“Lo so che è difficile, ma per amore dovremmo accettare anche ciò che non capiamo!”
Per essere una serie femminista, va detto che Luna Nera dà il meglio di sé per quanto riguarda soprattutto i character maschili che non quelli femminili.
Soprattutto per quanto riguarda i villains della serie: Sante (interpretato sempre ottimamente da Giandomenico Cupaiuolo) è infatti forse il personaggio più sfaccettato di questa serie, perennemente diviso fra una ferocia felina come leader dei Benandanti e una fragilità interiore che viene espressa magnificamente dal suo sfogo iniziale davanti alla chiesa. Una scena dal forte impatto visivo in cui viene evidenziato il suo attaccamento alla famiglia (il figlio Pietro) e il dolore per la scomparsa della moglie.
È sempre poi però lo stesso Sante a rivolgersi a una Cesaria (Gloria Carovana) sempre più infervorata nel suo ruolo di Benandante, dicendole che sarebbe una grande leader per la sua setta ribadendo però che è un “peccato che tu sia una donna!”. Un personaggio certamente odioso ma, in definitiva, il più umano fra tutti quelli della serie.
Che dire poi del personaggio del cardinale Marzio Oreggi (Roberto De Francesco), sotto le cui sembianze (come ormai si era capito da tempo) si nasconde l’ex-mago Marzio passato al “lato oscuro” della magia? Elemento che lo rende sempre più simile ad un “Imperatore Palpatine” de noantri, sempre alla perenne ricerca di persone da fuorviare per i propri scopi.
In questo episodio viene presentato il primo vero plot twist di una certa importanza (all’interno della storyline orizzontale della serie) nonché il primo vero scontro fra le Streghe e i Benandanti. Ed è inutile dire che il protagonista assoluto di tutto ciò è proprio l’ex-mago, che si dimostra essere il villain che questo show meritava.
Menzione a parte va fatta anche per l’uso della CGI e, in generale, degli effetti speciali, elemento che, per una serie fantasy, non è cosa di poco conto.
Va dato atto a Luna Nera, infatti che, per quanto riguarda il comparto “tecnico”, la serie non ha nulla da invidiare a produzioni molto più “mainstream”: effetti speciali, costumi, trucco e scenografie (contando che le ambientazioni sono solo due: il rifugio delle Streghe e un borgo medievale) sono realizzati veramente bene e colmano un vuoto non da poco per quanto riguarda le produzioni italiane.
E finalmente la scena dello scontro fra le due opposte fazioni (dopo la “benedizione delle armi”, anch’essa suggestiva con le formule recitate in latino) offre tutte le piene potenzialità dei mezzi tecnici che è possibile raggiungere grazie ad essi, nonché la prima vera “battaglia” dopo numerose sequenze puramente dialogiche.
Il difetto principale della serie è infatti la sua proverbiale staticità. Non solo quella dei volti e interpretazioni di attori e attrici più o meno cani (adatti più ad una pièce teatrale che non ad una serie tv), ma proprio per quanto riguarda le vicende raccontate in sé, che denunciano una certa “artigianalità” di fondo da cui ancora si fa fatica a distaccarsi, ma che può essere tranquillamente superata sperando che, da qui in poi, possano prendere ispirazione anche altre serie tv nostrane, poiché questa serie dimostra che il potenziale c’è e sarebbe da sfruttare al meglio.
Sperando inoltre che da qui in poi (proprio grazie all’uso sempre più costante della CGI) vengano messi in luce di più i poteri delle Streghe, finora solo accennati a brevi contorcimenti con le mani e per magie tutto sommato piccole e banali (per far crescere un pomodoro basta avere il pollice verde, così come per creare una chiave su misura basta andare dal ferramenta), che servono più a creare un piccolo siparietto “comico” per dare più spazio alle “new entry” della congrega di Streghe all’interno dell’episodio. Ma il risultato è solo di farle sembrare ancora più superficiali in uno show che ancora non è riuscito a dare una tridimensionalità definita alle protagoniste principali (quindi figuriamoci alle comprimarie).
La serie, dunque, ad un episodio dalla fine, denuncia, ancora una volta, grossi limiti, ma qui per la prima volta, anche buone opportunità e (forse) una luce in fondo al tunnel per uscire da questa approssimazione narrativa e regalare un finale degno di nota al proprio pubblico. In questo senso il Save finale va letto più come un incoraggiamento per il proseguimento della visione che non come puramente negativo.
Sperando che Valente si faccia… valere meglio nella prossima puntata (questa serie ha il potere di far creare giochi di parole bruttissimi ai recensori, ndR) e guarisca finalmente dalla “sindrome del bambino irritante e rompicoglioni idiota delle serie tv” che colpisce purtroppo, ogni anno, tanti attori-bambini delle serie tv italiane.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!