“Ollie ollie oxen free, come out Brady! Come on Come on, wherever you are!”
Dopo un episodio che aveva risvegliato lo stato comatoso dello spettatore (e non solo di Brady) dando finalmente nuova linfa allo show, Mr. Mercedes cade sulla classica buccia di banana.
Il motivo principale di questa ri-caduta non è tanto lo stratagemma, alquanto fortuito, con cui il principale protagonista-villain dello show riesce a “tornare in vita”, riaprendo così tutti i conflitti esistenti tra i personaggi, quanto il come questa cosa venga affrontata e centellinata dagli autori.
In quasi un’ora di puntata (57 minuti per la precisione) il numero di scene dialogiche si spreca. In pratica è tutto un dialogo continuo a due (a volte tre) tra i vari personaggi dello show. E solamente alcuni di questi, tra cui due intense scene che hanno per protagonista Lou (rispettivamente con lo stesso Brady e con Bill) sono degne di nota.
Tutto il resto è una ridondanza continua di indagini e supposizioni che lo spettatore in parte sa già o può immaginarsi, con continue metafore e riferimenti colti (soprattutto biblici) che però lasciano il tempo che trovano.
In questo episodio è soprattutto il mondo dell’infanzia a farla da padrone.
Si comincia fin da subito con una lunga sequenza onirica in cui il povero Bill viene trascinato per la casa come un trenino da Brady (sul come è meglio sorvolare onde evitare traumi al pubblico maschile!) con tanto di fischio del treno.
Si tratta peraltro di un buon incipit, forse l’unica scena veramente horrorifica in una delle poche storie del Re del terrore non pienamente ascrivibile nel genere horror. Ed è anche una delle poche scene dell’episodio dove veramente succede qualcosa. Bisognerà poi aspettare l’arresto di Reggie per avere una scena di suspense simile, circa mezzora dopo.
Per tutto il resto il mondo dei traumi infantili connessi ai giochi prosegue per tutto l’episodio, ogni volta sviscerato in una metafora diversa (l’intenso dialogo tra Lou e Brady sul bullismo, la formula del nascondino di Bill…) come un vero e proprio leitmotiv di puntata.
Tuttavia solo queste due scene riescono veramente a far andare avanti la trama, per il resto tutto appare come un’inutile rimarcamento di un concetto che, alla lunga, appare come trito e ritrito.
Risulta chiaro che “Proximity” è il classico episodio di raccordo, e che il bello (o il brutto, non si sa ancora) dovrà avvenire già dal prossimo episodio, come annunciato dal cliffhanger finale che riapre, per l’ennesima volta, la storia.
Cosa e come avverrà al momento lo sanno solo gli autori, ma c’è da sperare che sia qualcosa di veramente spettacolare perché al momento lo show ha il ritmo di una lunga e sofferta partita a scacchi in cui ciascuno dei due contendenti non ha intenzione di muovere le proprie pedine perché sta aspettando che lo faccia l’altro.
Questo almeno sembra essere il vero obiettivo di Brady, il quale, rinchiuso dentro il suo limbo mentale, pare starci bene prendendo costantemente per il culo quelli che tentano di approcciarsi a lui.
La sensazione, in effetti, è quella che tutti gli altri personaggi dello show vivano solo in funzione di lui, e dice bene Bill quando afferma che lui stesso è riuscito a “tornare a vivere” solo grazie a lui.
Il problema è che sono molti i personaggi che hanno a che fare con Brady: uno dei meriti di questa seconda stagione, infatti, è stato quello di sviscerare maggiormente il contesto in cui è ambientata la storia, compresi tutti gli altri co-protagonisti dello show, rendendola così molto più di una semplice caccia gatto-topo tra Brady e Bill.
Ma non tutti i personaggi sono degni di nota, anzi qualcuno di essi risulta veramente inutile. Uno su tutti il dottor Felix Balineau il quale non si capisce se c’è o ci fa a cadere costantemente dalle nuvole ogni volta che si scopre qualcosa sul suo paziente.
Soprattutto in questa puntata quando si scopre che il suo lavoro è solo una pedina per un complotto più grande orchestrato dalla moglie Cora (una straordinaria Tessa Ferrer), vera rivelazione di questa seconda stagione che si dimostra essere un personaggio molto più interessante del marito (e potenzialmente più malvagio dello stesso villain).
Per il resto, dal procuratore Montez ad Holly fino a Jerome c’è ben poco di cui potersi appassionare, dal momento che la loro funzione all’interno dello show è solo quello di mero supporto di Bill (o di Brady a seconda dei casi).
L’intuizione di allargare il focus sull’ambiente circostante i due co-protagonisti però è giusta e sacrosanta e sarebbe meglio proseguire in questa direzione, sempre però tenendo conto che deve, da questo momento in poi, succedere qualcosa (Brady se ci sei batti un colpo che qui stanno aspettando te!) per evitare di cadere nella noia più totale.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!