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Quando si parla di questa prima stagione di Feud, il primo errore che si può commettere è quello di considerarla incentrata sulla faida tra due grandissime attrici della vecchia Hollywood, Joan Crawford e Bette Davis, durante le riprese del film “Che Fine Ha Fatto Baby Jane?”. Questa risposta, infatti, non rende affatto giustizia al prodotto di Ryan Murphy che, dopo soli tre episodi, riesce ad imporsi come uno dei prodotti più significativi di quest’annata e dimostra di voler puntare a fare molto più di quanto scritto poche righe fa.
Feud vuole essere l’affresco di un’epoca, di un determinato periodo storico, vuole essere una voce critica della generalmente incensata vecchia Hollywood, vuole, soprattutto, raccontare e analizzare la vita di queste grandissime artiste. Nel fare tutto questo, le riprese del celebre film di Robert Aldrich è soltanto un pretesto, un espediente narrativo (non a caso, con cinque episodi ancora da mandare in onda, le riprese sono già finite). Il set, infatti, è il luogo dove le situazioni si creano o vengono mostrate, ma è fuori dal set che se ne vedono i veri sviluppi. Prendiamo in considerazione i primissimi minuti, nei quali accadono due fatti che, seppur abbastanza trascurabili, danno il via a tutto quello che succede nel corso dell’episodio: B.D. prova a far fumare le due figlie di Joan e, mentre sfogliano le varie possibili attrici, Bette propone quasi involontariamente sua figlia per il ruolo della figlia dei vicini. Che essi facciano da filo conduttore lo si vede fin da subito, quando Joan entra nel camerino di Bette per riferirle della questione sigarette e Bette, cogliendo la palla al balzo, ne approfitta per invitarla a bere fuori, in modo da darle la notizia del ruolo di B.D. fuori dal set, evitando quindi scenate. Anche in questo caso, la motivazione ufficiale è usata dagli autori come un semplice pretesto per innescare qualcosa di molto più potente. Da un più o meno innocuo small talk, condito qua e là con qualche frecciatina, si finisce a parlare in sincerità della propria infanzia e della propria vita.
Pur conoscendole di nome, pochi spettatori avranno un’idea ben definita delle vere Joan Crawford e Bette Davis; per questo motivo, si affida a quanto visto nelle prime due puntate. Alla luce di ciò, Joan è apparsa più fragile e composta (nonostante si sia ubriacata ai Golden Globe), mentre Bette più sfrontata. Questa descrizione veniva confermata anche dal diverso rapporto che le due hanno con le proprie figlie: severa ed esigente Joan, molto meno Bette. Questo scenario viene totalmente distrutto nel momento in cui, parlando di come questo suo atteggiamento derivi dal totale disinteresse che la madre provava nei suoi confronti, Joan parla con naturalezza e uno sguardo vagamente maligno del suo rapporto sessuale con il padrino a undici anni. Scena che, di per sé molto d’impatto, acquista ancora più forza grazie all’interpretazione magistrale di Jessica Lange, la quale riesce a mostrare in modo eccellente le molte sfaccettature della Crawford.
Le rivelazioni, ovviamente, sconvolgono Bette e lo spettatore, che non si aspettava assolutamente ciò da una persona che, nonostante alcune voci sul suo conto (ad onor del vero, all’epoca coinvolgevano quasi tutte le attrici e, per questo motivo, non sempre erano affidabili), si è sempre definita portatrice di valori morali solidissimi (a differenza di Bette e delle nuove star come la Monroe, come detto nel pilot ad Hedda Hopper). Questo suo aspetto, nascosto un po’ dalle sue fragilità nelle prime due puntate, trova ampio spazio in questo “Mommy Dearest”: dopo aver stretto una tregua con Bette, decide pochi giorni dopo di rivelare ad Hedda un inventato supporto di Bette per la sua candidatura a miglior attrice protagonista. Dichiarazione che scatena, ovviamente, un conflitto senza soluzione di continuità sul set, il quale si tramuta in sabotaggio del lavoro dell’altra, insulti più o meno velati e instaurazione di un clima lavorativo insostenibile, pregiudicando anche la buona riuscita del film, in questo senso, la scena sulla spiaggia, e le relative dichiarazioni ad Hedda, nella quale affibbia a Bette i suoi comportamenti assurdi e poco professionali, sono quanto di più emblematico ci possa essere a proposito del discorso fatto fino ad ora.
