Euphoria 2×08 – All My Life, My Heart Has Yearned For A Thing I Cannot NameTEMPO DI LETTURA 11 min

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Recensione Euphoria 2x08Ricordi, responsabilità e traumi. Questi gli elementi che hanno caratterizzato il finale di stagione – ma in generale un po’ tutta la stagione – di Euphoria. Un finale che di certo non rappresenta la perfezione dal punto di vista prettamente legato alla scrittura, ma che compensa queste lacune, per così dire tecniche, con un’intensità e un coinvolgimento emotivo difficilmente ravvisabile in altre opere contemporanee del medesimo genere.
L’episodio continua da dove si era interrotto “The Theater And Its Double” e prosegue con il focus su due storie in particolare: la recita di Lexi e i guai con la legge di Fez ed Ash – con anche un piccolo momento per “chiudere” la parabola discendente di Cal, regalando anche a lui una degna conclusione stagionale seppur abbastanza sbrigativa.
La prima di fatto non aggiunge granché a quanto lo spettatore già sa di Euphoria e dei suoi protagonisti. Affrancandosi per un attimo dall’ipnotico effetto del telefilm e dei suoi infiniti drammi adolescenziali, e analizzando la recita di Lexi da un punto di vista prettamente analitico, appare evidente come il pubblico (quello vero) stia assistendo ad uno spettacolo dentro lo spettacolo che si pone, come scopo ultimo, quello dell’autocelebrazione. In pratica, Sam Levinson rimette in scena alcune delle sequenze celebri del telefilm, o comunque relative a dinamiche già in parte affrontate (come l’elogio funebre di Rue o il travagliato rapporto tra le sorelle Howard), applaudendo al suo stesso operato attraverso lo scalpitante pubblico di adolescenti presenti nell’auditorium del liceo. La meta-torsione dello spazio scenico riesce comunque a creare un interessante momento di distacco dalla realtà, durante il quale il pubblico si troverà al centro di un viaggio quasi onirico, nel corso di cui sarà difficile capire dove finisca la recita ed inizi la realtà. Momento che, quasi sicuramente, farà storcere il naso a tutti quelli che guardano Euphoria soltanto per le quattro S (Sesso, Sangue e Sidney Sweeney), ma che nel complesso riesce a regalare momenti veramente molto intensi a prescindere da quanto essi possano essere percepiti come confusi o eccessivamente simbolici.

TANTE EMOZIONI…


Momenti simbolici a parte, lo spettacolo di Lexi regala anche momenti molto più “reali”, in particolare l’irruzione sul palco di Cassie, attesissima dopo quanto visto nel precedente episodio, e in fin dei conti molto meno disastrosa di quanto si potesse immaginare. Il successo dell’attrice, esplosa proprio grazie ad Euphoria, ha portato in questa stagione ad una maggiore centralità del suo personaggio rispetto alla precedente. Premettendo che non ci si trova davanti alla nuova Maryl Streep, è innegabile come la Sweeney abbia fatto suo il personaggio di Cassie, portandolo qui su tutt’altro livello rispetto a quanto visto nella prima stagione (ricordatevi sempre che quando si arriva ad odiare un personaggio a tal punto da desiderarne una morte tanto creativa quanto cruenta significa che l’attore/attrice ha fatto un ottimo lavoro nella rappresentazione del character). Non c’è da stupirsi che quindi il personaggio, dopo una stagione da “villain” fatto e finito, trovi qui il suo momento sotto le luci della ribalta. Letteralmente.
L’intera sequenza, incluso il successivo intervento disperato della madre, trasuda cringe da ogni angolo, incollando lo spettatore allo schermo per tutta la durata della scenata. Quindici minuti buoni di suicidio sociale che, come un incidente in autostrada, vi terrà con lo sguardo incollato sul disastro nonostante i sensi di colpa e il buon gusto vi dicano di guardare da un’altra parte. Tra l’altro culminati con un alterco fisico, e annunciato, con la rivale in amore Maddy, che si risolve “soltanto” con una capocciata sul muro da parte di Cassie (che è anche uno dei momenti più “so bad is so good” dell’episodio) e un inaspettato momento di “comprensione” da parte di Maddy, virgolettato perché non è chiaro se quel “don’t worry, this is just the beginning“, pronunciato nei bagni tra sangue, occhi gonfi e unghie rotte, rappresenti il primo passo verso una riappacificazione delle due ragazze o sia soltanto l’ennesima velata minaccia rivolta alla sua oramai ex migliore amica.
Non è dato saperlo al momento. Ciò che però, sicuramente, questa frase vuole sottintendere, è che in tutto questo marasma di drammi adolescenziali, occorre sempre osservare le cose in prospettiva, evitando di giudicare le pessime decisioni prese dalle persone soltanto dal punto di vista di chi condanna indipendentemente dal contesto. Se da una parte è vero che determinati comportamenti non debbano essere condonati a prescindere, soltanto perché la vita non è stata gentile con l’infanzia di alcuni soggetti, d’altra parte definire “villain” una ragazza come Cassie (che, per carità, si è scopata l’ex della migliore amica e quindi la capocciata sul muro se l’è pure meritata) avendo nell’equazione un individuo cinico e manipolatore come Nate, vera causa di ogni male interno al suddetto triangolo amoroso, è comunque una scelta molto ingiusta.
Come nel più classico dei casi di colpevolizzazione della vittima, Nate sembra infatti uscirne da eroe da questo episodio. Dopo essere andato via dall’auditorium, ed aver scaricato Cassie per “le colpe di sua sorella”, causando di fatto quanto avverrà poco dopo sul palco, le responsabilità circa quanto avvenuto tra Cassie e Maddy sembrano quasi essere soltanto ascrivibili alle due ragazze (vere vittime delle incredibili capacità manipolatorie del ragazzo), mentre lui consegna finalmente alle autorità suo padre, molestatore in piena regola, quasi fosse un vigilante senza macchia e senza paura.
Una chiusura più che giusta per il personaggio di Cal, tra l’altro uno dei character secondari meglio scritti della serie e probabilmente miglior ruolo interpretato da Eric Dane nel corso della sua altalenante carriera di attore, ma anche una chiusura più che amara per Nate, che ora potrà aggiungere anche “procurato arresto del padre” ai suoi innumerevoli traumi infantili.

