R: “If there was another way…”
A: “Oh, but come on, there’s always another way, mate”
Ci sono serie tv che hanno un grandissimo potenziale, lo sfruttano e diventano pietre miliari; ce ne sono altre che hanno un’idea di base molto interessante, un mondo da cui attingere pazzesco e diversi spettatori incuriositi, pronti a tutto per vedere tal prodotto e che, purtroppo, ad un certo punto sono costretti ad accontentarsi. Il caso emblematico di Gotham ci ricorda quanto è amara la sensazione di credere in una storia, perché si ispira all’universo che ami fin da bambino, che conosci meglio di casa tua, anche se vivi in un monolocale di ventotto metri quadrati, e alla puntata diciassette ti rendi conto che hai preso una sberla in pieno viso. Tutta questa introduzione per dire che, anche se ci sono delle migliorie che soddisfano in parte la visione della puntata, in fondo la delusione resta cocente.
Analizzando “Red Hood”, ci si accorge sempre dei soliti problemi: i difetti di scrittura sono lampanti e rendono ridicoli i tentativi di dare credibilità alla serie stessa. Il tizio che piazza il fumogeno in banca, rendendosi facilmente rintracciabile, o il cappuccio rosso del titolo (una prova per la polizia) lasciato li a fine puntata senza che nessuno se ne accorga; per alcuni potranno sembrare minuzie forse, ma noi di Recenserie non possiamo assolvere queste facilonerie, soprattutto perché minano, inevitabilmente, la qualità di ciò che stiamo vedendo.
Cosa ancora non ci convince? Tutto il capitolo su Fish: dove diavolo vogliono andare a parare? Miss Mooney, ancora con quel tremendo turbante sulla testa, ha un faccia a faccia con l’amministratore dell’ospedale dove è tenuta prigioniera e in un’impeto azzardatissimo, si cava un occhio con un cucchiaio: bleah. Ok Heller & Co., volete farci capire una volta di più quanto la signorina sia cazzuta, impressionandoci con questa scena splatter ma, a meno di una svolta importante e di collegamento con il resto delle storyline, ci state riuscendo male.
Per fortuna non tutto è da buttare, anzi: oltre alla nascita di Red Hood, importante nel Bat-Verse, ciò che è stato meglio gestito riguarda Penguin da una parte e Alfred dall’altra. Il sodalizio che sembra essersi instaurato tra Oswald e Butch è figlio delle torture subite da quest’ultimo da parte di quel pazzo spiritato di Victor ma non solo, visto che l’uomo sembra essersi dimenticato di chi rappresentasse Fish per lui. L’alcol rubato a Maroni è un pretesto per vedere i due ex nemici insieme e, in futuro, potrebbe essere interessante seguire le vicende di Penguin e Gilzean compagnoni.
La parte meglio riuscita della puntata si concentra a Wayne Manor. Fin dal primo episodio della serie, abbiamo subito notato quanto il personaggio di Alfred fosse differente rispetto alla sua controparte cinematografica e se ad alcuni poteva non piacere, pian piano è diventato uno dei personaggi meglio caratterizzati del serial. Il confronto tra lui e Reggie (David O’Hara), ci dice qualcosa di più sul maggiordomo e su ciò che ha vissuto come combattente; il passato di Alfred continua a rimanere avvolto dal mistero, anche se è evidente che qualcosa successo tempo prima continui ancora a tormentarlo. Il ruolo da “patrigno” nei confronti di Bruce risulta ancor più importante, perché vediamo nell’uomo, oltre al sincero affetto che lo lega al ragazzo, anche un senso di gratitudine per averlo salvato da una vita che lo stava trascinando nel baratro. Il vero momento che non ti aspetti, il plot twist dell’episodio, è legato proprio all’amico di Alfred e alla Wayne Enterprises ed è davvero ben realizzato e strutturato: l’accusa fatta al consiglio dal giovane in “The Blind Fortune Teller“, è stata presa più che seriamente e il risvolto arrivato questa settimana potrebbe rivelarsi la vera chicca delle ultime puntate, tutto sta nel non perdersi (ancora) nei soliti errori a cui Gotham ci ha abituati.
- La scena in cui il primo Red Hood lancia soldi alla folla è un omaggio al Joker di Jack Nicholson, comparso nel film Batman del 1989, in cui si intrattiene in una scena simile.
- Il personaggio di Reginald Payne non esiste nel fumetti ed è stato creato appositamente per lo show, con lo scopo di fornire un collegamento con il passato militare di Alfred. Tuttavia, curiosamente parlando, il personaggio condivide il nome con l’illustratore di Thomas the Tank Engine.
- Il vino che Alfred apre su consiglio di Bruce è datato 1966: lo stesso anno in cui Adam West e Burt Ward cominciarono a girare il primo tv serial di Batman; si, quello dalla iconica sigla.
