“C’è un momento che ho notato in sala operatoria…Soprattutto quando sta andando male per il paziente. Lavori così duramente…Da perdere te stesso. Tutti i tuoi problemi…Le tue relazioni…I tuoi obiettivi professionali…Le tue paure. Tutto quanto…Spariscono. Non siete neanche tu e il tuo paziente. Ci sei solo tu. Le tue mani. Le tue abilità. Puoi chiamarla memoria muscolare…O cadere in uno stato di trance. Qualunque modo la chiami…È rara…E non vuoi che finisca.”
Mentre Jackson esce di scena momentaneamente per portare in scena l’ennesimo ritorno di un personaggio del passato di Grey’s Anatomy (questa volta sarò il turno di Sarah Drew, April Kepner per il pubblico della ABC), lo show continua a comporre i tasselli del proprio puzzle quasi stesse andando in onda a tutti gli effetti il proprio canto del cigno. Si tratta questa di una sensazione non dettata dal momento o da qualche semplice sensazione, ma da diversi episodi andati in onda, dalla percezione di chiusura che certi ritorni danno (Derek, George, Lexie, Mark), dai dialoghi che si fanno sempre più metanarrativi mano a mano che la stagione volge alla conclusione. Questa diciassettesima stagione è iniziata con il tentativo da parte della produzione di racchiudere all’interno del paradigma narrativo anche la pandemia relativa al COVID-19, unitamente (come si è visto dall’ultimo episodio) le proteste del movimento Black Lives Matter.
IL QUOTIDIANO DIVENTA SOGGETTO DELLA STORIA
Una scelta riuscita a metà. Da una parte Grey’s Anatomy restituisce una veridicità narrativa molto coraggiosa e che l’ha contraddistinta anche in passato quando altre tematiche molto attuali erano state chiamate in causa all’interno della serie non tanto per fare minutaggio quanto piuttosto per rendere lo show più vero, più vicino allo spettatore. A fare da contraltare, tuttavia, resta quell’immobilismo narrativo già più volte menzionato nelle precedenti recensioni: il COVID-19 fagocita tutta la storia e tutto ruota attorno ad esso rendendo qualsivoglia tipo di sviluppo intrinsecamente collegato ad esso. A tratti, infatti, lo show sembra svestire i panni del medical drama che il pubblico conosce ormai da anni preferendo vestire quelli di una sorta di documentario realistico della situazione ospedaliera americana oggigiorno. Un racconto valido, ovviamente, ma che fa perdere di vista ciò che sono i vari racconti dei personaggi. Grey’s Anatomy invece in inglobare il racconto del virus sembra essere stato assorbito a sua volta, senza possibilità di salvezza.
La decisione di Jo di lasciare medicina generale è dovuta in particolare alle morti mietute da virus. Il rapporto di Teddy ed Owen è morto e risorto principalmente grazie al virus che ha attutito molti degli atteggiamenti burberi dell’ex capo del Grace-Sloan. Amelia e Link si ritrovano ad affrontare la loro vita di coppia e di genitori in maniera forzata a causa del virus e a Meredith intubata da quasi inizio stagione…sempre a causa del virus. La nausea verso la morte diventa l’ennesimo elemento narrativo che viene utilizzato per sfiancare i chirurghi, ormai provati dal lavoro costante: il pianto di Owen che deve informare i parenti di una giovane vittima; Koracick e Link ed il loro scagliarsi contro Dio, che sembra aver abbandonato le persone che più avevano necessità proprio nel momento del bisogno.
Pura e semplice routine, tutto sommato. A scalfire i ritmi della smodata tristezza al Grace-Sloan è ovviamente Meredith, ancora bloccata nel proprio personale limbo e che solo nel finale di puntata sembra risvegliarsi definitivamente (questo episodio potrebbe essere l’ultimo in cui Derek appare, salvo riutilizzo della spiaggia-limbo in futuro).
METANARRAZIONE
È in questo frangente che molti dialoghi assumono un valore metanarrativo e nonostante Derek e Meredith si ritrovino nuovamente a parlare dei massimi sistemi, molte frasi sembrano voler strizzare l’occhio al passato dello show, al presente, al futuro ancora incerto. I due ad un certo punto analizzano gli ultimi uno-due anni, apparentemente parlando della vita sentimentale di Meredith, ma i vari “sono stanca”, “non volevo lasciarti” e “è stato difficile per te?” sembrano quasi un dialogo tra Ellen e Krista Vernoff alle prese con il rinnovo del contratto dell’attrice.
Eppure quel “non è ancora il tuo momento, i nostri figli hanno bisogno di te”, accompagnato da un risveglio decisamente cinematografico (con praticamente l’intero ospedale ad osservare dalle finestre), lascia accesa la candela della speranza e la sensazione che sì, Grey’s Anatomy si sta progressivamente avvicinando al termine. Gli attori e le varie guest lo stanno velatamente annunciando, lo show stesso sembra dare qualche piccolo suggerimento. Ma c’è ancora tempo, forse un’ultima stagione per accomiatarsi con tutto e tutti prima di far scendere il sipario su uno degli show più longevi dell’intero palinsesto televisivo americano.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una settimana di pausa e poi Grey’s Anatomy tornerà con un episodio totalmente votato ad April e Jackson e qui lo show potrebbe o recuperare quanto di orrendo fatto con questa coppia oppure gettarla nuovamente giù dal precipizio. Prima di poter rivedere nuovamente Meredith, probabilmente, si dovrà comunque attendere il quindicesimo appuntamento stagionale. Se si tiene in considerazione che è assente dalla narrazione attiva del presente dal secondo episodio di questa stagione, si potrebbe quasi fare un accenno di applauso agli sceneggiatori che hanno portato la nave in porto senza eccessivi scossoni e senza il principale personaggio della serie per quasi l’80% della stagione.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.