La mini-serie di Joanna Johnson, ispirata a quanto sta avvenendo in buona parte del mondo a causa della pandemia, continua seguendo la linea orizzontale degli avvenimenti presenti nelle sue storylines.
Una linea orizzontale quanto mai piatta dal momento che, salvo qualche plot twist di rilievo, non accade effettivamente nulla di più di quanto visto dalla precedente introduzione (o nulla che non fosse ampiamente prevedibile), lasciando tutte e quattro le storylines praticamente al punto di partenza.
Elle (Rainey Qualley) e Oscar (Tommy Dorfman) continuano le loro relazioni a distanza con dialoghi abbastanza insulsi e stucchevoli. E dire che il dialogo iniziale fra i due era anche partito bene con la dichiarazione d’amore, da parte di lei, che dà avvio al primo e vero conflitto sentimentale fra i coinquilini. Peccato che, immediatamente dopo, si passi all’introduzione del peggior attore comprimario della storia ossia l’avvenente vicino di casa dei due che fin da subito instaura un rapporto confidenziale con Elle (nonostante lei si faccia sorprendere in un vero e proprio atteggiamento da stalker) basato sulle reciproche passioni letterarie ma soprattutto sul product placement per la stessa piattaforma Freeform, che viene tranquillamente citata in mezzo ai dialoghi fra i due. È inutile sottolineare che le conseguenze di questo plot twist sul rapporto fra Elle e Oscar sono ampiamente prevedibili.
L’altra storyline preminente di questo episodio è quello che riguarda la cosiddetta “famiglia Bellows”. Il fatto più interessante di questa serie infatti è quello di aver scelto, come attori, persone che sono realmente “congiunte” (per usare un termine in voga oggigiorno) nella vita reale. Infatti Gli interpreti di Paul, Sarah e Sophie (Gil Bellows, Rya Kihlstedt e Ava Bellows) sono effettivamente padre, madre e figlia. Allo stesso modo Leslie Odom Jr. e Nicolette Robinson (gli interpreti di James e Sade) sono realmente marito e moglie. Tutto questo è stato pensato (forse) in un’ottica pratica, dal momento che risulta molto comodo avere a che fare con attori che già di per sé vivono nello stesso tetto (soprattutto per la limitazione del contagio all’interno del set), ma allo stesso tempo conferisce maggior realismo alle stesse vicende narrate, ed è sicuramente un punto a favore per la serie stessa.
Per quanto riguarda i Bellows infatti è evidente la chimica che c’è fra gli interpreti della famiglia. Si tratta inoltre dell’unica storyline veramente degna di nota poiché mostra gli effettivi problemi di persone che non hanno (almeno all’inizio) la benché minima voglia di passare del tempo sotto lo stesso tetto. Problematica in cui lo spettatore si può tranquillamente immedesimare ed empatizzare.
Il fatto poi che tutta l’azione si regga sul tentativo dei due genitori di nascondere alla figlia che in realtà sono separati da tempo enfatizza l’aspetto comico della vicenda con i classici sotterfugi da “commedia degli equivoci” riadattati però in versione moderna (bello in questo senso il modo in cui viene utilizzato Instagram all’interno della storia). Anche il plot twist finale della “violazione della quarantena” da parte di Sophie (segno che negli USA hanno un serio bisogno di dcpm più stringenti) è qualcosa di inaspettato che dà finalmente una scossa alla staticità della serie facendo uscire i personaggi dai confini ristretti delle proprie abitazioni.
Altra storyline interessante è quella di Nanda (L. Scott Caldwell) che fa anch’essa leva sull’empatia con il pubblico. Il dramma dell’anziana donna separata forzatamente dal marito è senza dubbio una delle trame che colpisce di più. In questo capitolo poi si aggiunge il ritorno a casa del “figliol prodigo” Dedrick (Catero Alain Colbert) che è un’ulteriore occasione di conflitto visto il rapporto complicato fra questo e il padre. C’è sicuramente ottimo materiale da approfondire ma, non si sa bene perché, questa storyline risulta sempre troppo in secondo piano rispetto alle altre, quasi fosse tenuta con il freno a mano.
Maggiore attenzione viene data, invece, alla storyline di James e Sade, che subisce una nuova evoluzione principalmente per l’atteggiamento schizofrenico del protagonista maschile, il quale cambia fin troppo repentinamente idea sulla sua voglia di paternità. Viene qui introdotto il tema della questione afroamericana (molto sentita negli USA, soprattutto dopo il “caso Floyd”) che probabilmente centra con questo cambiamento d’umore da parte di James. Ma l’episodio non è molto chiaro al riguardo e questo rischia di far sembrare questa una parentesi forzata all’interno della serie. Soprattutto perché la questione afroamericana poteva semplicemente tradursi nelle disparità economiche che si traducono in mancato accesso alle cure e ai servizi ospedalieri per tale fetta della popolazione, temi di cui la serie non presenta la benché minima traccia.
I problemi, già riscontrati nell’episodio pilota, riguardanti il minutaggio fin troppo esiguo e la disparità fra le varie storylines presenti nella serie, emergono dunque ancora più evidenti in questa puntata. La staticità delle situazioni presentate (nonostante i plot twist) e la loro prevedibilità rischiano inoltre di provocare noia nello spettatore. Il che, per una mini-serie di soli quattro episodi e con un minutaggio di 20 minuti a puntata è veramente incredibile.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!