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“Come see us in Huntsville. Come see the warm Alabama weather. Come live and be free. Come try the BBQ! You’re welcome to join us! Come see life free from the guilt. If you’re a Nazi. Come see all our new white friends. Come to Huntsville, Alabama. Home of the Space & Rocket Center, staffed by Nazi scientists smuggled here by your government. Oh, yeah, it really happened!”
Se il finto spot che invita i nazisti a trasferirsi nel cuore dell’Alabama non è la cosa più bella vista in questa annata seriale finora, poco ci manca. Ancora una volta Hunters si conferma un serie capace di mescolare con nonchalance dramma e trash, di ispirare riflessioni profonde sulla natura umana o sulla contemporaneità e un attimo dopo grasse risate. Magari l’equilibrio tra queste componenti non sarà perfetto, ma conferisce sicuramente alla nuova serie di Amazon Prime una fisionomia ben precisa, una sua originalità, senza dimenticare l’ovvia ispirazione tarantiniana che gli autori non fanno nulla per nascondere.
Con “At Night, All Birds Are Black” siamo entrati ormai nel vivo della storia. La fase introduttiva è finita da un pezzo, adesso bisogna delineare poco a poco tutti i comprimari e far muovere gli ingranaggi della narrazione, regalando colpi di scena e alimentando dubbi su figure che fino allo scorso episodio sembravano al di sopra di qualsiasi sospetto. Basti pensare a Meyer Offerman, che perde la calma e ammazza all’improvviso la nazista di turno come se avesse qualcosa da nascondere, qualcosa che la donna stava per rivelare; oppure all’atteggiamento di Sorella Harriet, che scatena un putiferio al barbeque di un ex-scienziato del Reich e fugge con un altro nazista, diretta chissà dove. Questi plot twists che scombussolano le carte in tavola e rompono l’apparente linearità della manichea contrapposizione tra cacciatori ebrei buoni e nazisti infiltrati cattivi sono sempre ben accetti e, per ora, sono anche gestiti piuttosto bene; senza dimenticare il fatto che parliamo di una stagione rilasciata tutta in un’unica tranche, per cui piazzare simili sorprese nella parte finale dell’episodio crea inevitabilmente nello spettatore il desiderio di fiondarsi sulla puntata successiva.
I due casi affrontati questa volta, quello dell’ex-scienziato Dieter Zweigelt e dell’ex-regista e propagandista Tilda Sauer, non sono soltanto l’occasione perfetta per mostrare torture bislacche e anche decisamente rivoltanti, come il pasto a base di escrementi a cui la seconda è condannata in una sorta di contrappasso dantesco (per tutta la vita hai detto solo bullshits, quindi adesso ti facciamo mangiare un po’ di calda e fumante shit), ma sollevano questioni importanti. Da un lato, viene rivelato che non tutti i nazisti presenti sul suolo americano sono fuggiaschi del Reich, ma alcuni sono stati assoldati direttamente dal governo statunitense per condividere le scoperte scientifiche naziste ed evitare che esse finissero in mano all’Unione Sovietica: e non si tratta di un’invenzione della serie, ma di storia vera e documentata. In pratica, anche la nazione che più di tutte si è riempita la bocca di parole come “libertà” e “democrazia” non ha esitato a scendere a patti con i nazisti, guardando più al proprio tornaconto e al guadagno che agli ideali per cui diceva di battersi; e questo porta a chiedersi contro chi, alla fine, sia diretta la crociata intrapresa da Meyer e compagni, se contro i soli superstiti del Reich o invece contro un sistema più marcio di quanto si pensasse.
La vicenda di Tilda Sauer, invece, pone l’accento su un altro punto da non sottovalutare: la responsabilità nell’Olocausto anche di quanto non lo hanno materialmente compiuto. La donna si è “limitata” a girare filmati di propaganda a favore del Reich e contro gli ebrei, eppure è colpevole di quanto accaduto a questi ultimi non meno degli ufficiali che gestivano i lager e tiranneggiavano sui prigionieri. Non ha fisicamente premuto il grilletto o messo in funzione il forno crematorio o ordinato la morte di qualcuno, ma le sue mani sono comunque sporche del sangue di 6 milioni di persone. E qui si potrebbe intravedere (ma chissà se era l’intenzione di Weil e Peele) una riflessione sul potere delle parole e dei mass media, capaci, se usati in un certo modo, di inculare odi e sospetti nelle menti passive del popolo: un problema purtroppo attuale, a cui stiamo assistendo con l’ascesa dei nuovi estremismi e di certi populismi conservatori e xenofobi.
