Nella recensione del pilot di Brave New World si sottolineava come l’adattamento del romanzo avesse virato fin troppo e fin da subito sulla tematica sessuale, sui nudi e sulle scene promiscue e piccanti, sacrificando una parte consistente del messaggio di Huxley ed una certa profondità nella caratterizzazione di alcuni personaggi. Ovviamente, come avviene di solito quando si recensisce il solo pilot, si trattava di prime impressioni a caldo, che potevano essere confermate o smentite negli episodi successivi. Ed effettivamente così è stato: perché Brave New World non è un racconto pruriginoso di fanta-sesso e di orge. No. Brave New World è il remake di Westworld, ma senza i robot.
Il cupo pessimismo di Huxley, che concludeva non a caso il romanzo con il suicidio di John e l’esilio di Bernard, entrambi incapaci di adattarsi alla società utopico-distopica di New London, cede il posto a una banalissima rivoluzione violenta, che distrugge ma non costruisce nulla di nuovo. Non è una scelta priva di logica, sia chiaro: il successo di serie come Mr. Robot, La Casa de Papel o 3% ha dimostrato che al pubblico piacciono queste storie di riscatto e di vendetta contro un sistema sociale, politico, economico percepito come ingiusto e castrante, fonte di disuguaglianze e causa della concentrazione della ricchezza nelle mani di poche.
In New London le disparità non riguardano propriamente il denaro, ma il succo è lo stesso: ci sono una minoranza al potere che gode di tutti i privilegi ed una maggioranza oppressa e priva di diritti, che subisce finché qualcosa non ne scatena la reazione. Quel qualcosa, in questo caso, ha nome John The Savage ed è uno dei personaggi peggio scritti della sci-fi televisiva degli ultimi anni: uno che dà via a una rivoluzione ma non capisce minimamente il potere che esercita, anzi alla vigilia della rivolta è più interessato alla patata sua amata Lenina che alla tempesta che sta per scatenarsi. Purtroppo “Soma Red” eredita tutti i problemi di costruzione della storyline di John delle puntate precedenti e non può certo fare miracoli nella caratterizzazione di una figura che poteva dare tanto, se solo si fosse esplorata a dovere la sua interazione con la società utopico-distopica di New London.
Un altro problema contro cui “Soma Red” ha potuto fare ben poco è la superficialità con cui è stata descritta la vita a New London. Si è preferito puntare su orge, spettacoli pornografici, scenate di gelosia, scazzottate e qualche incursione nei bassifondi, ma l’ottimo lavoro di worldbuilding che c’era alla base del romanzo di Huxley è solo un pallido ricordo. E questa superficialità si è fatta sentire al momento di portare in scena la rivolta degli Epsilon, che si è ridotta a una semplice mattanza fatta perché… perché sì, perché gli Alfa e i Beta trombano si dilettano con piaceri edonistici tutto il giorno e i poveri Epsilon vorrebbero anche loro un po’ di fica divertimento.
Lo stesso discorso fatto su John non vale, fortunatamente, per Lenina e per Bernard, che nell’ultima puntata portano a compimento in direzioni diametralmente opposte un percorso di crescita scritto decisamente meglio. Entrambi sono partiti dalla messa in discussione dei valori su cui si fonda il proprio mondo, entrambi hanno scoperto grazie al contatto con John un mondo fatto di sentimenti, di monogamia, di appuntamenti romantici e di valori profondi al di là dell’edonismo moderno. Eppure, Lenina è giunta al pieno rinnegamento di tutto ciò che New London rappresenta, mentre Bernard si è conformato ancora di più alle regole della società, fino ad accettare la nomina di nuovo direttore e ad accogliere dentro di sé Indra, il supercomputer che regolava l’intera città e che rappresentava una delle poche migliorie degne di nota al lavoro di Huxley (nel 1932 era un po’ difficile immaginare una società controllata da un computer, non esistendo ancora questi ultimi). Non è chiaro fino a che punto Bernard sia semplice ospite di Indra o ne sia controllato, ma dietro quest’ultima scelta c’è la palese volontà di lasciare aperte le porte per una seconda stagione. Eppure, ancora una volta la sensazione di scopiazzatura da Westworld è fortissima: senza fare spoiler, chi ha visto la serie HBO riconoscerà in questo espediente narrativo un certo déjà-vu.
Un ultimo plauso, perlomeno, va al cast: anche nei momenti in cui la scrittura appariva meno convincente, c’era almeno la bravura recitativa dei vari Harry Lloyd, Jessica Brown Findlay e Joseph Morgan, per citare chi ha dato le prove migliori. Non si può dire che le sole performance attoriali abbiano salvato baracca e burattini, ma meglio non immaginare cosa sarebbe successo con attori incapaci e una sceneggiatura così traballante.
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Monogamy And Futility, Part 2 1×08 | ND milioni – ND rating |
Soma Red 1×09 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.