Come detto in precedenza, però, Ms. Crawford ha una personalità molto complicata. A questa sua spiccata ipocrisia continuano dunque ad affiancarsi altre peculiarità, come l’affetto per le sue figlie e il rispetto che nutre, nonostante tutto, per la rivale. Pensandoci bene, prima di riferire quelle illazioni sulla nomination agli Oscar, lei aveva detto a Hedda di non voler diffamare la collega, perché sapeva benissimo le difficoltà dell’essere una madre single ad Hollywood, cosa che la giornalista non può capire, non avendo figli. Effettivamente, Hedda non lo può capire, appare fredda, distaccata e insensibile nei confronti di tutto. In lei, insomma, traspaiono soltanto i lati negativi delle due grandi attrici, mentre quelli positivi mancano del tutto. Cosa la distingue da Bette e Joan, oltre al non avere i figli? Lei, essendo giornalista, si limita a tramare nell’ombra, a diffondere rumor e voci di corridoio volte a destabilizzare ogni ambiente lavorativo, a far scoppiare rivalità che le permetteranno di scriverne per settimane. È senza scrupoli, e non è neanche una vera amica, andando dalla Davis e proponendole di parlare male della Crawford. I suoi affondi, inoltre, riguardano anche le scarse capacità recitative di B.D, che fanno andare Bette su tutte le furie e le fanno pronunciare una frase estremamente infelice proprio mentre la ragazza si trova dietro di lei. Questa uscita, se presa singolarmente, potrebbe anche essere dimenticata dalla giovane, ma in questo caso rappresenta soltanto una tessera di un puzzle più grande.
Oltre ad aver affrontato i difetti della protagonista di “Mildred Pierce”, lo show non ha lesinato nel mostrare anche quelli della sua acerrima nemica. Il grande problema di Bette è rappresentato dal suo più grande dono: lei è estremamente brava nel recitare e, per questo, ama il talento. Amore che la porta, dunque, ad apprezzare l’eccellente Victor Buono (nonostante le perplessità iniziali ma, allo stesso tempo, a non considerare più la ben meno talentuosa B.D, tanto da decidere di ripassare le scene con il futuro candidato all’Oscar piuttosto che con la figlia. La conversazione con Buono, inoltre, mostra ancora una volta una certa indelicatezza ed egoismo da parte sua, soprattutto quando si parla della madre dell’attore. Era abbastanza improbabile pensare che una signora nata all’inizio del 1900 potesse supportate l’omosessualità del figlio. C’è la sensazione, inoltre, che tutto quel discorso sia stato fatto per arrivare al punto “Le madrei dovrebbero sempre supportare i figli”, sottintendo “Come faccio io”
Bette, però, non è una cattiva madre, in quanto vuole bene a B.D (come mostrato anche in una delle scene finali) e cerca in tutti i modi di stabilire un rapporto con Margot, la sua figlia con bisogni speciali. È, inoltre, una buona amica, perché non esita neanche un momento per usare la sua fama e far scarcerare Victor. (vista la differenza di età, si potrebbe quasi dire che lei si sia si sia sostituita alla figura materna, aiutandolo e capendolo come dovrebbe fare una madre).
La presenza di queste tematiche sociali mostrano chiaramente, una volta di più, la volontà di narrare e raccontare il periodo che si trova a metà tra la fine del maccartismo e le grandi poteste degli anni Sessanta, che riguardarono moltissimi aspetti, come la libertà di parola (protesta degli studenti di Berkeley nel 1964), fine della segregazione razziale, diritto di voto per gli afroamericani (era negato loro in alcuni Stati, soprattutto del Sud), opposizione alla guerra in Vietnam e parità di diritti tra uomo e donna. I grandi protagonisti di quelle proteste furono ragazzi e ragazze che avevano più o meno la stessa età delle due figlie di Joan, nate nel 1947. Essendo a conoscenza di questo fatto, si può capire subito quanto l’educazione vecchio stile che la madre sta impartendo loro verrà ben presto spazzata via da una delle rivolte giovanili, in quanto ad ideali e modo di vivere, le più significative e rilevanti che la storia ricordi.