Con “At Night, All Birds Are Black” siamo entrati ormai nel vivo della storia. La fase introduttiva è finita da un pezzo, adesso bisogna delineare poco a poco tutti i comprimari e far muovere gli ingranaggi della narrazione, regalando colpi di scena e alimentando dubbi su figure che fino allo scorso episodio sembravano al di sopra di qualsiasi sospetto. Basti pensare a Meyer Offerman, che perde la calma e ammazza all’improvviso la nazista di turno come se avesse qualcosa da nascondere, qualcosa che la donna stava per rivelare; oppure all’atteggiamento di Sorella Harriet, che scatena un putiferio al barbeque di un ex-scienziato del Reich e fugge con un altro nazista, diretta chissà dove. Questi plot twists che scombussolano le carte in tavola e rompono l’apparente linearità della manichea contrapposizione tra cacciatori ebrei buoni e nazisti infiltrati cattivi sono sempre ben accetti e, per ora, sono anche gestiti piuttosto bene; senza dimenticare il fatto che parliamo di una stagione rilasciata tutta in un’unica tranche, per cui piazzare simili sorprese nella parte finale dell’episodio crea inevitabilmente nello spettatore il desiderio di fiondarsi sulla puntata successiva.
I due casi affrontati questa volta, quello dell’ex-scienziato Dieter Zweigelt e dell’ex-regista e propagandista Tilda Sauer, non sono soltanto l’occasione perfetta per mostrare torture bislacche e anche decisamente rivoltanti, come il pasto a base di escrementi a cui la seconda è condannata in una sorta di contrappasso dantesco (per tutta la vita hai detto solo bullshits, quindi adesso ti facciamo mangiare un po’ di calda e fumante shit), ma sollevano questioni importanti. Da un lato, viene rivelato che non tutti i nazisti presenti sul suolo americano sono fuggiaschi del Reich, ma alcuni sono stati assoldati direttamente dal governo statunitense per condividere le scoperte scientifiche naziste ed evitare che esse finissero in mano all’Unione Sovietica: e non si tratta di un’invenzione della serie, ma di storia vera e documentata. In pratica, anche la nazione che più di tutte si è riempita la bocca di parole come “libertà” e “democrazia” non ha esitato a scendere a patti con i nazisti, guardando più al proprio tornaconto e al guadagno che agli ideali per cui diceva di battersi; e questo porta a chiedersi contro chi, alla fine, sia diretta la crociata intrapresa da Meyer e compagni, se contro i soli superstiti del Reich o invece contro un sistema più marcio di quanto si pensasse.
La vicenda di Tilda Sauer, invece, pone l’accento su un altro punto da non sottovalutare: la responsabilità nell’Olocausto anche di quanto non lo hanno materialmente compiuto. La donna si è “limitata” a girare filmati di propaganda a favore del Reich e contro gli ebrei, eppure è colpevole di quanto accaduto a questi ultimi non meno degli ufficiali che gestivano i lager e tiranneggiavano sui prigionieri. Non ha fisicamente premuto il grilletto o messo in funzione il forno crematorio o ordinato la morte di qualcuno, ma le sue mani sono comunque sporche del sangue di 6 milioni di persone. E qui si potrebbe intravedere (ma chissà se era l’intenzione di Weil e Peele) una riflessione sul potere delle parole e dei mass media, capaci, se usati in un certo modo, di inculare odi e sospetti nelle menti passive del popolo: un problema purtroppo attuale, a cui stiamo assistendo con l’ascesa dei nuovi estremismi e di certi populismi conservatori e xenofobi.
Non mancano nemmeno spunti per approfondire i comprimari di Jonah e Meyer, che non restano semplici stereotipi o caricature di determinati archetipi narrativi, ma mostrano una personalità individuale sempre più sfaccettata. Il rapporto diametralmente opposto dei coniugi Markowitz con la religione, la lotta per i diritti sociali dei neri vista attraverso gli occhi della giovane madre Roxy, la crisi esistenziale e lavorativa di un attoruncolo come Lonny Flash che rievoca in ogni occasione il Tony Award vinto quasi a volersi convincere di aver combinato qualcosa nella vita, il traumatico ricordo del Vietnam nel veterano Joe Torrance sono filoni narrativi importanti tanto quanto il Bildungsroman di Jonah Heidelbaum o la vendetta/giustizia portata avanti implacabilmente da Meyer Offerman, personaggio che dopo gli eventi di questa puntata difficilmente guarderemo più con gli stessi occhi o con la stessa serenità.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La caccia ai nazisti continua, avvincente e con trovate kitsch che è impossibile non amare, ma con essa continua anche un lavoro di approfondimento dei personaggi che conferma le ottime impressioni degli scorsi episodi: Hunters è una serie che ha molto da offrire e da dire.
The Pious Thieves 1×04 | ND milioni – ND rating |
At Night, All Birds Are Black | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.