“I don’t want you to fucking check on me, whether I’m fine or I’m not fine. What difference are you going to make? Are you going to give me some life advice? You gonna fucking help me?”
L’essere umano, anatomicamente, è una macchina incredibilmente complessa che, tutt’oggi, continua a non venire compresa in totalmente nonostante centinaia e centinaia di anni di studio nella quale la medicina, e in generale ogni tipologia di scienza che studia l’anatomia umana o ne aiuta la comprensione, sono decisamente migliorate e hanno scoperto gran parte del funzionamento del corpo umano ma che tutt’ora non sanno spiegare diversi processi e problematiche fisiologiche. Se queste branche della scienza hanno fatto passi da gigante, ma hanno ancora molto su cui lavorare, ciò che riguarda l’ambito psicologico e cognitivo di una persona è forse un percorso ancora più contorto. Si sa con certezza, ed è evidente, che una personalità è frutto di un mix di fattori che sono da riscontrarsi: nella cultura, nei geni, nell’esperienza passata e su moltissime altre variabili che intaccano costantemente la natura di un individuo e, fortunatamente, anche questo aspetto scientifico è sotto costante osservazione e studio.
Euphoria sembra, e si spera non sia stato solamente un abbaglio, voglia dare un approfondimento psicologico ad ogni personaggio secondario, concedendogli un ampio minutaggio per scoprire di più sul suo passato e del percorso che l’ha portato ad essere ciò che è ora: partendo dalla sua infanzia, presentando anche i genitori e mostrando traumi e momenti salienti della sua vita. Così facendo lo show cerca di dare un quadro più completo possibile del perché un dato character si comporti in un determinato modo, dimostrando di non voler dare nulla per scontato e limitando al minimo i cliché del caso. Non si sta parlando certamente di qualcosa di nuovo, anzi, è un grande classico cercare di dare spazio ai characters minori, però, essendo solamente al secondo episodio e dopo aver visto e compreso la personalità di Nathan, si può candidamente ammettere che non ci si sarebbe mai aspettati un lavoro così egregio sotto questo punto di vista. Sam Levinson, ideatore e sceneggiatore dello show, si è quindi adoperato per creare una narrazione ottimale non solo per la presentazione di personaggi di seconda fascia, come discusso poc’anzi, ma anche per dare spazio allo svisceramento della personalità della protagonista della serie, così come continuare a sviluppare la progressione della trama principale.
“You’re a strong man, Nathaniel. I knew it from the moment you were born. You have an iron will, drive, determination. I’ve always admired that in you. Because some day, it will lead you to greatness. But no one in this world will ever root for you. They’ll see what I see and they’ll despise you for it. Sometimes you’ll know, and sometimes you won’t. But the farther you go, the sharper their blade. Just don’t ever give them an opening.”
Il giovane quarterback durante “Stuntin’ Like My Daddy” viene messo a nudo agli occhi dello spettatore, in quanto Levinson, nei panni, in questo episodio, sia del regista che del sceneggiatore, analizza nel più maniacale dei modi la sua personalità, concedendogli un ampissimo minutaggio che ha completamente disintegrato il classico stereotipo del ragazzo figlio di papà che si pensava che rappresentasse per mostrare il passato di un personaggio estremamente complesso e disturbato che, per colpa del proprio padre e della scoperta del suo “hobby preferito”, ha vissuto un’infanzia complicata che lo ha formato fino a diventare una persona con deliri di onnipotenza e ossessionata dai sui “averi”. Da sottolineare, comunque, il grande merito di Jacob Elordi che interpreta perfettamente e con grande personalità questo personaggio così sfaccettato da renderlo una mina vagante all’interno del programma, inoltre sarà sicuramente interessante assistere alla sua reazione quando scoprirà di avere iniziato un flirt proprio con la ragazza che lo ha umiliato pubblicamente nella puntata precedente.
Per quanto riguarda il resto dell’episodio vede confermarsi la fattura elevatissima vista nel pilota soprattutto ciò che concerne l’ambito tecnico ove Levinson dimostra di essere un ottimo regista valorizzando la sempre ottima fotografia di Rév, il quale, non si capisce, sembra vivere nell’anonimato più totale dimostrando, tuttavia, una abilità pazzesca nel suo lavoro. Altro punto che continua a splendere è la trama principale cioè la storia che ruota intorno a Rue: la ragazza è fondamentalmente la rappresentazione ai massimi livelli del disagio che può provare un adolescente quando ha perso ciò che ama e che non riesce a trovare la propria strada nella vita. Zendaya interpreta in modo magistrale un character che continua cadere sempre più in giù ribellandosi alla madre e alla società, arrivando a fare tutto per completare la propria autodistruzione. In un modo o nell’altro Rue finirà per toccare il fondo e si spera che riuscirà anche ad uscirne.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Pilot 1×01 | 0.58 milioni – 0.2 rating |
Stuntin’ Like My Daddy 1×02 | 0.57 milioni – 0.2 rating |
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Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.