Grey’s Anatomy non è più quello di una volta; ogni tanto Shonda e gli sceneggiatori ci provano a creare nuove storylines e, allo stesso tempo, cercano di far rivivere scene e temi dei bei tempi andati del telefilm ma tutto questo ha l’unico risultato di far continuare ad andare avanti la serie forzatamente e senza una direzione. Questa prima parte della tredicesima stagione, che si chiude con “You Haven’t Done Nothin'” ne è la conferma. La maggior parte dei nove episodi andati in onda si è trascinata stanca, senza che accadesse nulla di rilevante ma con il solo scopo di trascinare la trama fino a questo winter finale e lasciare il pubblico con innumerevoli cliffhanger irrisolti per convincerlo a tornare davanti agli schermi a gennaio. Non è questo il modo di raccontare le vicende, né tanto meno il modo di trattare e maltrattare i personaggi che per tutti questi anni si è seguiti, appezzati e ai quali ci si è affezionati.
Dopo otto puntate finalmente il processo di Alex è quasi arrivato e il (non più?) chirurgo pediatrico in queste puntate è riuscito a fare passi avanti, a crescere e ad imparare dai propri errori, tranne uno: Jo. Se il dott. Karev in questi episodi si è dimostrato all’altezza della persona che è diventata e ad affrontare i suoi demoni, Jo ha passato otto episodi a lamentarsi (come al solito) e pensare alla sua situazione: anche ora confessa al suo ex fidanzato la sua vera identità e di essere già sposata soltanto per paura che comunque si sarebbe venuto a sapere durante la sua testimonianza in tribunale. Il consiglio che tutti in coro danno ad Alex è di lasciare perdere questo peso che si porta dietro da troppe stagioni, mentre lui anche in questo caso è disposto a rischiare il tutto e per tutto per salvarla. Alex dimostra ancora una volta come, nelle situazioni di difficoltà, sia sempre disposto a mettere le persone a cui tiene davanti ai suoi bisogni, che siano pazienti, che sia Meredith (“you’ll be fine”), che sia Jo.
Da quando, nella scorsa stagione, la Bailey è diventata primario di chirurgia invece, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, il suo personaggio ha perso progressivamente la forza, la sicurezza, il carattere combattivo e deciso che aveva, diventando sempre più insicuro e pieno di dubbi riguardo la sua competenza nello stare al comando. Questo lo si è visto più volte la scorsa stagione, in particolare nei riguardi di Ben e lo si sta vedendo ora nei riguardi del rinnovamento del programma di internato e Richard. La scelta di assumere la dott.ssa Minnick per dare una svolta ad un programma con evidenti lacune era giusta e appropriata, ma il fatto di non palarne con Webber e soprattutto, quello di non riuscire a difendere la propria scelta, sono cose che colpiscono e da un certo punto di vista anche fuori dalle caratteristiche del personaggio. Si rimpiangono i giorni in cui la Bailey rimproverava a destra e a manca senza trattenersi e lottando per le sue idee e le sue scelte.
Altra cosa che poco convince è la fiducia cieca di tutti gli strutturati nei confronti del dott. Webber. Dopo che nella puntata dove è stata introdotta la Minnick i dottori si erano resi conto che un cambio di direzione al programma andava considerato, ora tornano indietro difendendo a spada tratta l’ex primario. È vero, da una parte, che il cambiamento porta sempre con sé inevitabili resistenze e opposizioni e che Richard è una figura genitoriale un po’ per tutto l’ospedale, da un’altra parte, tuttavia, si dovrebbe riconoscere che l’innovazione possa essere positiva e non soltanto da considerare in relazione al posto di lavoro che Webber potrebbe perdere. Sono ben riusciti, però, i momenti in cui Maggie tenta in ogni modo di aiutare il padre, lo difende e gli procura il sostegno di tutto lo staff. Questa è una delle poche volte in cui si mostra il rapporto padre-figlia tra i due.
Finalmente in questa stagione, nonostante il poco, pochissimo screen-time e l’assenza dalla sala operatoria, si è ritornata a vedere una Arizona più vicina a quella delle sue prime stagioni, più divertente e sicura di sé. Infatti è la dott.ssa Robbins a regalare i pochi momenti di commedia in una puntata altrimenti piena di tensioni e monologhi “alla Grey’s Anatomy”. Arizona e Eliza continuano a flirtare in maniera spensierata. Le capacità recitative di Marika Dominczyc lasciano un po’ a desiderare ma ci sono buone potenzialità di sviluppo e, quanto meno, di avere dei momenti divertenti tra le due.
Owen e Amelia continuano invece, la loro discesa nel baratro del silenzio sui loro problemi e Amelia decide di andarsene, come farebbe una ragazzina qualunque, invece di affrontare da adulta i propri problemi di coppia. È ovvio che mandare via la dott.ssa Sheperd sia stata una decisione necessaria a causa del congedo maternità di Caterina Scorsone, ma rimane il fatto che un tale comportamento non è comprensibile e neanche coerente con la crescita individuale del personaggio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Room Where It Happens 13×08 | 7.25 milioni – 2.1 rating |
You Haven’t Done Nothin’ | 8.04 milioni – 2.2 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.