Grey’s Anatomy 13×22 – Leave It InsideTEMPO DI LETTURA 5 min

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“We could define entropy as a measurement of the disorder in a system. Any system that is subject to pressure from its external environment will undergo a conversion that results in imbalance and a transfer of energy. Order cannot be restored until maximum entropy is achieved.” [Polytechnique di Denis Villeneuve, 2009]

Il caos. Ecco cosa rimane dopo tredici stagioni di Grey’s Anatomy, la creatura di Shonda Rhimes.
Questa ventiduesima puntata alza leggermente l’asticella rispetto alle precedenti puntate ma si tratta, molto probabilmente, solo di un fuoco di paglia: molte delle situazioni più intricate vengono lasciate da parte, accatastate ai lati e semplicemente ignorate. E’ questo il caso del complicato rapporto tra Owen e Amelia di cui la puntata omette ogni minimo spunto. Ma viene trattato allo stesso modo quello tra Meredith e Meggie, rappresentando forse una delle pecche maggiori di questo episodio relativamente sufficiente nel complesso: dopo lo scorso episodio incentrato totalmente su loro due, in “Leave It Inside” si preferisce voltar pagina in maniera molto rapida, quasi ignorando il fatto che le due avessero discusso e litigato anche in maniera piuttosto animata in “Don’t Stop Me Now“.
Per quanto la scorsa puntata avesse mostrato dei grandi limiti riguardo lo sviluppo narrativo e dei personaggi (relativamente a Meredith e Meggie), quanto meno si era cercato di affrontare un problema che non poteva essere in continuazione procrastinato (il triangolo Meredith-Meggie-Nathan). Da questo punto di vista la serie fa un ulteriore passo indietro, andando a nascondere sotto il tappeto anche questo sviluppo, lasciandoselo alle spalle senza nessuna ripercussione o strascico.
La puntata ha però la fortuna di potersi poggiare su due differenti casi che a loro modo risultano interessanti: il primo vede una donna, ricoverata a seguito di una caduta, con un tumore enorme al cuore; il secondo ha come centro un bambino con un tumore al cervello che, nel prosieguo della puntata, andrà a comprimergli il nervo ottico.
Il primo caso medico riesce ad evocare nello spettatore dei vecchi ricordi: il sesso come punto centrale attorno a cui, in maniera ironica e sopra le righe, viene costruito il caso e la narrazione. Ma perché, allora, risulta tanto forzato, fuori contesto e diverse volte nelle nostre recensioni abbiamo fatto notare questo come elemento negativo? Il discorso è leggermente più complesso di un semplice parere soggettivo: Grey’s Anatomy è una serie tv che abbraccia più generazioni e che con la sua dodecennale messa in onda ha seguito parallelamente il percorso di vita e di crescita di milioni di persone. Mentre quindi il proprio pubblico cresceva, -così come gli stessi attori/protagonisti- differenziava il proprio gusto e appetito seriale, la serie si chiudeva in sé stessa come se fosse affetta dalla sindrome di Peter Pan: determinati argomenti che suscitavano ilarità, simpatia e coinvolgimento nel 2005, non possono  -fisiologicamente- riuscire a catturare lo stesso pubblico nel 2017. In aggiunta a ciò, la serie ha cercato di mutare target e di puntare più sul teen drama: addio Karev, Grey, Yang e benvenuti nuovi specializzandi che probabilmente abbandonerete la serie a fine stagione.
È impossibile riuscire a far crescere il prodotto se si decide di puntare su un cavallo in perdita (nuovi specializzandi inseriti a rullo stagione dopo stagione) piuttosto di continuare su quello già provato ed usato (Meredith, Alex ma anche April, Jackson). Il caso risulta quindi interessante e ilare a suo modo, ma pedante nel continuo riproporre la stessa forzatura attorno alla tematica del sesso che non paga più, ormai.
Il secondo caso, più valido, viene preso in carico da Alex e da Stephanie. Pur ottenendo un basso minutaggio (ringraziamo la frammentazione capillare della trama per questo) questo caso si fa apprezzare perché riesce ad allontanare Alex da Meredith, la sua vera kryptonite: senza la Grey accanto, Karev riesce a ritagliarsi il proprio spazio senza dover per forza apparire come l’eterna spalla narrativa a cui si ricorre nel momento del bisogno. Justin Chambers meriterebbe molto più spazio all’interno della trama e non semplici sprazzi come lo sono stati quelli riguardanti il suo processo, visto e considerato che dopo di esso è tornato nel dimenticatoio.

