“Some people never have a chance. Bad-luck parents, crap schools. Life gave them lemons and nobody taught them how to make lemonade. Some people have it all and still end up a worthless piece of shit.”
Parafrasando la frase di Misty, si potrebbe dire che ci sono puntate di Marvel’s Iron Fist che funzionano meglio e puntate che meriterebbero di essere tagliate, soppresse e dimenticate per sempre. Quest’ultime, purtroppo, sono quelle che gli autori evidentemente preferiscono dato il loro numero superiore rispetto alla media.
“Hearth Of The Dragon” era riuscita malamente a salvarsi nel cliffhanger finale che rilasciava un plot twist non da poco: il passaggio di poteri (forzato) da Danny a Davos e la conseguente cattura di Joy e Walker/Mary (da questo momento in poi bisognerà chiamarla così dato il suo background qui svelato).
C’erano dunque tutti i presupposti per suscitare l’interesse del pubblico a continuare la visione e si può dire che, in parte, le aspettative sono state rispettate.
A partire dalla già sopracitata Walker/Mary (l’ottima Alice Eve) che si rivela un personaggio a tutto tondo veramente particolare. Se prima, infatti, si pensava stesse semplicemente fingendo il suo affetto/amore per Danny su ordine di Joy, la descrizione del suo passato (in realtà ancora oscuro in molti punti) e della sua vera personalità la rivela un character di gran lunga più complesso ed interessante. La convivenza di due personalità in lei la pone al confine tra bene e male, ma soprattutto tra volontà e ragione, un connubio che potrebbe dar vita ad una storyline stimolante.
Ottimo poi il modo con la quale viene rappresentata la sua schizofrenia: la descrizione del sopravvento della sua personalità nascosta, prima detto solo a parole, si fa compimento nel cliffhanger finale riprendendo così tutti gli input lanciati nel corso della puntata. In un momento poi di forte tensione, che sicuramente farà sì che lo spettatore decida di proseguire nella visione degli episodi successivi.
Si può dire che in generale sono proprio i character femminili quelli riusciti meglio di questa serie.
A cominciare da Misty e Coleen, sorprendenti best buddies-detectives dell’episodio, la cui intesa si fa sempre più solida tanto che meriterebbero forse una serie spin-off tutta loro. Primo perché la loro storyline è quella meramente più action dell’episodio (con l’unica scena di lotta veramente di punta contro delle tatuatrici-ninja e già qui si può chiudere tutto), secondo perché le loro personalità e il loro percorso di formazione risultano scritte decisamente meglio, rendendole così gli unici due personaggi veramente carismatici della serie.
Anche i loro dialoghi risultano i migliori, ricorrendo spesso a metafore dalla vita quotidiana in cui però si lascia sottintendere sempre qualcos’altro, molto meglio di quelli puramente descrittivi dei characters maschili, troppo spesso forzati e prevedibili.
E qui comincia la descrizione di tutto quello che non va nell’episodio.
Sì perché, di per sé, “The Dragon Dies At Down” con le sue storylines rigorosamente tracciate e separate ed il ritmo da spy-movie riesce comunque a reggere un ritmo piuttosto velocizzato senza annoiare troppo: sicuramente ci sono stati episodi di gran lunga peggiori di questo.
Tuttavia, non si può fare a meno di notare una certa sciatteria registico-interpretativa che riesce sempre a rendere Marvel’s Iron Fist la “pecora nera” delle serie televisive “made in Marvel“. A cominciare, come già detto, dai characters maschili, i quali, oltre ad avere la sfiga di essere sempre interpretati da attori-cani degni di una fiction di Renè Ferretti, hanno anche delle evoluzioni caratteriali troppo forzate e insensate, tanto da renderli piatti e banali. Il piano di Danny per riprendersi i poteri è poi talmente pensato con il culo assurdo e semplicistico che se ne può prevedere il fallimento già a metà episodio.
Chiude poi questo cerchio infernale il lungo e prolisso dialogo tra Joy e Ward, che non serve proprio a nulla ai fini della trama dell’episodio ma che va comunque avanti per un buon quarto d’ora, rivelando così il suo scopo di mero riempitivo per far arrivare la puntata a 50 minuti (minutaggio che andrebbe rivisto, così come la durata stagionale a 10-13 episodi di tutte le serie Marvel-Netflix).
Ultima nota finale è quella della regia che passa da una nottata in cui nevica di brutto (nel dialogo in macchina tra Misty e Coleen) ad una in cui il cielo appare sereno come in una serata estiva (tutte le altre scene). È vero che New York è una città molto grande ma che da una via all’altra ci sia questo sbalzo termico pare assai improbabile.
Sono questi errori da principianti queste piccole sviste a fare sì che il giudizio finale per “The Dragon Dies At Down” sia un Save, anche se è da notare un lieve miglioramento nella trama rispetto ai primi episodi, il che fa ben sperare in una possibile ripresa qualitativa della serie da qui in avanti.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Heart Of The Dragon 2×05 | ND milioni – ND rating |
The Dragon Dies At Down 2×06 | ND milioni – ND rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!