…MA ANCHE TANTA CONFUSIONE


Non soltanto risse, capocciate sul muro e momenti di incredibile imbarazzo. Questo finale di Euphoria è anche, e soprattutto, un momento per i personaggi per tirare le somme di quanto avvenuto in questo secondo arco narrativo.
Il percorso di Rue arriva qui a quello che parrebbe essere un finale ricco di speranza. Speranza già assaporata, per un breve lasso di tempo, anche nel corso della prima stagione, prima che poi la situazione degenerasse nuovamente inghiottendo Rue in una spirale di dipendenza e delinquenza che ora sembrerebbe essere temporaneamente messa alle spalle.
Se da una parte quel bacio finale dato a Jules riempie il cuore dello spettatore di speranze (a maggior ragione dopo i momenti intimi dedicati a Rue, prima ripercorrendo il momento dell’elogio funebre al padre e passando per i confronti con Elliot e Lexi) dall’altra sembra quasi dover distrarre lo spettatore dalla scrittura un po’ frammentata del percorso stagionale del personaggio. In particolare, che fine ha fatto tutta la parentesi crime relativa al kingpin e all’aura di pericolosità che per un attimo ha completamente avvolto l’esistenza di Rue mettendola in serio pericolo di vita? Perché aprire un arco narrativo simile per poi accantonarlo completamente in virtù dello spettacolo di Lexi? Soprattutto considerando che, per quanto riguarda Rue almeno, la recita non ha portato alla luce granché di nuovo sulla sua vita, riproponendo invece dinamiche ed avvenimenti in qualche modo già conosciuti dal pubblico.
Sicuramente, o almeno si spera, questa parte tornerà in auge nella terza stagione, magari nell’ottica di un’eventuale dipartita del personaggio interpretato da Zendaya (tra speranza e morte violenta, almeno tenendo conto dello stile dello show, la seconda sembra una conclusione più coerente per il percorso di Rue) proprio a causa dei suoi legami con il crimine organizzato. Nel frattempo, però, lo show sembra aver preferito puntare sulla componente più umana del racconto per chiudere la sua stagione, concentrando tutta la parte più tragica ed ansiogena nella storyline dedicata a Fez ed Ash, la parte migliore dell’episodio, e lasciando invece a Rue la parte più introspettiva del racconto.
E mentre sul palco la gente urla e si mena, la commedia esce un attimo dai binari e Sam Levinson utilizza minuti preziosi per proporre allo spettatore un intermezzo musicale senza la benché minima utilità, se non quella di spezzare la tensione del momento, durante il quale Elliot, o meglio Dominic Fike, conquista tutte le teenager in ascolto con il suo look da poeta maledetto combinato ad una voce angelica in stile Ed Sheeran. Ottimo contenuto da postare su YouTube e sicuro risveglio sessuale per un gran numero di adolescenti di ambedue i sessi ma, a parte questo, parentesi tranquillamente evitabile.
Proprio come lo spettacolo di Lexi, anche questa seconda stagione ha risentito, nel finale, di una risoluzione un po’ disordinata e sconnessa, e purtroppo pare che le tempistiche (e una gestione non perfetta delle stesse) abbiano in qualche modo portato la serie a prediligere la messa in scena e l’immersione spettatoriale piuttosto che la risoluzione degli interrogativi finora sollevati: chi è il misterioso bambino comparso nella foto di famiglia Jacobs? Rue alla fine come ha risolto la questione della droga scaricata nel water dalla madre? La kingpin non aveva detto che l’avrebbe venduta a gente molto cattiva nel caso qualcosa fosse andato storto? Cosa si nasconde dietro la porta chiusa a chiave nella casa di Laurie?
Tutti interrogativi che probabilmente troveranno una risposta nella prossima stagione, ma che per il momento non fanno altro che evidenziare una gestione non proprio ideale del racconto, che predilige la cover indie su YouTube alla progressione narrativa nel suo insieme.