Joan Crawford è nata in Texas, uno degli Stati americani più conservatori, ed ha passato gran parte della sua gioventù in un collegio gestito dalle suore, quindi non c’è affatto da stupirsi di questa sua strategia educativa (inoltre, come detto anche in precedenza, è influenzata anche da sua madre), che consiste nell’insegnare loro a cucire e cucinare (mentre le proteste di qualche anno dopo avrebbero ridefinito totalmente il ruolo della donna) e nel non inviare i fiori alla figlia più grande (che esordiva a teatro) senza aver prima letto recensioni positive sui giornali. Così come Bette, però, Joan non è una cattiva madre; alla fine, decide di inviare i fiori a Christina e, quando le due gemelline partono per il campeggio, inizia a piangere perché si rende conto che presto cresceranno e lasceranno definitivamente la casa, lasciandola sola (non proprio sola, in realtà, visto che Mamacita è sempre al suo fianco).
Il titolo, “Mommy Dearest”, si è rivelato dunque un manifesto di intenti di questo episodio, volto ad analizzare le due protagoniste dal punto vista del loro ruolo più difficile, ma spesso dimenticato, quello di madri single. L’intento è pienamente riuscito, grazie a una sceneggiatura sopraffina e a una recitazione sublime. Se tutto va come dovrebbe andare, ai prossimi Emmy FX potrebbe vedere l’ennesimo derby per quanto riguarda i premi dedicati alle miniserie; esattamente come l’anno scorso, potrebbe esserci lo scontro tra Noah Hawley (con la terza stagione di Fargo e, presumibilmente, con Legion, che però gareggerà in un’altra categoria, quella delle serie) e Ryan Murphy (all’epoca con American Crime Story, ora con Feud). L’altra volta Murphy stravinse (Fargo non vinse neanche un premio), e sembra avere tutte le intenzioni di bissare il trionfo.
Feud vuole essere l’affresco di un’epoca, di un determinato periodo storico, vuole essere una voce critica della generalmente incensata vecchia Hollywood, vuole, soprattutto, raccontare e analizzare la vita di queste grandissime artiste. Nel fare tutto questo, le riprese del celebre film di Robert Aldrich è soltanto un pretesto, un espediente narrativo (non a caso, con cinque episodi ancora da mandare in onda, le riprese sono già finite). Il set, infatti, è il luogo dove le situazioni si creano o vengono mostrate, ma è fuori dal set che se ne vedono i veri sviluppi. Prendiamo in considerazione i primissimi minuti, nei quali accadono due fatti che, seppur abbastanza trascurabili, danno il via a tutto quello che succede nel corso dell’episodio: B.D. prova a far fumare le due figlie di Joan e, mentre sfogliano le varie possibili attrici, Bette propone quasi involontariamente sua figlia per il ruolo della figlia dei vicini. Che essi facciano da filo conduttore lo si vede fin da subito, quando Joan entra nel camerino di Bette per riferirle della questione sigarette e Bette, cogliendo la palla al balzo, ne approfitta per invitarla a bere fuori, in modo da darle la notizia del ruolo di B.D. fuori dal set, evitando quindi scenate. Anche in questo caso, la motivazione ufficiale è usata dagli autori come un semplice pretesto per innescare qualcosa di molto più potente. Da un più o meno innocuo small talk, condito qua e là con qualche frecciatina, si finisce a parlare in sincerità della propria infanzia e della propria vita.
