Fear The Walking Dead è una serie nelle cui recensioni scatta da sempre l’inevitabile paragone con la sua serie madre. Questo particolare (e la serie di commenti probabilmente ripetitivi che caratterizzano il resto delle recensioni) ha spinto la redazione di RecenSerie ad un nuovo sistema di stesura. Lo sparuto team di superstiti che ancora persevera nel recensire suddetta serie svolgerà un lavoro cooperativo. I lettori avranno modo di seguire un’interazione spesso negata dalla scrittura distaccata delle restanti recensioni. I tre recensori (Martin, Fabrizio, e Valerio) interagiranno tra loro, instaurando una dialettica che, con la forma del dialogo (anzi, del trialogo), punterà a commentare questa sesta stagione di Fear The Walking Dead. Ogni settimana uno dei tre recensori assumerà il ruolo di “intervistatore” stuzzicando gli altri due con tematiche e punti di interesse individuati durante la visione.
Fabrizio: Morgan che cerca di trovare un accordo con un suo ex alleato per cercare di far uccidere qualcuno dei suoi nell’ennesima missione suicida contro qualche accampamento di pazzi psicopatici; Daniel dietro le sbarre che parla con un gatto che si chiama letteralmente “sgommata” (e non quella dei pneumatici); operazioni di recupero di attrezzature mediche inspiegabilmente ancora funzionanti. Tuffo nel passato o tentativo di propinare allo spettatore sempre la stessa roba nella speranza (anzi, con la certezza) che nessuno si ricordi nulla?
Martin: Francamente ho trovato sorprendentemente positivi i primi 15 minuti, quando c’era ancora una trama interessante e le classiche cose a caso (vedasi l’assenza di una qualsiasi persona che ha visto Daniel portare via decine di armi) non si erano ancora palesate. Poi tutto è crollato come un castello di carte di fronte ad un venticello leggero, in puro stile Fear The Walking Dead. Quindi direi: un altro bel tentativo fallito di propinare qualcosa di nuovo, specie con una June in versione psichiatra.
Valerio: Il problema è quello di cui parlavo la settimana scorsa: troppi personaggi seminati nel corso del tempo a cui è stata data importanza relativa. Di conseguenza ora bisogna ogni tanto dedicargli un po’ di spazio senza mai esagerare per non trascurare gli altri. Ecco quindi l’insignificanza del tutto.
Fabrizio: Daniel mi piaceva di più quando era un torturatore certificato che nel tempo libero tagliava i capelli alla gente, ora sembra il vecchio con l’Alzheimer che si aggira confuso per il paese dando cibo ai gatti randagi. C’è una ragione per la quale Morgan avrebbe dovuto lasciare a lui la gestione dell’accampamento in sua assenza e non letteralmente a CHIUNQUE altro? A maggior ragione con Grace pronta a sgravare da un momento all’altro.
Martin: Penso sia l’ennesima riprova di quanto importante sia Dwight per gli sceneggiatori.
Valerio: Si va per anzianità di servizio all’interno dello show. Le alternative erano Alicia che non si vede mai e Strand che però sinceramente non mi pare il caso.
Fabrizio: Nel momento in cui ho scritto la domanda precedente non avevo idea che Daniel avesse davvero un accenno di demenza senile (non sembra esattamente psicologico come dice June, ma poco importa). Detto ciò, era davvero necessario dedicare una puntata intera al nonno che va a stare in casa di riposo perché “figli e nipoti” non hanno più voglia di accudirlo?
Martin: Mi piace pensare che stiano letteralmente sfruttando una qualsiasi idea che non è stata ancora vista nei 153 episodi di The Walking Dead o nelle precedenti 78 puntate di questa serie. I prossimi episodi li vedo a tema: sitcom, supereroi e CSI. Così, giusto per dare nuove idee agli imbarazzanti showrunner di nome Andrew Chambliss e Ian B. Goldberg.
Valerio: Si è parlato moltissimo di birre, ricordiamolo, un personaggio si può anche rincoglionire.
Fabrizio: Guardando indietro agli episodi che ci hanno condotto a questo punto della stagione, cosa ne pensate di questa sesta stagione di Fear? Finora c’è stato qualche episodio che abbia effettivamente aggiunto qualcosa alla narrazione? Perché l’impressione è che si stia temporeggiando in attesa di un momento clou che, molto probabilmente, non arriverà mai. Voi che ne pensate?
Martin: Non ricordandomi cosa è accaduto nella prima parte di stagione, sono probabilmente ancora l’unica persona shockata per la morte di John e per il suo trattamento ignobile. Pensavo che quello fosse il vero momento clou ma invece mi sbagliavo chiaramente, forse nel season finale verrà rivelato che Morgan è il Messia salvatore di tutti, o magari ha l’Alzheimer pure lui.
Valerio: L’unica cosa positiva della stagione è il tentativo di mettere ordine nel parco personaggi e di ricreare attesa verso dei villain specifici su cui è stato creato un certo alone di mistero. Ma per fare questo sono passati tantissimi inutili minuti.
Fabrizio: Una volta per uccidere uno zombie bisognava conficcare un coltello o una pallottola nel loro cervello. Com’è che adesso basta prenderli a sediate in faccia? O forse ad ucciderlo è stato tutto il trash contenuto in quel “Take a seat” pronunciato da Sarah Rabinowitz (non so se ricordavate quale fosse il nome della camionista, ebbene, è proprio questo)?
Martin: Ormai la monotonia di uccidere zombie con proiettili o col machete è ridondante, per cui si provano cose nuove per tenersi indaffarati, tipo le sedie. Non vedo l’ora che si arrivi ad usare delle culle o delle pentole da cucina.
Valerio: Bella l’idea degli zombie colpiti in testa dall’idiozia dello stesso show di cui fanno parte. Molto meta.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.