Come ormai ampiamente noto, questo autunno Netflix ha lanciato un nuovo, ambizioso (nelle intenzioni) prodotto: Criminal, una serie antologica sotto due punti di vista: innanzitutto, è composto da quattro miniserie: Criminal: UK, Criminal: Spain, Criminal: Germany e, per l’appunto, Criminal: France. In secondo luogo, inoltre, ciascuna di queste miniserie è composta da tre episodi che sembrano essere quasi del tutto scollegati l’uno dall’altro (anche se, in questo caso, sono individuabili degli elementi per provare quantomeno ad abbozzare una trama orizzontale). Esattamente come per le altre versioni “nazionali”, anche Criminal: France è nata da un’idea di due inglesi, Kay Smith e Jim Field Smith (quest’ultimo noto per aver diretto la seconda stagione di Episodes, apprezzato show targato Showtime con protagonista Matt LeBlanc). La scrittura degli episodi, invece, è affidata ad un trio di sceneggiatori – Frederic Mermoud, Antonin Martin-Hilbert e Mathieu Missoffe – che, fino a questo momento, erano sostanzialmente sconosciuti al grande pubblico.
“I went to get a couple of beers at the bar, I returned to Alex moving through many people who were dancing. Everyone was going wild. The people were caught up in it Then The confusion set off. Crackers everywhere. The singer looked up and stopped singing. Then the silence was terrible. And people people didn’t know what to do, before it started over again. And then there was utter panic. Another round of cracking noise rang out. Some people ran, others threw themselves on the floor, screaming and crying.”
Nell’introduzione si era detto che, eccezion fatta per alcuni (pochi) elementi che potrebbero essere ricorrenti nel corso delle puntate, lo show sembrava essere strutturato su un formato antologico. Del resto, questa intenzione era chiara sin dal primo minuto di questo pilot, dato che si inizia immediatamente in media res, senza introdurre i personaggi o costruire un arco narrativo. Esattamente come nelle altre versioni, anche la versione francese vede come location privilegiata (se non esclusiva) una sala di interrogatorio. Il protagonista è senza dubbio il commissario Olivier Hagen, interpretato da Laurent Lucas. Olivier, Infatti, è la persona che si mette a capo dell’interrogatorio di questa puntata e, inoltre, è colui il quale riceve la quota maggiore di screen time e di battute da recitare. Il suo personaggio, a dir la verità, non è particolarmente originale: si tratta di un detective indubbiamente molto bravo, ma con un carattere un po’ scontroso, che se la deve vedere con un nuovo capo che in qualche modo non approva i suoi metodi. Un corollario di quanto detto nella frase precedente è rappresentato dalla tensione tra Olivier e la sua superiore – Audrey Larsen – dato che ritiene che quel posto spettasse a lui (e lei, naturalmente, è dell’avviso opposto). Audrey si trova, per la maggior parte delle scene, nel secondo luogo privilegiato in questo pilot, ossia la classica stanza con vista sulla sala interrogatori. Oltre alla Larsen, ad assistere agli interrogatori ci sono Gérard (il quale interpreta un grande classico dei polizieschi, ossia la spanna del protagonista, con un carattere più mite, più anziana e contraddistinta da un certo senso dell’umorismo e da un buon intelletto) e Laetitia, poliziotta brusca, irruenta ed emotivamente coinvolta nel caso di giornata. Nella stanza interrogatori, invece, oltre ad Olivier si trova Omar, un collega più giovane.
“You should have been at the concert with him. But you arrived too late. That’s why you lied.”
Il plot del caso di giornata è uno dei maggiori pregi della puntata, perché affronta sicuramente un tema estremamente delicato, ossia l’essere vittima di un attentato terroristico (in questo caso, della strage del Bataclan). La cronaca, nel corso dei vari attacchi, ha riportato varie volte di persone che, per un motivo o per l’altro (notorietà, soldi), hanno sostenuto – falsamente – di essere presenti sul luogo dell’attentato. Con un concept di questo tipo, si cerca di non empatizzare subito con i protagonisti dello show, perché torchiare una persona che ha anche perso il fidanzato in quell’attentato non è certo un motivo di immediata immedesimazione. Da questa situazione, come in tutti i polizieschi, si smonta piano piano il castello di bugie della sospettata e, grazie ad un’intuizione quasi casuale (un altro grande classico), si scopre anche la motivazione. Come è possibile evincere da quanto detto finora, gli elementi di novità non sono certo molti, anzi, si tratta di una puntata che, eccezione fatta per l’ambientazione esclusiva nella sala interrogatori, ricalca fedelmente un genere molto ben collaudato. In particolare, si può notare come si sia dedicato molto poco tempo a sviluppare – nei limiti del possibile, dato il tempo a disposizione – i personaggi, in particolare Omar e Audrey, rappresentati in modo molto bidimensionale e senza elementi di interesse. Anche l’intuizione finale di Gérard, inoltre, è abbastanza estemporanea e ha il sapore del dileggiato spiegone. La speranza è che, nella prossima puntata, si parta dai punti positivi di questo pilot (il caso non era male, e Laurent Lucas è carismatico nel ruolo del protagonista) e si provi a sviluppare una trama orizzontale, visto che finora l’unico elemento in grado di fare ciò sembra essere il fatto che l’avvocatessa, amica di Audrey, fosse a conoscenza del congedo di Laetitia. Non è molto, ma in due puntate un intreccio simile potrebbe rivelarsi un valore aggiunto.
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.