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Pur con un percorso non particolarmente lungo alle spalle (questa in esame è la puntata numero 21 dell’intera serie), “Lemony Snicket’s: A Series Of Unfortunate Events” è riuscita a costruire una storia solida, colma di richiami e con una struttura tale da rendere evidente in questo terzultimo episodio che si stanno tirando le somme. Come in un crescendo, gli elementi esoterici che hanno caratterizzato l’intera serie fino ad ora sono sempre più evidenti, espliciti e frequenti. Questo sia per un effettivo aumento dei riferimenti a società segrete e simili, sia perché effettivamente vi è un massiccio ritorno sulle scene di gran parte dei personaggi che avevano caratterizzato i precedenti mini-archi narrativi. Una realtà come un albergo è la migliore situazione per racchiudere e giustificare la presenza di molti personaggi.
Personaggi ai quali per la prima volta si aggiunge niente meno che Lemony Snicket, suggellando il suo primo incontro con i fratelli Baudelaire. Quella che avviene è una sorta di rottura al contrario della quarta parete. Lemony Snicket è stato finora un narratore palesemente rivolto agli spettatori, con tanto di inviti e indicazioni (sullo stile del “look away” della sigla), spesso con veri e propri spoiler. Nell’esposizione estremamente didascalica, non si è mai riuscito a capire il suo ruolo all’interno della storia o la sua collocazione temporale (qui svelata, mostrando una notevole differenza d’età tra il Lemony interno alla storia e quello narratore).
Volendo cercare un difetto allo show, lo si può individuare nella ricorrenza di certi schemi. Ogni coppia di episodi ha seguito un percorso facilmente tracciabile nel successivo, con Olaf a fare da villain ricorrente con tratti quasi fumettistici (il suo unico obiettivo di cercare di ottenere il patrimonio dei Baudelaire lo pone al pari della Banda Bassotti). E questo “difetto” è proprio ciò che non caratterizza questa 3×05, in quanto diversi schemi vengono abbattuti (compresa la già citata differente funzione di Snicket). Innanzitutto non vi è una regolarità temporale, considerando il momento centrale dell’episodio in cui i tre fratelli compiono azioni in contemporaneità. Oltre alla particolare struttura narrativa, è forse la volta in cui i tre agiscono in completa solitudine. Il vero momento di “rottura” è però il confronto con Olaf. Dopo la dimensione fumettistica di cui sopra, il villain assume una differente tridimensionalità (a dire il vero già accennata nella premiére, con l’introduzione dei suoi mentori). Che poi non batta ciglio di fronte alla morte fortuita di Dewey (interpretato da un ben ritrovato Max Greenfield) è un altro conto, non può però lasciare indifferente la sua esitazione a sparare e lo scambio di battute con i fratelli, come a voler creare un superamento a colui che finora è stato l’antagonista principale.
Ovviamente, tirando le somme e inserendo nuovamente tanti personaggi è inevitabile che si presenti uno dei difetti cardine di Netflix (e non dello show): l’impossibilità di ricordare molti particolari a prescindere da necessari rewatch. Lo si è ripetuto in altre recensioni della celebre piattaforma streaming: vedere una stagione in pochi giorni non è la stessa cosa che vederla in un paio di mesi (volendo parlare di una stagione di 8-10 puntate). Con una settimana di attesa c’è modo di metabolizzare e riflettere su tanti particolari, oltre al crearsi delle aspettative per ciò che sarà. In questo caso semplicemente non ce n’è il tempo. E’ vero che l’intensità dell’assimilazione del prodotto visivo sarà maggiore, ma quasi istantanea.
Memoria a parte, ciò che si potrebbe pensare a questo punto è l’inserimento di un flashback/spiegone, utile a portare lo spettatore in uno stato di catarsi nel veder mettere insieme i tanti pezzi e frammenti di cui si è parlato finora. Chissà che ciò non avvenga in uno dei due episodi finali.
Personaggi ai quali per la prima volta si aggiunge niente meno che Lemony Snicket, suggellando il suo primo incontro con i fratelli Baudelaire. Quella che avviene è una sorta di rottura al contrario della quarta parete. Lemony Snicket è stato finora un narratore palesemente rivolto agli spettatori, con tanto di inviti e indicazioni (sullo stile del “look away” della sigla), spesso con veri e propri spoiler. Nell’esposizione estremamente didascalica, non si è mai riuscito a capire il suo ruolo all’interno della storia o la sua collocazione temporale (qui svelata, mostrando una notevole differenza d’età tra il Lemony interno alla storia e quello narratore).
Volendo cercare un difetto allo show, lo si può individuare nella ricorrenza di certi schemi. Ogni coppia di episodi ha seguito un percorso facilmente tracciabile nel successivo, con Olaf a fare da villain ricorrente con tratti quasi fumettistici (il suo unico obiettivo di cercare di ottenere il patrimonio dei Baudelaire lo pone al pari della Banda Bassotti). E questo “difetto” è proprio ciò che non caratterizza questa 3×05, in quanto diversi schemi vengono abbattuti (compresa la già citata differente funzione di Snicket). Innanzitutto non vi è una regolarità temporale, considerando il momento centrale dell’episodio in cui i tre fratelli compiono azioni in contemporaneità. Oltre alla particolare struttura narrativa, è forse la volta in cui i tre agiscono in completa solitudine. Il vero momento di “rottura” è però il confronto con Olaf. Dopo la dimensione fumettistica di cui sopra, il villain assume una differente tridimensionalità (a dire il vero già accennata nella premiére, con l’introduzione dei suoi mentori). Che poi non batta ciglio di fronte alla morte fortuita di Dewey (interpretato da un ben ritrovato Max Greenfield) è un altro conto, non può però lasciare indifferente la sua esitazione a sparare e lo scambio di battute con i fratelli, come a voler creare un superamento a colui che finora è stato l’antagonista principale.
Ovviamente, tirando le somme e inserendo nuovamente tanti personaggi è inevitabile che si presenti uno dei difetti cardine di Netflix (e non dello show): l’impossibilità di ricordare molti particolari a prescindere da necessari rewatch. Lo si è ripetuto in altre recensioni della celebre piattaforma streaming: vedere una stagione in pochi giorni non è la stessa cosa che vederla in un paio di mesi (volendo parlare di una stagione di 8-10 puntate). Con una settimana di attesa c’è modo di metabolizzare e riflettere su tanti particolari, oltre al crearsi delle aspettative per ciò che sarà. In questo caso semplicemente non ce n’è il tempo. E’ vero che l’intensità dell’assimilazione del prodotto visivo sarà maggiore, ma quasi istantanea.
Memoria a parte, ciò che si potrebbe pensare a questo punto è l’inserimento di un flashback/spiegone, utile a portare lo spettatore in uno stato di catarsi nel veder mettere insieme i tanti pezzi e frammenti di cui si è parlato finora. Chissà che ciò non avvenga in uno dei due episodi finali.
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Episodio altamente soddisfacente, difficile sbilanciarsi tuttavia su un’eventuale e totale buona riuscita di questi ultimi passi dello show.
The Grim Grotto: Part Two 3×04 | ND milioni – ND rating |
The Penultimate Peril: Part One 3×05 | ND milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.