Foundation 1×10 – The LeapTEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Foundation 1x10Adattare una saga letteraria non è certamente un compito facile, soprattutto se si tratta di un caposaldo del genere fantascientifico come la Fondazione di Asimov. Un’opera mastodontica che difficilmente può essere rappresentata in un’unica stagione di soli dieci episodi.
Non a caso, questa puntata finale lascia aperta più di una porta per altrettanti approfondimenti nelle prossime stagioni. Si può infatti considerare tutta questa prima stagione come un immenso prologo alle “vere” vicende della civiltà di Terminus e della sua leader Salvor Hardin (l’immensa Leah Harvey, vera protagonista della storia). E quindi che senso ha avuto sorbirsi questi dieci episodi? Al contrario di Vasco Rossi (per fortuna), un senso ce l’ha avuto eccome.

TRA SCIENZA E FEDE


Foundation è una riflessione sulla storia umana, e in particolare sul rapporto fra umano e divino. Un divino che in molti cercano di padroneggiare, facendone, appunto, una scienza. Dopotutto la Psicostoria, mirabilmente edotta dal lungo discorso/monologo iniziale di Hari Seldon (l’altrettanto immenso Jared Harris), altro non è che un cercare, attraverso i dati, di dare ordine ad un caos. E lo fa però con un tono e un messaggio che è puramente messianico.
Lo stesso atteggiamento di Hari Seldon nei confronti degli abitanti di Terminus ricalca quello di Gesù Cristo:

  • un’apparizione improvvisa;
  • un grande messaggio di speranza per l’umanità con la scelta di un esercito (i popoli di Terminus) e di un profeta (Salvor Hardin) per annunciare la “buona novella”;
  • l’ascesa finale con la promessa di un ritorno.

Tutto questo in un periodo storico in cui i dati (i cosiddetti Big Data) sono considerati il futuro della scienza e trattati alla stregua di un messaggio religioso da decifrare. In questo sta la contemporaneità della serie di David S. Goyer, che riesce, in questo modo, a rileggere l’opera di Asimov e a renderla un’importante riflessione sul presente. Questo a costo di renderla fin troppo dialogica e “prolissa” (di fatto il vero finale di stagione era il precedente “The First Crisis”, questo episodio non fa che seguirne il prevedibile sviluppo), finora l’unico vero difetto presente.

LA QUADRATURA DEL CERCHIO


L’episodio, infatti, è parco di vere e proprie rivelazioni. Che Salvor Hardin fosse la figlia naturale di Gaal era abbastanza evidente e, in realtà, molte delle “rivelazioni” di questa storyline erano già state ampiamente svelate nel precedente episodio. Rimangono solo alcuni dubbi che però riguardano il fattore esoterico-misterico dei poteri di Salvor che solo la Fede (e la pazienza degli spettatori) potranno (forse) risolvere nelle prossime stagioni.
Meno banale poteva essere la storyline riguardante i tre Cloni di Cleon I, ma anche quella, di fatto, si è rivelata abbastanza prevedibile. Ciò non toglie che la tragica fine di Brother Dawn susciti un certo effetto nello spettatore, soprattutto per come viene costruita a livello di empatia. Ha inoltre il merito di rivelare la vera identità di Demerzel, una grande rivelazione soprattutto per chi ha letto l’opera di Asimov e aspettava questo momento fin dall’inizio. Anche in questo caso, lo scopo della storyline è indagare sul rapporto fra umano e divino, che in questo caso si traduce in un rapporto malsano, con uno scontro aperto fra divinità disposte al cambiamento (Brother Day) e altre ancora legate a logiche da Antico Testamento (Brother Dusk). Un mondo in bilico e polarizzato, quindi prossimo alla caduta.

UN FANTASY FANTASCIENTIFICO?


Già da queste due storyline si capisce come il modello scelto sia quello di Game Of Thrones. Non può essere altrimenti visto che questa serie rappresenta il modello per qualsiasi adattamento letterario di un’opera mastodontica. Soprattutto se l’opera in questione è difficilmente adattabile per via della sua “verbosità”.
Il lato “soap-operistico” della vicenda la fa evidentemente da padrone, e certamente in molti avranno storto il naso per le libertà prese da Goyer e soci in merito ai romanzi originali. Ma, a conti fatti, si può dire che l’esperimento sia riuscito. Foundation pone domande e riflessioni importanti sul potere e soprattutto sul “racconto del potere”, ed è, allo stesso tempo, una riflessione sul libero arbitrio e sulla natura umana. Il tutto in una cornice di intrighi e lotte di potere, usufruendo di tutti gli insegnamenti che Il Viaggio Dell’Eroe di Vogler può dare in questi casi.
Ora il tutto sta nel vedere come si evolverà questo progetto (che ha finora mostrato solo alcune delle sue potenzialità) sperando che non faccia la fine del suo illustre predecessore.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Regia e cast (tutto)
  • Monologo iniziale di Jared Harris
  • Fine di Brother Dawn e vera natura di Demerzel
  • Tematiche importanti e quadratura del cerchio di questa prima stagione
  • Alcuni dialoghi eccessivamente prolissi
  • Di fatto una “costola” di “The First Crisis”

 

Un finale che è un po’ una costola dell’episodio precedente, ma che risulta comunque necessario per chiarire il percorso compiuto in questa prima stagione e i prossimi obiettivi della serie. Serie che, allo stato attuale delle cose, ha tutte le potenzialità (e le ambizioni) per diventare un “Game Of Thrones” di stampo fantascientifico.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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