della semplice trama.
Ovviamente, il tutto viene abilmente mascherato dietro una forte critica nei confronti del Presidente Trump: l’utilizzo dei social, lo stesso termine Space Force, l’inimicizia con la Cina o le persone con tratti orientali, il desiderio di dominio e di potere. Ma nonostante questa ironia politica funzioni e faccia sorridere, il rischio è di attaccarsi ad una “fotografia politica” per reggere l’intero show. Duccio (Boris) lo spiegherebbe così: “Hai capito che cosa ha detto René? Che la tua fotografia fa schifo. Io ti volevo dare una possibilità ma tu non l’hai saputa cogliere perché hai voluto fare una fotografia politica, ignaro del fatto che i muri sono caduti. Adesso è tornato il tempo di aprire tutto.“
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Dopo quattro puntate il giudizio generale per Space Force è un laconico: MAH. Il resto è puro contorno.
Mark And Mallory Go To Washington 1×03 | ND milioni – ND rating |
Lunar Habitat 1×04 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.