“I don’t understand sex.“
Dopo quello della religione, tema centrale di “Where My Dreidel At“, “A Tittin’ And A Hairin'” sposta i propri riflettori su un altro tema cruciale e ben riconoscibile dello show di Jenji Kohan, ovvero quello del sesso. E, ancora una volta, la tecnica narrativa vede la sua impostazione nel puntuale flashback d’episodio, per poi sviscerarli, toccando più strati e muovendosi su diversi livelli, attraverso le detenute del Litchfield nel presente.
Fin dai primi minuti, infatti, appare subito chiara la dichiarazione d’intenti degli autori, con il grottesco passaggio dall’infanzia alla pubertà di colei che scopriremo essere una piccola Doggett, alle prese con il principio della sua maturazione fisica e sessuale. Nel flashback di Pennsatucky si registrano innumerevoli leitmotiv della serie. Il più emblematico, che si consuma esattamente nella scena in questione, è quello del rapporto, spesso complicato e il più delle volte nocivo, con la figura genitoriale. In questo caso, assistiamo alla mamma di Tiffany, nella sua veste di incredibile rappresentante di quella fascia arretrata e chiusa ben radicata in certe zone degli Stati Uniti (gli stessi moderni USA della recente legalizzazione dei matrimoni gay), individuata come principale fonte delle devianze della futura Pennsatucky. Una “colpa” condivisa in seguito con la stessa società in cui la vediamo crescere, rilevabile efficacemente nel rozzo Abe e nella sua particolare “contrattazione” con l’accondiscendente ragazza. Tra la magistrale, e ormai neanche più sorprendente, interpretazione di Taryn Maning e la scrittura degli sceneggiatori, viene delineato così il riquadro di uno dei personaggi più evoluti e meglio caratterizzati nell’arco del lungo percorso di Orange Is The New Black. In un’ottica più interna alla terza stagione, invece, il flashback di Pennsatucky si aggiunge a quello di Nicky, nel suo essere approfondimento ulteriore di un personaggio “già conosciuto” (manca, infatti, il motivo della sua carcerazione, poiché presentataci lo scorso anno), accentuandone in questo modo la centralità e la rilevanza, soprattutto nel suo puntuale collegamento diretto al presente, culminante in una delle scene più disturbanti ed intense della storia dello show.
“I don’t understand sex” è la citazione di Suzanne, estrapolata dalla sua toccante confessione ad una Morello in visibile difficoltà, che apre non a caso questa recensione. Il parallelismo tra la sua situazione e la sconvolgente storia di Dogget è indubbiamente una tra le associazioni più raffinate che Jenji Kohan & co. ci abbiano mai proposto. L’inconsapevolezza fisica e sessuale del proprio corpo, dettata perciò da un’educazione pressoché assente e trascurata, si sublima nel “passato” di Pennsatucky con la parentesi delicata (e per questo quasi “irreale”) vissuta grazie all’affascinante e piacente Nathan; così come, nel “presente”, il personaggio di un’altrettanto eccezionale Uzo Aduba deve far fronte a tutta la propria insicurezza provocato dal tenero corteggiamento di una detenuta. Il confronto tra passato e presente, continua poi nel finale, seguendo stavolta la linea degli opposti. La paura tenera e ingenua di “Crazy Eyes”, incapace di “aprire quella porta”, va così abilmente a precedere il più violento e sconvolgente stupro finale subito da Doggett. Una violenza che va a rappresentare l’altra faccia del sesso, quella animalesca, morbosa e perversa, simile a quella che l’autrice della serie “Time Hump Chronicles” mette in scena inconsapevolmente nei suoi racconti brevi, denotando un’ironia mai così cinica e sottile da parte degli autori.
Cerchi che si aprono e si chiudono, storie che s’incrociano cambiando continuamente registro, la dramedy forse ai suoi massimi livelli e sceneggiatori finalmente ispirati: tutto questo contribuisce a rendere “A Tittin’ And A Hairin'” uno degli episodio migliori della serie. Finisce così che le pulsioni sessuali e incontrollabili, viste però in un’ulteriore accezione, ossia da un lato ben più spensierato e allo stesso tempo sensuale, arrivano a coinvolgere anche la tresca tra la protagonista Piper e la non-più-tanto-nuova arrivata Stella, concretizzatasi nel bacio che chiudeva l’episodio precedente. Il “commercio delle mutande”, tra l’altro ennesimo elemento di perversione sessuale, diventa il pretesto per avvicinare la neo-nata coppia, rispecchiando a tutti gli effetti, nel suo essere un elemento di puro e divertente intrattenimento (tanto nello show quanto nella stessa vita diegetica delle detenute), la leggerezza con cui la protagonista si lascia andare, senza alcun ripensamento, a Ruby Rose alla relazione fedifraga. Una frivolezza che contrasta con i turbamenti e le paranoie di Alex, ossessionata da Lolly, che hanno già portato (forse troppo repentinamente) all’allontanamento e alla rottura delle storiche amanti. Piuttosto ironicamente, sull’onda del black humour tipico della serie, tali ansie si risolvono in nulla di fatto, con i deliri surreali di un’impotente Lolly che certificano solamente che la “caccia all’assassino” mandato da Kubra non solo non è finita, ma riparte da zero, vista la sorprendente smentita di un’indiziata pressoché sicura (e per questo forse troppo scontata). Ad Alex non resta che rimanere tradita e confusa proprio a causa di qualcuno che, in quanto a manie di persecuzione, sta evidentemente peggio di lei.
Soso e il suo complicato ambientamento, in relazione all’accrescersi della burocrazia riguardante il proselitismo di Norma, insieme al bizzarro quanto commovente incontro tra Nick Sobotka “Pornstache” e Clara Clayton sua madre, e dulcis in fundo il fisico acutizzarsi dello scontro, fin qui verbale, tra Sophia e Gloria, riescono tutte a far emergere uno degli aspetti che rendono OITNB spesso tanto “differente”: ossia, come le sottotrame vadano avanti, parallelamente, anche dopo esser state al centro rispettivamente di un qualsiasi precedente episodio, lì dove la maggior parte delle serie in circolazione avrebbero semplicemente voltato pagina, magari troncando la narrazione e la sua evoluzione “alla bene e meglio”. Che poi siano tutte capaci di ottenere la loro porzione di attenzione da parte dello spettatore rientra in quei casi in cui l’affezione dei fan per il proprio beniamino gioca la sua parte considerevole. Menzione a parte per la piccola storyline, portata avanti da una buona fetta di stagione, per il processo alla Benedetta Parodi americana, che sembra essere arrivata già al suo capolinea. Il fatto che la vicenda sia direttamente ispirata alle memorie di Piper Kerman, e riguardanti in particolare l’incriminazione per frode di Martha Stewart (e le speranze delle detenute che fosse scelta la loro prigione), farebbe propendere per una sua conclusione, anche geniale nella suo essere realisticamente deludente, ma in tal caso davvero la produzione dello show avrebbe ingaggiato la Nina Sharp solo come specchietto per le allodole?
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Where My Dreidel At 3×09 | ND milioni – ND rating |
A Tittin’ And A Hairin’ 3×10 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.