“Your parents, my parents, our grandparents, none of them had it easy. And we’re still here. They still had us. They believed in us, James. And I do too. Yeah, the world is scary and… hard, but that’s not a reason to stop. Let’s finish what we started. Let’s finish what they started.”
Per il finale di Love In The Time Of Corona risulta opportuno chiedersi quale sia stato il senso di tutta questa operazione, dal momento che è evidente come la mini-serie sia molto particolare ed estremamente originale nel suo genere. Sembra quasi strano che nessun’altra rete/piattaforma televisiva o autore avesse mai pensato, fin da subito, di sfruttare un evento storico così insolito come la pandemia di Covid-19 per creare storie originali. Soprattutto per quanto riguarda l’aspetto più evidente di tutta la vicenda ovvero la quarantena obbligatoria (il cosiddetto “lockdown”) che alcuni stati del mondo hanno adottato per fronteggiare la suddetta pandemia. Che è, fra le varie cose, un buon espediente per realizzare storie, girate completamente in interni, per episodi molto brevi e fattibili in poco tempo. Si suppone che questo “ritardo” sia dovuto al fatto che presumibilmente si sta ancora cercando, nella coscienza collettiva, di “metabolizzare” questo evento, com’è giusto che sia.
Solo in base a questo presupposto andrebbe quindi premiata a prescindere Joanna Johnson, attrice e produttrice americana che ha avuto per prima la brillante intuizione di sfruttare la pandemia a scopo narrativo, scrivendo, girando e realizzando questa mini-serie a tempo record, praticamente “live” con gli eventi narrati. E soprattutto la piattaforma Freeform che ha deciso di mettersi alla prova credendo in questo progetto, cosa che una qualsiasi altra rete o piattaforma televisiva forse non sarebbe stata in grado di fare.
Il risultato è questa mini-serie che ha dimostrato, fin da subito, alcuni limiti soprattutto per quanto riguarda la sua scrittura (presumibilmente affrettata e riscritta in base alle esigenze tecniche e logistiche), ma tutto sommato godibile per il pubblico mainstream a cui si rivolge e con una buona struttura di base. Un prodotto semplice e complesso allo stesso tempo, che riesce a sfruttare tutti i cliché del genere romance-dramedy in maniera abbastanza originale, in quello che è a tutti gli effetti una sorta di “Love Actually” in formato seriale e ambientato in clima di pandemia globale.
Tutte e quattro le storylines narrate nella serie infatti trovano in questo episodio la propria risoluzione, che risulta per tutte estremamente positiva. I più cinici potrebbero pensare che ciò sia dovuto ad un eccessivo “buonismo” di fondo e trovare alcune scene eccessivamente smaccate e stucchevoli. E alcune, in effetti, lo sono (vedi tutta la storyline di Oscar ed Elle), ma è pur vero che risulta praticamente impossibile non immedesimarsi nei problemi, estremamente reali, e nei dubbi esistenziali causati dalla quarantena che attanagliano i personaggi presentati. Non fosse altro per il fatto che sono quelli effettivamente reali delle persone che hanno dovuto sopportare il lockdown. Proprio per questo motivo l’ultimo quarto d’ora di questo episodio, nel momento in cui ciascun personaggio trova la propria soluzione finale ai suoi problemi, risulta veramente ben scritto e azzeccato, e il messaggio rilasciato è tutt’altro che banale.
In particolare sono due i momenti fondamentali che, da soli, assolvono completamente tutti i difetti delle precedenti puntate. Il primo è l’intenso dialogo fra James e Sade sull’andare avanti nonostante i problemi e le difficoltà. In questo dialogo finalmente si fa luce sui dubbi di James sull’avere o no un altro bambino, causati dalla condizione problematica degli afro-americani negli USA (altro trend-topic della serie che qui trova una sua giustificazione). Tale dialogo, già perfetto di suo, viene esplicato nella scena finale che mostra l’incontro insperato, a distanza di sicurezza, fra Nanda e suo marito Charles. I due anziani, separati a causa della quarantena (in quanto lui è ricoverato in una casa di riposo e potrebbe rimanere contagiato se esposto alle persone esterne) riescono con uno stratagemma semplice quanto geniale, a ri-incontrarsi per il loro anniversario, in una scena che non può che toccare le corde più sensibili di ogni spettatore.
Il corteo di macchine finale, in cui vengono mostrati tutti i protagonisti della serie, non è che la ciliegina sulla torta e la chiusa perfetta per rilasciare un messaggio di speranza per il mondo di cui, adesso più che mai, si ha un disperato bisogno.
Come direbbe JD di Scrubs, con lo stesso tono stucchevole ed eccessivamente smodato di questa serie: “che l’amore trionfiiii!”. E, anche in questo caso, l’amore ha trionfato nonostante la pandemia. Forse un po’ banale e retorico, ma comunque efficace soprattutto in questo periodo e, per questo motivo, meritevole di una visione.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Seriously Now 1×03 | ND milioni – ND rating |
Love And Protest 1×04 | ND milioni – ND rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!