Pur conoscendole di nome, pochi spettatori avranno un’idea ben definita delle vere Joan Crawford e Bette Davis; per questo motivo, si affida a quanto visto nelle prime due puntate. Alla luce di ciò, Joan è apparsa più fragile e composta (nonostante si sia ubriacata ai Golden Globe), mentre Bette più sfrontata. Questa descrizione veniva confermata anche dal diverso rapporto che le due hanno con le proprie figlie: severa ed esigente Joan, molto meno Bette. Questo scenario viene totalmente distrutto nel momento in cui, parlando di come questo suo atteggiamento derivi dal totale disinteresse che la madre provava nei suoi confronti, Joan parla con naturalezza e uno sguardo vagamente maligno del suo rapporto sessuale con il padrino a undici anni. Scena che, di per sé molto d’impatto, acquista ancora più forza grazie all’interpretazione magistrale di Jessica Lange, la quale riesce a mostrare in modo eccellente le molte sfaccettature della Crawford.
Le rivelazioni, ovviamente, sconvolgono Bette e lo spettatore, che non si aspettava assolutamente ciò da una persona che, nonostante alcune voci sul suo conto (ad onor del vero, all’epoca coinvolgevano quasi tutte le attrici e, per questo motivo, non sempre erano affidabili), si è sempre definita portatrice di valori morali solidissimi (a differenza di Bette e delle nuove star come la Monroe, come detto nel pilot ad Hedda Hopper). Questo suo aspetto, nascosto un po’ dalle sue fragilità nelle prime due puntate, trova ampio spazio in questo “Mommy Dearest”: dopo aver stretto una tregua con Bette, decide pochi giorni dopo di rivelare ad Hedda un inventato supporto di Bette per la sua candidatura a miglior attrice protagonista. Dichiarazione che scatena, ovviamente, un conflitto senza soluzione di continuità sul set, il quale si tramuta in sabotaggio del lavoro dell’altra, insulti più o meno velati e instaurazione di un clima lavorativo insostenibile, pregiudicando anche la buona riuscita del film, in questo senso, la scena sulla spiaggia, e le relative dichiarazioni ad Hedda, nella quale affibbia a Bette i suoi comportamenti assurdi e poco professionali, sono quanto di più emblematico ci possa essere a proposito del discorso fatto fino ad ora.
Come detto in precedenza, però, Ms. Crawford ha una personalità molto complicata. A questa sua spiccata ipocrisia continuano dunque ad affiancarsi altre peculiarità, come l’affetto per le sue figlie e il rispetto che nutre, nonostante tutto, per la rivale. Pensandoci bene, prima di riferire quelle illazioni sulla nomination agli Oscar, lei aveva detto a Hedda di non voler diffamare la collega, perché sapeva benissimo le difficoltà dell’essere una madre single ad Hollywood, cosa che la giornalista non può capire, non avendo figli. Effettivamente, Hedda non lo può capire, appare fredda, distaccata e insensibile nei confronti di tutto. In lei, insomma, traspaiono soltanto i lati negativi delle due grandi attrici, mentre quelli positivi mancano del tutto. Cosa la distingue da Bette e Joan, oltre al non avere i figli? Lei, essendo giornalista, si limita a tramare nell’ombra, a diffondere rumor e voci di corridoio volte a destabilizzare ogni ambiente lavorativo, a far scoppiare rivalità che le permetteranno di scriverne per settimane. È senza scrupoli, e non è neanche una vera amica, andando dalla Davis e proponendole di parlare male della Crawford. I suoi affondi, inoltre, riguardano anche le scarse capacità recitative di B.D, che fanno andare Bette su tutte le furie e le fanno pronunciare una frase estremamente infelice proprio mentre la ragazza si trova dietro di lei. Questa uscita, se presa singolarmente, potrebbe anche essere dimenticata dalla giovane, ma in questo caso rappresenta soltanto una tessera di un puzzle più grande.