The universal law of entropy also tells us that any isolated system, left on its own, is inevitably destined to irreversible degradation, to the point of self-destruction.” [Polytechnique di Denis Villeneuve, 2009]

Ma Grey’s Anatomy ha la nomea per riuscire a trattare benissimo i propri personaggi. Eliza Minnick e Owen Hunt in questo episodio. Di Owen abbiamo detto ad inizio recensione.
La Minnick ricompare dopo alcune puntate di assenza e sembra pesare zero sulla trama. Anzi, togliete il sembra. La sua unica utilità di trama pare essere quella di spalla amorosa di Arizona. Niente di più: nell’ospedale più nessuno schieramento, nessun astio e pare essersi appianata qualsiasi divergenza. Anche quelle tra Richard e la Minnick stessa sembrano essere solo un ricordo lontano. Eppure non sono trascorsi così tanti episodi.
Altro grande assente è sicuramente Nathan a cui viene concesso giusto l’ultima scena di commiato, dove prende per mano Meredith, giusto per strizzare gli occhi a quella fetta di fan che non vede l’ora che Meredith si accasi, sentimentalmente parlando, con il nuovo chirurgo.
Non ci sarebbe da far menzione, ma lo facciamo per giustezza, di Jo: l’ombra di un comodino, ecco cosa è diventata. Più inutile del continuo rinnovo di Grey’s Anatomy.
La decisione riguardanti le borse di studio solleva un dubbio che potrebbe essere approfondito con gli ultimi episodi di questa stagione: possibile che ad essa vengono ricollegati determinati tagli di personaggi, relativamente agli specializzandi?

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Casi medici della puntata
  • Alex e Stephanie
  • Puntata sufficiente più per mancanze di determinati personaggi che per meriti propri
  • L’affaire borse di studio
  • Schemi vecchi di anni
  • Minnick, Owen, Jo: i grandi assenti

 

Puntata che si trascina verso la sufficienza, ma solamente perché cela sotto il tappeto gran parte dei difetti.

 

Don’t Stop Me Now 13×21 6.88 milioni – 1.7 rating
Leave It Inside 13×22 7.09 milioni – 1.8 rating

 

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

2 Comments

  1. Leggendo la recensione non ho potuto che sorridere. Perchè? Beh…finita la puntata la prima cosa pensata è stata: "toh, gli specializzandi…"
    Esattamente come dite voi a fine recensione le borse di studio compaiono all'improvviso e potrebbe regalarci sorprese, ma allo stesso tempo denotano la qualità del prodotto finale.
    Nelle prime sei stagioni abbiamo visto il "gruppo storico" per molte puntate sui libri o fare esami e di conseguenza crescere lavorativamente. Questi nuovi appaiono, scompaiono, non studiano, non fanno esami e nel corso di queste stagioni sembrano sempre allo stesso livello, insomma…non crescono. Pur una Stephanie che sembra andare avanti, abbiamo De Luca che non fa mai operazioni; per un Warren che passa da pazzo da mettere in castigo, a cocco della Minnick lucido in sala, fino a quello più a rischio, abbiamo poi Jo e Murphy che spariscono nel nulla (non che ci manchino!!).
    Piccola cosa su cui non sono d'accordo: Minnick non è assente. Più che altro è assente il carisma che hanno provato a farle tirare fuori all'inizio. La gestione del caso con Stephanie è imbarazzante e senza nerbo. E anche come acccetta le tre paroline in croce dette da Webber in difesa della specializzanda.
    Ormai come avrete capito non salvo nulla :))))!!

  2. Ciao Alessandro e grazie del commento!
    Sí, il fatto delle borse di studio denota abbastanza la qualità improvvisata che ormai è diventata imperante all'interno dello show. E non vorrei dire una sciocchezza, ma credo che come cosa sia stata utilizzata piú volte nelle passate stagioni. Riguardo Murphy saró onesto: mi ero dimenticato del suo ritorno nello show. Penso sia sintomatico del suo peso.
    Jo è veramente imbarazzante, ma anche gli altri non scherzano. Da sottolineare, sempre per Jo, l'ennesimo triangolo amoroso (Jo-Alex-De Luca): se ne sentiva il bisogno, no?
    Piú che assenza del personaggio (che viene menzionato in vari discorsi anche nelle passate puntate), si tratta proprio di un minutaggio effimero: è arrivata, l'han dipinta come l'anticristo e poi svanisce nel nulla per ricomparire tra le lenzuola di Arizona. Ottimo lavoro Shonda!

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