“I don’t care what anybody says, ok? Al Pacino’s performance in Scarface was bad.”
Finora la serie si è data da fare per rinforzare l’immagine un po’ stereotipata dei trader di Wall Street: cinici e altamente propensi al rischio, senza etica e remore di alcun tipo nel rovinare la vita di altre persone per il proprio guadagno. Impossibile, ogni qualvolta questo tipo di personaggio appaia sullo schermo, non fare un confronto con l’intramontabile Gordon Gekko di Michael Douglas in Wall Street, il celebre film di Oliver Stone, appunto, del 1987. Nemmeno gli autori di Black Monday sono riusciti a resistere tant’è che, per mostrare il lato narcisista misto a bisogno di affermazione in un mondo dominato dai bianchi di Mo, lo fanno interagire con uno sceneggiatore hollywoodiano che sta proprio lavorando con un certo Oliver a un film sugli squali di Wall Street.
“I mean what’s your tagline? From the streets to Wall Street?“
Per il momento non sembra essere sufficiente che uno di loro dica che il più grande errore della sua vita è stato tradire la moglie per renderne un’immagine più complessa. Questo da un lato alimenta spesso e volentieri la parte comica (un po’ becera) dello show, dall’altro lo rende meno originale di quanto potrebbe essere, soprattutto perché non sembra esserci grande margine per una caratterizzazione più approfondita che li umanizzi – dove per “umanizzare” non si intende accrescerne i valori morali ma renderli meno macchiette, più tridimensionali e, in definitiva, distaccarsi dalla retorica abusata della Wall Street tutta soldi, sesso e droga. Che va bene se sei Terence Winter e stai scrivendo un film diretto da Martin Scorsese su un personaggio realmente esistito ed interpretato da Leonardo di Caprio, potrebbe non essere sufficiente se non hai a disposizione una macchina produttiva di quel tipo, come in questo caso.
Il lato comedy dello show si erge però soprattutto sul protagonista interpretato da Don Cheadle che esalta con movenze esagerate il carisma del suo personaggio, talvolta al limite del caricaturale ma che lo rendono incredibilmente carismatico. In questo è aiutato da una scrittura che strizza l’occhio alle classiche produzioni in cui protagonisti neri o latino-americani devono per forza avere la lingua affilata e sprezzante per produrre argute frasi ad effetto accompagnate da un gesticolare enfatico.
“You want something from Mo, you’re gonna have to fucking take it.”
“Isn’t it time for your dramatic exit?”
“Yeah it’s a perfect exit line and I should’ve gone but the chick has my fucking Amex.”
Nel frattempo anche il novellino Blair guadagna la sua dose di maturità con un battesimo di fuoco nel mondo del trading. Questo lo porterà in un lasso temporale forse troppo breve dall’ingenuissima mossa di fare appello all’etica di uno spietato broker al mettergli in mano senza rimorsi un algoritmo fallace potenzialmente nocivo per i suoi investimenti che solo un momento prima la sua etica gli impediva di divulgare. Quasi sicuramente tale gesto avrà delle ripercussioni importanti nella storia e sarà interessante vedere a quali sviluppi condurrà e se porterà il giovane trader a combattere con dilemmi morali o a una definitiva conversione al lato oscuro.
Se tutto ciò basterà a mantenere vivo l’interesse dello spettatore non è dato ancora sapere. Sicuramente l’intenzione degli autori di non far perdere di vista il finale della storia c’é: la puntata si conclude richiamando alla memoria dello spettatore la scena iniziale, che avverrà però alla fine della storia, dove per la prima volta viene mostrato l’orecchino di smeraldo appuntato alla cravatta. Qualcosa fa presagire che non rimarrà a lungo all’orecchio della signora che lo ha trovato.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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365 – 1×01 | 0.32 milioni – 0.1 rating |
364 – 1×02 | 0.33 milioni – 0.1 rating |
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