Narcos 1×03 – The Men Of AlwaysTEMPO DI LETTURA 7 min

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“Imagine you were born in a poor family, in a poor city, in a poor country, and by the time you were 28 years old, you have so much money you can’t even count it. What do you do? You make your dreams come true. Problem is, nobody can control the dreams they have. Especially if you were Pablo Escobar. Especially if you grew up in Colombia.”

“The Men Of Always”, titolo della puntata e espressione con cui Pablo Escobar si riferisce ai soliti potenti che tengono tra le mani le redini del Paese, mostra la breve carriera politica di Pablo Escobar. Dalla campagna elettorale, all’elezione e successive dimissioni forzate, si mette un attimo da parte la cocaina e los negocios – un po’ come, l’episodio ci mostra, fa lo stesso Escobar mentre momentaneamente insegue il sogno politico.
Chi si aspettava di vedere lo spaccato di una società e cultura chissà quanto diverse e avulse da quella “sviluppata” occidentale avrà sicuramente capito che dovrà rivedere le proprie aspettative. Se è vero che fa un certo effetto pensare che un narcotrafficante riesca a guadagnarsi un seggio al Congresso comprando letteralmente e impunemente i voti della povera gente (surreale scena degli scagnozzi che danno alla luce del sole soldi al popolo dopo il comizio elettorale in piazza), non si può non riflettere su quanto il principio che sottende tale meccanismo politico di consenso sia ancora ben diffuso anche in altri contesti meno arretrati economicamente e culturalmente: il dilagante populismo che in tempi di tensioni e crisi fa da padrone nella scena politica e televisiva non è affatto una prerogativa della Colombia degli anni ’80, dilaniata dalle diseguaglianze sociali ma, sebbene in forma sapientemente nascosta, è lo strumento prediletto di chiunque e in qualunque società cerchi di far leva sull’ignoranza, la povertà, la disperazione, parlando alla famosa “pancia” della gente. Così fanno molti politici dei giorni e paesi nostri, così fa Pablo Escobar mentre ingenuamente crede di poter coronare il sogno della Presidenza della Colombia. Come tanti altri criminali prima di lui hanno portato all’attenzione degli spettatori sul piccolo e grande schermo, anche il Pablo Escobar creato da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro, subisce il conturbante doppio effetto del fascino/rifiuto del “cattivo”. In genere quando il protagonista indiscusso è il criminale in questione (vedi “Blow”) la corda tira più dal lato del fascino e lo spettatore è portato a tifare per lui (pure quando il protagonista non è criminale ma fa il criminale, vedi Breaking Bad, mentre quando ci sono in ballo uno o più eroi (vedi “Gli Intoccabili”) è molto più facile evitare il conflitto interiore con la propria coscienza – soprattutto perché, ad esempio nell’ultimo caso, se anche uno è indeciso tra tifare per De Niro o Kevin Costner poi arriva Sean Connery e non c’è più nemmeno da discuterne, sorry Bob.
Un prodotto come Narcos eccelle, tra le varie cose, anche per il fatto che, semplicisticamente, non ci sono solo buoni e cattivi. Nonostante questo episodio abbia mostrato due “eroi” sacrificatisi in nome della lotta al narcotraffico (l’agente della DEA torturato e ucciso anni addietro che rappresenta ora un Gesù Cristo per i gringos; il ministro che dichiara “guerra” a Escobar e compagni), sappiamo che in realtà sono gli stessi poliziotti a dover essere pronti a sporcarsi le mani per compiere il proprio lavoro: Murphy ha solo iniziato a confrontarsi con la realtà di dover sacrificare molto e molti per combattere il narcotraffico (si veda la fine di tutti gli implicati nel primo arresto di Escobar, o il dover continuamente affidarsi a un informatore come Suarèz che è contemporaneamente al soldo di polizia e narcos) ma, come abbiamo intuito in “Descenso“, a breve non si farà alcuno scrupolo a vendere una manciata di criminali ad una squadra di poliziotti/esecutori. Così lo spettatore si trova tra due fuochi (spesso letteralmente) e solo i Sette Dei sanno quanto, a chi scrive, piaccia questa situazione (momento pubblicità – si vedano le recensioni, lunghe che la metà bastava ma è una serie troppo ben fatta per non parlarne sempre e tanto, di Boardwalk Empire).
Ad accentuare questa sensazione va sicuramente la presenza del narratore “esterno”, che tanto esterno non è. La presenza di una voce narrante può essere un’arma a doppio taglio per la riuscita di una serie, in particolare se, come è ormai evidente, non funge solo da introduzione alle vicende nel pilot ma da costante accompagnamento lungo le puntate, aiutando lo spettatore non solo ad addentrarsi nel particolare contesto storico-sociale ma anche a capire le motivazioni dietro le azioni dei personaggi. Nel far ciò si rischia, infatti, di scadere nello “spiegone” generale (pericolo finora tendenzialmente scampato in Narcos) e ridurre la narrazione esterna a ripetizione di quanto lo schermo già non mostri. Invece qui l’espediente è utilizzato al meglio sfruttandone le potenzialità ed evitandone le debolezze. La voce narrante di Murphy (aiuta il fatto che non sappiamo in che punto della storia si trovi nel futuro da cui la commenta), infatti, pur non nascondendo il proprio giudizio nei confronti delle vicende, grazie al velo di ironia che traspare dai suoi commenti, sembra quasi super-partes. Il poliziotto diventa come quello scrittore di un romanzo che guarda e descrive i suoi personaggi con occhio accondiscendente, pronto a comprenderli e a giustificarne le azioni, in quanto ne conosce tutto: sogni, paure, debolezze. Il narratore esterno permette di saltare, o comunque di non dilungarcisi troppo, scene ridondanti ma normalmente necessarie a spiegare un personaggio o un suo comportamento per concentrare l’attenzione su quelle fondamentali che servono al progredire della storia. Emblematico è il caso della scena di Escobar che sale verso il Palazzo del Congresso al suo primo (e ultimo) giorno da deputato. Un altro tipo di serie ci avrebbe schiaffato una scenetta di un povero Pablo bambino che guarda con aria di sfida i “men of always” passare sulle loro auto di lusso con vetri oscurati, e da lì avremmo capito che aveva sempre sognato di diventare grandioso come dice a Valeria. Invece il bellissimo alternarsi delle scene del Pablo beatamente soddisfatto sotto la pioggia e del Pablo che solitario si avviava al Congresso, agitato come un bimbo al primo giorno di scuola, accompagnato dalla voce narrante di Murphy, ci dà un indizio di cosa passa per la mente dell’uomo, senza davvero addentrarcisi.
Non ultimo, la presenza di un narratore che descrive e insieme apporta riflessioni sulle vicende permette di evitare che, per dar spazio a pensieri o riflessioni più o meno profonde, ci debba essere un personaggio particolare come il Rusty di True Detective o che, comunque, si finisca sul filosofico, rischiando di cadere nel pedante e irreale.

