Quello rappresentato finora dalla nuova serie prodotta dai Marvel Studios è un esperimento alquanto particolare. Moon Knight è una sorta di origin story che di “origin” ha veramente poco, non rischiando di cadere quindi in cliché di genere. Lo spettatore, allo stesso modo di Steven Grant, viene catapultato nel bel mezzo della vicenda. L’ultima missione che Marc Spector, avatar del dio egizio Khonshu, sta completando, prima di liberarsi da questa “schiavitù”, consiste nello sconfiggere Arthur Harrow, avatar del dio Ammit. Una guerra innanzitutto ideologica sul significato della parola giustizia.
Oltre questo, c’è però tutta una cura maniacale nel lato artistico della serie. Partendo dall’atmosfera, squisitamente medio orientale, piena di riferimenti alla cultura degli antichi egizi. Gli attori aiutano in tal senso, nonostante l’esiguo numero di protagonisti. La caratura degli interpreti riesce a sostenere tutto il peso delle due ore circa di pellicola (finora) sulle spalle. La regia, stavolta offerta dal duo Benson & Moorhead, presenta ancora una volta parecchi spunti interessanti e sequenze action da manuale.
SPECCHI
Così come in “The Goldfish Problem” la simbologia dello specchio, del doppio, si ripresenta anche in “Summon The Suit”. In apertura Steven si reca al museo per assistere ai filmati della sicurezza, ma quello che scopre è sconvolgente: nulla di ciò che era accaduto era reale, o meglio visibile. Grazie alla prima metà di quest’episodio lo spettatore, quindi, inizia a comprendere un po’ quelle che sono le “regole del gioco”. Tutti gli elementi appartenenti alle divinità egizie non sono visibili, possono manifestarsi solo come forma di presenza, al pari di fantasmi, demoni. Tuttavia questo non li rende intangibili, scontrandosi per esempio con Layla (un’ottima May Calamawy): delle curiose basi di partenza
Viene anche amplificato e implementato l’idea sull’utilizzo degli specchi per quanto riguarda Steven/Marc. Un qualche avvenimento ha sbloccato la capacità delle due (o più?) personalità di comunicare tra loro attraverso il riflesso in qualsiasi oggetto. Un escamotage alquanto elegante per permettere ad Oscar Isaac di dare sfoggio delle sue diverse sfaccettature come attore. Lo spettatore (quello medio, che non conosce il personaggio inizialmente chiamato Lunar nelle pubblicazioni italiane) sta imparando a conoscere e ad apprezzare tutti i lati le personalità di Moon Knight, il che è già un parziale successo.
MITOLOGIA EGIZIA 101
Spesso si ironizza sulle ispirazioni più o meno stravaganti che La Casa delle Idee ha usato negli anni per i suoi personaggi. Probabilmente, però, una delle mitologie più affascinanti è proprio quella riguardante l’Antico Egitto. La scelta di affondare le radici del personaggio di Moon Knight tra geroglifici e piramidi è un ottimo punto di partenza per una serie televisiva, dato il fascino che porta la cultura egizia sullo schermo con tutti i suoi misteri. Con quest’episodio vengono maggiormente chiariti i contorni delle due divinità finora presentate: Khonshu, dio della luna, e Ammit, divoratrice dei morti indegni. In particolare lo screen-time dedicato a Khonshu rende giustizia a un personaggio già ben impresso nella mente degli spettatori.
Un focus particolare, invece, è dedicato alla concezione di giustizia. Per Ammit la giustizia è predeterministica, lavorando per un bene superiore e giustificando i mezzi, un po’ a là Minority Report. Discorso diverso per il dio della luna che si serve del suo avatar, Marc, per fare giustizia in una maniera meno ortodossa, ma non per questo meno violenta, indossando un costume abbastanza sofisticato (che è molto più pratico di quanto sembri). Non è ancora ben chiaro il modus operandi di tutto ciò, fatto sta che ogni personalità sembra sviluppare un suo costume cucito addosso alla diversa caratterizzazione. Un “armatura cerimoniale del tempio di Konshu” per Marc, un completo (“suit“), con un simpatico gioco di parole per Steven.
Marc Spector: “Oy, Steve, what the hell are we wearing?”
Steven Grant: “I don’t know. She said I needed a suit.”
Marc Spector: “Yeah, the ceremonial armor from Khonshu’s temple, not psycho Colonel Sanders.”
TWO MEN SHOW
Certo, i fan dei fumetti staranno a gridare allo scandalo, data la diversa caratterizzazione impressa alla new-entry: Mr. Knight. Una sorta di detective noir, lasciata intendere come un’altra personalità di Steven e Marc attraverso i diversi poster promozionali, che in realtà è semplicemente un costume che si addice al fragile e insicuro Steven Grant. Le personalità sono due, così come due sono gli attori. Una struttura duale che finora sta funzionando alla grande. Il costume è semplicemente l’alter ego di una o l’altra personalità, non una personalità a sé stante. Una libertà creativa che si può facilmente perdonare agli autori dati gli ottimi risultati.
Infine un doveroso plauso ai due attori. Per Oscar Isaac sono state spese già tante belle parole, ma non dovrebbe passare in sordina un Ethan Hawke in ottima forma. Complice una sceneggiatura accattivante, l’Arthur Harrow di Hawke è un personaggio ambiguo e mistico, capace di soggiogare un intero villaggio, e per metà puntata anche lo spettatore stesso. Il pubblico arriva a considerarlo un “buono” viste le apparenze, per poi tradire tutto ciò con la scena dell’assassinio a sangue freddo, senza passare per il rituale del giudizio di Ammit.
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Moon Knight si conferma, dopo l’ottimo pilot, forse la miglior serie finora dell’MCU. Una scommessa vinta al momento data la grande attenzione rivolta verso un personaggio semi-sconosciuto per il grande pubblico.
PS: non perdetevi il fumetto omaggio (minuto 8:26)!
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.