Confronting A Serial KillerTEMPO DI LETTURA 5 min

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Confronting A Serial Killer recensioneI was like a lion in the jungle. So we going hunting then. I love women so hungrily that I could take what I wanted. I want to eat her, I want to bite her thighs, listen to her beg: ‘Please, sorry’.”

– Samuel Little

Confronting A Serial Killer è una docuserie in cinque parti targata Starz, diretta e prodotta da Joe Berlinger, andata in onda dal 19 Aprile al 17 Maggio 2021, incentrata sul rapporto confidenziale instaurato dalla giornalista e scrittrice Jillian Lauren e il noto serial killer Samuel Little, il più prolifico assassino seriale della storia statunitense.

CONFRONTING A SERIAL KILLER BOOK WRITER


Sebbene le premesse fossero ottime, la miniserie risulta infine concentrata maggiormente sull’esperienza vissuta dalla giornalista piuttosto che sulla storia dietro al mostro (sicuramente più appetibile per gli amanti del genere), risultando in più di un’occasione estremamente romanzata e, talvolta, addirittura costruita a tavolino all’unico scopo di strappare la lacrimuccia di circostanza allo spettatore più sensibile. Una scelta che, in alcuni momenti, risulta quasi fastidiosa agli occhi di chi guarda, in primo luogo a causa dell’artificiosità di diverse sequenze, soprattutto quelle che riguardano le interviste ai familiari della giornalista, e in secondo luogo per il punto di vista pressoché univoco attraverso cui la storia viene raccontata.
La storia di Jillian Lauren è senza dubbio molto toccante e sicuramente un ottimo soggetto per una produzione documentaristica. Avere a che fare con un serial killer che ha confessato ben 93 omicidi, essendo di fatto la persona scelta da Little per essere la sua “portavoce ufficiale”, è sicuramente un’esperienza traumatica dalla quale difficilmente si potrà uscire intatti. Lo si percepisce chiaramente dalle parole della giornalista e lo si può vedere altrettanto chiaramente nelle sequenze che la riprendono nel mezzo delle conversazioni con l’assassino. Il problema, però, sta sostanzialmente nel bilanciamento tra i segmenti dedicati all’esperienza traumatica della donna e a quelli riguardanti il serial killer, decisamente sfasato a favore dei primi e per questo ancora più pesanti da digerire.
Inoltre, questa mancanza di approfondimento nei confronti dell’assassino – sicuramente dettata dal fatto di voler dare meno importanza al carnefice e più spazio alle vittime – termina col generare un interesse maggiormente distaccato da parte dello spettatore, che sebbene non faticherà ad empatizzare con la donna, spesso si ritroverà ad assistere ad interviste pressoché inutili ai fini del documentario (come le interviste al marito o al figlio) e che, di fatto, non fanno altro che rimarcare quanto già detto dalla Lauren nel corso dei suoi numerosi interventi. Interviste che finiscono col surclassare i momenti dedicati alle registrazioni delle dichiarazioni rilasciate da Sam Little, e che in ultima analisi eclissano il reale “confronto con il serial killer”.

BENVENUTI A POMERIGGIO CINQUE


Nonostante il taglio eccessivamente cinematografico dato da Berlinger e la conseguente pesantezza che ne deriva, la storia alla base del documentario è senza dubbio molto interessante: un sistema fallato ha concesso a Samuel Little di diventare uno degli assassini seriali più prolifici della storia, e il filo diretto con la giornalista Jillian Lauren ha permesso a quest’ultima di dare voce a tutte quelle vittime che fino a quel momento non erano state direttamente collegate alla ferocia di Little.
Lauren aveva cominciato a scrivere un libro su Samuel Little prima che le strade dei due si incrociassero, e da quel momento il loro rapporto è diventato qualcosa di non dissimile dal legame tra Clarice ed Hannibal Lecter ne Il Silenzio Degli Innocenti, quantomeno nella struttura delle loro interazioni.
Little è una presenza inquietante che ben presto sviluppa un affetto per Lauren, la quale sa come convincerlo ad aprirsi, e proprio per questo motivo la donna comincia a sentire la responsabilità derivante dalla sua posizione di confidente preferenziale, soprattutto nei confronti dei familiari delle vittime non ancora collegate all’assassino seriale. Naturalmente il contatto prolungato, seppur telefonico, con un assassino così efferato, produrrà degli effetti sulla psiche della donna e, di conseguenza, sul suo equilibrio familiare.
Berlinger decide così di concentrare il focus su questo aspetto della vicenda, approfondendo il trauma personale della Lauren e tenendo Little in disparte, relegandolo al ruolo di personaggio di supporto della sua stessa storia. Una scelta che, come già detto in precedenza, sicuramente nasce dall’intento nobile di dedicare maggiore spazio a chi non ne ha mai avuto, le vittime appunto, ma che in senso pratico finisce col non ripagare in termini di coinvolgimento.
Ben presto emerge così il vero cattivo della vicenda: il processo investigativo e accusatorio americano, per anni contraddistinto da una diffusa incompetenza e, ancor peggio, da una struttura che fondamentalmente consente a persone appartenenti a determinate minoranze o classi sociali di essere assassinate, e contestualmente dimenticate, con una facilità agghiacciante. A maggior ragione se si parla degli anni precedenti all’introduzione del test del DNA come prova ammissibile in tribunale (cioè prima del 1986), dove farla franca in questo tipo di situazioni era decisamente più semplice.
Le intenzioni però, da sole, non bastano. Questo taglio molto cinematografico scade spesso e volentieri nella farsa, risultando, con il suo stile da tabloid scandalistico, anche di pessimo gusto, come nel caso della ricerca del corpo di Alice effettuata di notte con un paio di torce solo per rendere la sequenza più crime, oppure nella sovrapposizione di immagini casuali di cimiteri mentre Little parla di omicidi efferati avvenuti appunto all’interno di un cimitero.
Il risultato è quello di trasformare l’esperienza documentaristica in un film di serie B, messo insieme utilizzando tecniche cinematografiche di second’ordine e che riesce nell’incredibile intento di ridicolizzare una questione, quella dei crimini contro le donne, grazie al taglio eccessivamente melodrammatico – e tendente al sensazionalismo più becero – che permea l’intera opera di Berlinger.

…THEM ALL!


 

 

Getting Away With Murders 1×01
Deal With The Devil 1×02
Behold The Monster 1×03
Restoring Their Names 1×04
No Longer Jane Doe 1×05

 

Certamente non la serie che consigliereste al vostro amico amante dei documentari sui serial killer. Solo due parole: occasione sprecata.

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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