“If I want something, I won’t let anything get in the way.”
Dopo lo scioccante (e per molti versi deludente) colpo di scena alla fine del terzo episodio di Liar, il motivo per cui proseguire la visione è passato da “qual è la verità dietro il fattaccio che ha coinvolto Andrew e Laura?” a un molto più banale “riuscirà la povera vittima a far finire in gattabuia quel pezzo di merda vile stupratore di Andrew?”. Venuto meno l’affascinante mistero su cui sembrava reggersi la trama, i fratelli Williams decidono di premere a più non posso sul pedale del creepy e del sensazionale, colpendo allo stomaco lo spettatore come se questo bastasse a compensare le altre mancanze di una serie ormai alla deriva.
Il viaggio di Laura a Edimburgo, alla ricerca della verità sul suicidio di Mary Earlham (la defunta moglie di Andrew), permette agli autori di far emergere nuovi, inquietanti dettagli sul passato dell’uomo: la bionda insegnante potrebbe non essere stata la prima vittima della violenza carnale di Andrew, perché tale “onore” spetterebbe a Catherine Macauley, vecchia amica di Mary. Con questo nuovo personaggio, Liar sembra ritrovare la sua originaria essenza di storia sulla difficoltà di pervenire a un’unica realtà e sulla forza che le convinzioni personali possono avere nel distorcere la propria visione di un determinato avvenimento: anche Catherine non ricorda bene gli eventi che l’hanno fatta finire a letto con Andrew, ma si è auto-convinta che sia stato un rapporto consensuale e si è lasciata schiacciare dai sensi di colpa per anni, aprendo gli occhi solo dopo l’incontro con Laura. L’idea che Andrew possa aver ucciso la moglie inscenando un suicidio lascia il posto a quella, non meno inquietante, che Mary abbia commesso l’estremo gesto dopo aver scoperto che razza di mostro aveva sposato. A mettere i bastoni tra le ruote a Laura ci pensa, a sorpresa, la madre di Mary, sostenitrice dell’innocenza del genero; resta da capire se la donna agisce perché realmente convinta dell’innocenza dell’uomo o se, piuttosto, lo fa per paura di qualche ritorsione contro di sé e/o contro il nipote Luke.
La trasferta scozzese porta la protagonista a fare la conoscenza di Ian, interpretato da Kieran Bew (attore che lavora in un ruolo secondario anche in Rellik, l’altra opera dei fratelli Williams in onda su BBC). Lo scopo delle scene che coinvolgono i due è quello di mostrare le conseguenze negative che lo stupro ha avuto sulla psiche di Laura: l’incapacità di lasciarsi andare con un altro uomo che le fa la corte con classe e con garbo, l’impossibilità di tornare così presto a fidarsi di un’altra persona nonostante sembri un così bravo ragazzo (ma anche Andrew lo era, e si sa come è andata a finire). Del resto non bisogna dimenticare che la serie è prodotta con la collaborazione e il supporto di due organizzazioni che si occupano di violenze sessuali, la Rape Crisis South London, Surrey & Sussex e il Sexual Assault Referral Centre, a garantire ulteriore credibilità e verosimiglianza al comportamento della protagonista.
Quanto a Andrew, adesso che la sua colpevolezza è stata resa nota al pubblico e che l’ambiguità del personaggio è venuta meno, i fratelli Williams sembrano voler intraprendere una nuova strada: renderlo quanto più possibile abietto e detestabile agli occhi degli spettatori, facendogli compiere gesti che destino scalpore e che spingano ad odiarlo ancora di più, visceralmente. Nello specifico, il chirurgo è reso protagonista di un nuovo stupro, questa volta ai danni del detective Vanessa Harmon, che per di più è anche incinta (e cosa c’è di più disturbante che infierire su una donna gravida?). Sorvolando sul fatto che per compiere tale malefatta Andrew si introduce in casa della detective, droga il succo che beve abitualmente e poi ritorna quando è ormai addormentata, è proprio questa ricerca del torbido, dell’azione disturbante e ripugnante a ogni costo a far storcere il naso: non era già abbastanza riprovevole che Andrew avesse stuprato due donne, spingendo una terza al suicidio? C’era bisogno di aggiungere questa ennesima efferatezza, con tanto di probabile aborto della vittima dopo la violenza subita? Ormai sembra di essere di fronte a una serie completamente diversa da quella vista nei primi tre episodi, non più basata su tematiche quasi “filosofiche” quali il relativismo della percezione del reale e i problemi di comunicazione tra gli individui bensì su una ben più tradizionale storia di violenza e di giustizia, di contrapposizione tra la vittima e l’aguzzino sempre più cattivo. E’ ovvio che la serie è dei fratelli Williams e loro possono farne ciò che vogliono mentre le lamentele di spettatori e recensori lasciano il tempo che trovano, ma non si può negare che questo repentino cambio di rotta sia piuttosto deludente perché vanifica quasi tutte le potenzialità che la narrazione mostrava.
Come se non bastasse, si continua a percorrere la strada del melodramma proseguendo sotto trame di cui si poteva fare volentieri a meno: ogni riferimento alla relazione extra-coniugale tra Katy (il cui marito Liam ha la perspicacia e l’acutezza di un sasso) e Tom è puramente voluto. Anche la decisione di Andrew di costringere Laura a smentire le accuse contro di lui, pena la citazione in giudizio, per quanto sia un risvolto meno inverosimile di altri visti nelle precedenti puntate rappresenta comunque un’esasperazione drammatica delle vicende di cui non si sentiva affatto la necessità.
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White Rabbit 1×03 | ND milioni – ND rating |
Catherine 1×04 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.