“So, now what?”
John Luther, scomparso da circa due anni dai teleschermi, compie il suo trionfale ritorno con una nuova ed agghiacciante prima puntata. Gli sceneggiatori sottolineano fin da subito quanto tutte le precedenti puntate andate in onda siano basilari per la totale comprensione di quanto stia realmente accadendo sotto gli occhi ignari dell’incauto spettatore.
I richiami sono molteplici, così come è lapalissiano in termini di rimandi il brevissimo teaser che viene concesso ad inizio episodio: questo va a raccogliere in maniera molto breve due dei più grandi rapporti che Luther è riuscito, a fatica, a costruire nelle passate tre stagioni: quello con Justin Ripley e quello con Alice Morgan. Il primo gli è stato letteralmente strappato di mano nelle sconvolgenti puntate conclusive della terza stagione, fatto che ha colpito davvero nel profondo Luther convincendolo definitivamente a lasciar la polizia e a fuggire con la sua (dolce) metà oscura, ossia proprio la spietata ragazza dai capelli rossi che a più riprese è ricomparsa nella vita di John per trarlo in salvo.
Paradossalmente, se la morte di Justin aveva convinto l’abile poliziotto ad allontanarsi da quel lavoro alienante, la scomparsa/morte di Alice riporta John sulla strada del ligio dovere. Ma è altrettanto interessante notare come in questo particolare caso, unico nel suo genere, non sia Alice a correre in aiuto di John, bensì il contrario.
Luther: “I’m coming for you.”
Alice Morgan: “Not if I come for you first.”
Neil Cross presenta quindi l’episodio come fosse un nuovo ciclo, un nuovo inizio con il leitmotiv della ricerca della dolce Morgan, ma i richiami al passato sono talmente forti che il primo fotogramma che viene concesso allo spettatore non può che essere un diretto rimando a dove abbiamo conosciuto realmente per la prima volta John Luther: sopra il tetto di un palazzo. Cross è abile però a ritrarre subito la mano, mostrandoci che Luther si era giustamente ritirato dalla vita da poliziotto come aveva fatto promessa. Accontenta quindi i fan di vecchia data presentando una continuità di narrazione rara se si tiene in considerazione alcuni show che invece faticavano a tenere insieme anche una semplice narrazione episodica.
Messi da parte i personaggi, tra i quali va fatta menzione di Rose Leslie (Ygritte in Game Of Thrones), l’elemento forse più caratterizzante di Luther è proprio la potenza coinvolgente che le trame di ogni singolo episodio riescono ad avere. Esse sono infatti capaci (cosa che appare forse troppo scontata, ma che tale non è vista la rarità del fatto) di calamitare in toto l’attenzione dello spettatore, incapace di distogliere lo sguardo dallo schermo per paura di perdersi il nocciolo fondamentale di quanto sta avvenendo.
Il caso dell’episodio ci viene introdotto in maniera sublime e grazie all’artificio della mossa Kansas City, qui spiegata in maniera più dettagliata da Bruce Willis ma così riassumibile: la mossa Kansas City è quando il tuo avversario è convinto che il colpo che stai per sferrargli arrivi da destra (perché così sei riuscito ad indurlo a credere), mentre il colpo gli arriverà da sinistra cogliendolo in fallo.
Lo spettatore viene disorientato dai rumori sommessi che giungono dallo scantinato della casa ed è convinto che qualcosa sia celato da quelle mura troppo poco conosciute per essere giudicate familiari, ma ciò serve solo a distrarre l’attenzione dello spettatore. Una abilissima scelta storiografica che permette di reggere una sequenza di riprese abbastanza lunga.
John Luther veniva presentato nelle passate stagioni come un uomo facilmente irascibile, soggetto a scatti d’ira incontrollati o a facile reazioni emotive. Ciò non collima affatto con la presentazione del nuovo John che è l’esatto opposto: la sua nuova abitazione, così come il suo atteggiamento distaccato durante l’incontro con la polizia, lo traslano nella fazione dei character dotati di una enorme calma interiore. Ciò non viene sottolineato o fatto notare per evidenziare la discrepanza creata con il passato, quanto per il voler far presente la notevole evoluzione del personaggio che, seppur iniziata on-screen, è giunta al termine off-screen nel periodo non descritto tra questo episodio ed il precedente (season finale della terza stagione, per l’appunto).
Da questa evoluzione va però tenuto escluso un determinato fattore che è l’elemento caratterizzante di Luther, ossia il suo essere costantemente sopra le righe e delle volte al di sopra anche della legge (cosa che in passato lo aveva messo prima sotto la lente d’ingrandimento degli Affari Interni, poi portato ad un diverbio molto acceso con Justin).
Nell’episodio si è puntato in maniera più decisa sulla violenza psicologica nei confronti dello spettatore rispetto a quella visiva, ciò viene per esempio messo in mostra nelle scene inerenti il ritrovamento del cadavere: in tali scene, infatti, il corpo della donna viene mostrato di sfuggita, ma è tenuto bene in esame l’occhio di Emma (Rose Leslie), visivamente sconvolta da ciò che il suo sguardo, prima ancora della sua mente, fatica a rendersi edotta. Le riprese in controcampo permettono quindi allo spettatore di condividere il dolore, in quella maniera empatica che tanto aiuta nel creare un legame diretto con il personaggio.
Il caso portante di questi due episodi speciali riguarda un cannibale, ma prima che si possa gridare a qualsiasi rimando ad Hannibal vi precediamo: la casa in cui alloggia ora Luther, una piccola villetta a strapiombo sul mare, ricorda decisamente tanto la villetta in cui veniva consumato l’ultimo definitivo scontro tra Hannibal e Will.
Il “nostro” Hannibal non è però così abile nel raggirare le persone, ma sembra cavarsela nel mondo dell’informatica. Anche se sarà proprio questo, poi, a tradirlo.
L’episodio è carico di colpi di scena veri ed inaspettati (premessa doverosa, visto e considerato che ora i colpi di scena sono dispensati come il pane in certe serie tv), di scene coinvolgenti e di personaggi (vecchi o nuovi che siano) che svolgono appieno il proprio compito: colpire lo spettatore e lasciare il segno. Welcome back Luther.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Luther: “A message from who?”
???: “Alice Morgan.“
Episode Four 3×04 | 5.96 milioni – ND rating |
Episode One 4×01 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.