There’s a reason magical realism was born in Colombia. It’s a country where dreams and reality are conflated… where, in their heads, people fly as high as Icarus. But even magical realism has its limits. And when you get to close to the sun… your dreams may melt away.

Un piccolo difetto, che in realtà è più un timore (magari infondato), lo si può trovare: in questa puntata abbiamo visto il resto dei componenti del cartello (e anche lo stesso cugino di Pablo) iniziare a nutrire dubbi sulle capacità di Escobar a mantenere gli affari prosperosi e protetti. A prescindere da quanto rispecchi o no il reale avvicendamento dei fatti, appare un po’ telefonata una prossima loro ribellione nei confronti del capo (Romanzo Criminale – La Serie, anyone?) così come vi è il sentore che la moglie di Murphy sia stata messa lì solo per essere prima o poi sacrificata come il gatto – a ripercorre un classico pattern delle storie a tema malavitoso. Saranno riusciti gli autori a trovare il modo di mantenersi contemporaneamente originali e aderenti alla realtà? Beato chi ha già avuto il tempo di guardarsi la stagione tutta d’un fiato e già lo sa!

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il discorso del ministro a Murphy sulla vanità degli americani
  • Realismo dei temi trattati
  • Sapiente utilizzo del narratore esterno
  • Gli eventi futuri sono già prevedibili o sapranno stupirci?

 

Narcos, alla terza puntata, continua a confermarsi prodotto di altissima qualità che si staglia insieme a molti altri del panorama Netflix (si veda il nostro Netflix Memorandum) grazie a un buon materiale di base ma soprattutto a un buon lavoro di scrittura e che fa ben sperare per un percorso in crescendo puntata dopo puntata.

 

The Sword Of Simòn Bolivar 1×02 ND milioni – ND rating
The Men Of Always 1×03 ND milioni – ND rating

 

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