ASHES TO ASHES


La conclusione della recensione non può che essere dedicata al segmento narrativo più coinvolgente e meglio girato dell’intero episodio (e forse dell’intera serie), quello dedicato a Fez ed Ash. Quella che si presentava, nello scorso episodio, come una bomba pronta ad esplodere da un secondo all’altro, non ha deluso le aspettative, trasformandosi in un vero e proprio inferno familiare che, prevedibilmente, ha portato alla morte del piccolo Ash – la morte avviene off screen quindi, come l’esperienza insegna, non può ancora essere confermata al cento per cento – e al ferimento di suo fratello Fez, fisico ma soprattutto emotivo.
Il posto vuoto allo show di Lexi, soprattutto visto il genuino entusiasmo mostrato da Fez nei giorni precedenti alla messa in scena, aveva fatto intendere fin da subito che fosse accaduto qualcosa di grave al ragazzo, e infatti così è stato. Una regia nervosa e dall’altissimo tasso ansiogeno, unita alle interpretazioni magistrali di Angus Cloud e Javon Walton e ad una scrittura che – finalmente – mostra tutto il potenziale intrinseco della serie, regalano allo spettatore una buona mezz’ora di azione, sangue e lacrime come mai prima d’ora si era visto all’interno di Euphoria. La costruzione della tensione è a dir poco perfetta. Sebbene lo spettatore immagini fin da subito che da lì a poco il sipario calerà sui due fratelli, ogni urlo disperato di Fez lanciato agli agenti in tenuta anti-sommossa è come una coltellata al cuore, e l’uccisione a sangue freddo dell’agente con conseguente mirino rosso diretto alla fronte di Ash rappresenta il classico momento di “apnea”, durante il quale le speranze dello spettatore si scontrano inevitabilmente con la cruda rappresentazione della realtà di Euphoria.
Lo sparo e la morte off screen di Ash rappresentano così soltanto un modo per spostare l’attenzione sul dolore di Fez, sanguinante sul pavimento e consapevole del fatto di non essere riuscito a proteggere suo fratello, vittima fino alla fine di un’esistenza che lo ha privato prima della sua infanzia e poi del suo futuro, in un mondo che non tiene conto di quanto tragica possa essere stata la tua vita prima di infliggerti il colpo di grazia.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il momento iper-cringe di Cassie che interrompe la recita (Sidney Sweeney magistrale)
  • La capocciata sul muro di Cassie
  • Tutta la parte relativa a Fez e Ash
  • L’arresto di Cal
  • Il bacio di Rue a Jules prima di andare via
  • Elliot e il suo momento Ed Sheeran
  • Broadway spostati che arriva Lexi
  • Ma la parentesi crime di Rue? Che fine ha fatto?

 

Un finale di stagione tutt’altro che perfetto, ma che riesce comunque a coinvolgere lo spettatore grazie soprattutto alla porzione di trama dedicata a Fez ed Ash. Euphoria chiude il suo percorso stagionale con la promessa di tornare per una terza stagione e, palesi difetti di scrittura ed eccessiva frammentazione narrativa a parte, ci si trova di fronte ad uno dei migliori teen drama di sempre, questo è innegabile. La sensazione è che, seguendo l’onda del successo, lo show abbia perso un po’ della sua genuinità, piegandosi in più di un’occasione al volere del suo stesso pubblico. A prescindere da tutto, comunque, sono veramente pochi gli show in grado di coinvolgere in maniera così viscerale i propri spettatori, e a volte questo basta ad ovviare ad eventuali lacune nella scrittura o a momenti acchiappa-like come l’inutile serenata di Elliot. Un grazie quindi ad Angus Cloud e Javon Walton, veri eroi di questo episodio e unica vera ragione dietro al Thank dato a questo season finale.

 

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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