- La scena di Barbara cerca di vestire meglio Selina, è un piccolo sguardo al futuro del personaggio. Quando la Kyle sarà Catwoman, sarà una donna piuttosto ricca e vestita sempre in modo elegante e sfarzoso; frequenterà addirittura gli ambienti più esclusivi dell’alta società Gothamita.
- Jeffrey Combs, guest star dell’episodio che interpreta un manager d’ufficio, non è nuovo al mondo di Batman. Di fatti, nella storia serie animata del Pipistrello targata 1992, l’attore da la voce allo Spaventapasseri.
- Il nome del dottore che vuole (in questo caso, voleva) gli occhi di Fish, Dulmacher, non è altri che un nome storpiato di “Dollmaker”. In Gotham non è un personaggio nuovo e l’avevamo visto muovere i primi passi nel secondo episodio intitolato “Selina Kyle“.
Il primo ad indossare il Cappuccio Rosso è stata la nemesi per eccellenza di Batman: il Joker. Di fatti, come narrato in Batman: The Killing Joke (una delle tante storie in cui viene raccontata l’origine, per il momento ancora segreta, del Joker), si pensa che prima di diventare uno scolorito psicopatico dai capelli verdi, il Joker fosse un comico fallito e perennemente in bolletta; a corto di soldi e con un figlio in arrivo, il pre-Joker accetta di fare da spalla ad un manipolo di brutti ceffi per racimolare soldi facili durante un colpo criminale. È proprio in questa occasione che i due vestono il pre-Joker con un cappuccio rosso, proprio per evitare che venga riconosciuto; ma durante il colpo incontrano inaspettatamente Batman, che mette fuori gioco i criminali e fa cadere il comico in una vasca di prodotti chimici di scarto: caduta mortale che lo trasformerà nel Joker. Un piccolo appunto che ci sentiamo di fare, è il seguente. Benché questa origine sia stata usata nel film Batman del 1989, questa non è la vera origine del Joker, ma solo quella che ha riscosso più consenso da pubblico e critica e che ai fan piace considerare come “ufficiale”; il Joker, in verità, è un personaggio tanto pazzo quanto misterioso, e un continuo re-telling delle sue origini, fa parte della sua natura.
Il secondo è stato (ed è ancora attualmente) Jason Todd, colui che prese il mantello di Robin quando Dick Grayson decise di adottare un’identità segreta più adulta (quella di Nightwing). Come Dick, Jason era un orfano adottato da Bruce Wayne e addestrato da Batman all’arte di combattere il crimine; quello che però differenziava profondamente i due, è che Dick conobbe l’amore di una famiglia prima che questa gli venisse strappata sotto gli occhi, mentre Jason no. Todd ha sempre avuto una famiglia disastrata e sull’orlo del baratro, e questo costrinse il ragazzo a guadagnarsi da vivere come poteva; non c’è bisogno di dire che le cose cambiarono, quando il Cavaliere Oscuro sorprese Jason mentre quest’ultimo stava rubando le gomme della Batmoblie. Questa sua attitudine selvaggia e da sopravvissuto si fece enormemente sentire anche nei panni di Robin, cosa che lo portò ad atteggiarsi quasi da anti-eroe e accaparrarsi le antipatie dei fan, tant’è che la DC Comics fece partire un sondaggio per far decidere ai fan se uccidere il personaggio o meno; per un totale di 5,343 voti a favore della morte, contro 5,271 voti a favore della vita, Jason Todd venne ucciso dal Joker nella storyline Batman: A Death in the Family, in cui il ragazzo viene brutalmente picchiato con un piede di porco e poi fatto esplodere. Anni dopo, Ra’s Al Ghul (coinvolto nella storia e in colpa per non aver fatto nulla per fermare la morte del ragazzo) lo resusciterà usando il Pozzo di Lazzaro, ma questa mossa provocherà più danni che altro, facendo tornare Todd alla vita profondamente cambiato e più incline ad attitudini violente ed omicide simile a personaggi come il Punitore; proprio in questa sua nuova veste, adotterà l’identità di Red Hood, che ancora oggi ricopre.
La terza incarnazione del Cappuccio Rosso, è quella che abbiamo visto in questo episodio: una semplice banda criminale a tema specializzata in ricatti, riscatti e rapine, combattuta nei primi giorni di Bruce Wayne come vigilante e non ancora diventato Batman. Tutti i membri della gang si chiamano Red Hood, ma si distinguono l’uno dall’altro chiamandosi per numero e fa la sua prima comparsa durante la storyline Zero Year: un frash take del background del personaggio e non un totale rifacimento delle origini come fu Batman: Year One; una sorta di storia “riempitiva”, chiamiamola così. Con un po’ di duro lavoro e olio di gomito, Wayne (diventato Batman durante la storia) riuscirà a sgominare totalmente la banda, ma Red Hood One (il capo) cadrà nello stesso contenitore di sostanze chimiche, suggerendo quindi che la Red Hood Gang fosse la prima impresa criminale del Joker.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Blind Fortune Teller 1×16 | 6.16 milioni – 2.1 rating |
Red Hood 1×17 | 6.53 milioni – 2.3 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.