Oltre ad aver affrontato i difetti della protagonista di “Mildred Pierce”, lo show non ha lesinato nel mostrare anche quelli della sua acerrima nemica. Il grande problema di Bette è rappresentato dal suo più grande dono: lei è estremamente brava nel recitare e, per questo, ama il talento. Amore che la porta, dunque, ad apprezzare l’eccellente Victor Buono (nonostante le perplessità iniziali ma, allo stesso tempo, a non considerare più la ben meno talentuosa B.D, tanto da decidere di ripassare le scene con il futuro candidato all’Oscar piuttosto che con la figlia. La conversazione con Buono, inoltre, mostra ancora una volta una certa indelicatezza ed egoismo da parte sua, soprattutto quando si parla della madre dell’attore. Era abbastanza improbabile pensare che una signora nata all’inizio del 1900 potesse supportate l’omosessualità del figlio. C’è la sensazione, inoltre, che tutto quel discorso sia stato fatto per arrivare al punto “Le madrei dovrebbero sempre supportare i figli”, sottintendo “Come faccio io”
Bette, però, non è una cattiva madre, in quanto vuole bene a B.D (come mostrato anche in una delle scene finali) e cerca in tutti i modi di stabilire un rapporto con Margot, la sua figlia con bisogni speciali. È, inoltre, una buona amica, perché non esita neanche un momento per usare la sua fama e far scarcerare Victor. (vista la differenza di età, si potrebbe quasi dire che lei si sia si sia sostituita alla figura materna, aiutandolo e capendolo come dovrebbe fare una madre).
La presenza di queste tematiche sociali mostrano chiaramente, una volta di più, la volontà di narrare e raccontare il periodo che si trova a metà tra la fine del maccartismo e le grandi poteste degli anni Sessanta, che riguardarono moltissimi aspetti, come la libertà di parola (protesta degli studenti di Berkeley nel 1964), fine della segregazione razziale, diritto di voto per gli afroamericani (era negato loro in alcuni Stati, soprattutto del Sud), opposizione alla guerra in Vietnam e parità di diritti tra uomo e donna. I grandi protagonisti di quelle proteste furono ragazzi e ragazze che avevano più o meno la stessa età delle due figlie di Joan, nate nel 1947. Essendo a conoscenza di questo fatto, si può capire subito quanto l’educazione vecchio stile che la madre sta impartendo loro verrà ben presto spazzata via da una delle rivolte giovanili, in quanto ad ideali e modo di vivere, le più significative e rilevanti che la storia ricordi.
Joan Crawford è nata in Texas, uno degli Stati americani più conservatori, ed ha passato gran parte della sua gioventù in un collegio gestito dalle suore, quindi non c’è affatto da stupirsi di questa sua strategia educativa (inoltre, come detto anche in precedenza, è influenzata anche da sua madre), che consiste nell’insegnare loro a cucire e cucinare (mentre le proteste di qualche anno dopo avrebbero ridefinito totalmente il ruolo della donna) e nel non inviare i fiori alla figlia più grande (che esordiva a teatro) senza aver prima letto recensioni positive sui giornali. Così come Bette, però, Joan non è una cattiva madre; alla fine, decide di inviare i fiori a Christina e, quando le due gemelline partono per il campeggio, inizia a piangere perché si rende conto che presto cresceranno e lasceranno definitivamente la casa, lasciandola sola (non proprio sola, in realtà, visto che Mamacita è sempre al suo fianco).
Il titolo, “Mommy Dearest”, si è rivelato dunque un manifesto di intenti di questo episodio, volto ad analizzare le due protagoniste dal punto vista del loro ruolo più difficile, ma spesso dimenticato, quello di madri single. L’intento è pienamente riuscito, grazie a una sceneggiatura sopraffina e a una recitazione sublime. Se tutto va come dovrebbe andare, ai prossimi Emmy FX potrebbe vedere l’ennesimo derby per quanto riguarda i premi dedicati alle miniserie; esattamente come l’anno scorso, potrebbe esserci lo scontro tra Noah Hawley (con la terza stagione di Fargo e, presumibilmente, con Legion, che però gareggerà in un’altra categoria, quella delle serie) e Ryan Murphy (all’epoca con American Crime Story, ora con Feud). L’altra volta Murphy stravinse (Fargo non vinse neanche un premio), e sembra avere tutte le intenzioni di bissare il trionfo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Dopo due episodi di pregevolissima fattura, Feud decide di alzare ulteriormente il tiro, regalando agli spettatori cinquanta minuti di televisione di altissimo livello. Ringraziare sarebbe troppo poco, Jessica Lange, Susan Sarandon e Ryan Murphy meritano tutte le benedizioni del mondo.
The Other Woman 1×02 | 1.32 milioni – 0.3 rating |
Mommy Dearest 1×03 | 1.08 milioni – 0.3 rating |
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.