Con “Negative Return”, Away comincia a sviscerare un po’ il modus operandi con il quale Andrew Hinderaker ed il suo team di sceneggiatori andranno a costruire i successivi episodi e, francamente, la struttura non dispiace affatto anche se non è innovativa. Chiaramente la componente emotiva, così come nella series premiere, diventa la chiave per tenere viva la narrazione nello spazio e anche sulla Terra dove i drammi della famiglia Green continuano a consumarsi in una quotidianità disarmante che riesce a bucare lo schermo.
TETHER
Emma: “It’s just the two of us out there, Misha. We have to work together. You have to trust me.”
Misha: “Look, spacewalk is like war: you have to trust the man walking with you to save your life, or viceversa. Now, you and I, first time with emergency: you froze. Trust, it’s good. It’s important. But it must be earned, Commander.”
“Go” aveva l’obbligo di presentare la serie (cosa che è stata fatta decisamente bene), “Negative Return” ha il compito di mostrare di che pasta è fatta Away. Ecco quindi emergere il DNA della serie che, a questo punto sembra chiaro, utilizzerà i salti temporali (di lostiana memoria) per approfondire e caratterizzare al meglio i cinque astronauti. E lo stratagemma funziona piuttosto bene visto che si cambia percezione del burbero e russo (perchè effettivamente essere russi in una serie americana non è semplicemente un aggettivo ma implica tutta una serie di caratteristiche stereotipate) Misha.
Allo stesso tempo si può notare un certo “long term plan” messo in moto già in “Go“, ovvero la riappacificazione, nonché la nascita della famigerata fiducia, tra la Commander ed il duo Misha-Lu. È quindi lecito aspettarsi che da qui in poi ogni puntata sia dedicata a ciascun membro della spedizione, ovviamente supportando la narrazione con dei flashback che aiutino a spiegare la problematica spaziale del giorno. Niente di innovativo, come si diceva, ma è un qualcosa che funziona veramente bene come si può constatare sia dalla scena d’azione nello spazio che fa avvicinare Emma e Misha, sia dai faccia a faccia tra i due.
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Chiaramente, come si diceva, il rischio di incorrere in qualcosa di già visto c’è e, nonostante gli sforzi per nasconderlo o evitarlo, “Negative Return” si rende parzialmente vittima della cosa. Le potenzialità offerte dalla presenza di un problema potenzialmente mortale in una navicella spaziale non è ovviamente nuova al pubblico, anzi è un escamotage abusatissimo sia per tenere alta la tensione, sia per avere effettivamente qualcosa di “attivo” su cui focalizzarsi in un ambiente altrimenti piuttosto monotono.
Jessica Goldberg (ancora maledetta per The Path), pur nella mancanza d’innovazione della trama, riesce però a far riaffiorare l’aspetto umano della vicenda, che è la chiave fondamentale per rendere una scena che puzza di già visto in qualcosa di nuovo. Una tecnica che, più in generale, viene applicata basicamente a qualsiasi storia d’amore del piccolo e grande schermo e che, se ben raccontata, può sembrare praticamente nuova. Come accade infatti qua: la passeggiata spaziale si tramuta in un’occasione di riavvicinamento per i due colleghi che sono forzati a fidarsi l’uno dell’altro in un’escalation di tensione che si fa serenamente perdonare per non rappresentare una novità.
E quando questo accade non si può che riconoscere la bravura di regia, sceneggiatura e attori.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.