Mancano ormai quattro episodi alla conclusione di Brooklyn Nine-Nine e, a prescindere dai consueti detrattori del “eh, però era meglio prima”, la serie ha già messo in cassaforte un posto di rilievo non soltanto nel cuore di tutti i suoi spettatori più affezionati, ma anche, e meritatamente, nella storia della serialità televisiva contemporanea.
Continua quindi il focus su uno degli argomenti più delicati legati alle forze di polizia americane, cioè la percezione, sempre più negativa da parte dei cittadini e, utilizzando il suo stile inconfondibile, la serie riesce a raccontare la realtà attraverso la comedy in maniera ineccepibile, regalando inoltre allo spettatore una “morale conclusiva” tra le migliori viste finora all’interno della serie.
THERE’S A BOMB ON A BUS
“Speed is a movie, I don’t let you ruin this!“
Utilizzando l’oramai iconica ossessione di Jake per i film d’azione, in questo caso specifico per il celebre thriller del 1995 Speed con protagonisti Keanu Reeves, Sandra Bullock e Dennis Hopper, l’episodio si pone come obiettivo principale quello di raccontare falle e contraddizioni di un sistema, quello delle forze di polizia americane, attraverso il consueto stile a cui Brooklyn Nine-Nine ha abituato il suo pubblico in questi otto anni di messa in onda. Partendo quindi da una falsa premessa – il sospettato di Peralta – e passando per una soltanto innocua faida tra colleghi per delle caramelle – il vero fulcro, seppur camuffato, dell’intero episodio – “The Set Up” passa al microscopio il personaggio di O’Sullivan, incarnazione del male endemico nascosto dall’uniforme e arcinemesi (per sua stessa ammissione) di onesti poliziotti come Amy Santiago o Raymond Holt.
Utilizzando siparietti comici abbastanza “classici” per la serie NBC, trattando prima la questione caramelle come un triangolo amoroso tra Terry, Boyle e Scully (“It’s not you, it’s me. My taste in candy changed.“) e poi utilizzando la coppia Diaz-Santiago per cercare di fregare O’Sullivan (anche qui utilizzando stilemi classici quali la “nine-drinks Amy“), la puntata prima approfondisce ulteriormente la caratterizzazione del personaggio interpretato da John C. McGinley, finora soltanto accennata, per poi giungere al colpo di scena finale con annessa sospensione (giusta) di Peralta.
HE’S MADE ME HUFFY
O’Sullivan: “Oh, there she is, my archnemesis.”
Santiago: “You’re a cop O’Sullivan, shouldn’t your archnemesis be a criminal?“
Se finora la new entry O’Sullivan era stata appena abbozzata, in questo sesto episodio viene finalmente dato il giusto spazio al grande John C. McGinley per mostrare tutto il suo potenziale comico. Pur interpretando un personaggio completamente privo di morale, emblema di tutto ciò che c’è di sbagliato nelle forze di polizia, l’attore riesce comunque a rendere divertente anche la più meschina delle azioni. A partire dalla riluttanza nel pronunciare semplici parole come “scusa” o “errore” (additate addirittura come “the S word” e “the M word”), parole in grado di portare alla sospensione di uno dei suoi colleghi, e passando per la sua strana vita privata fatta di abusi d’alcol e disturbanti complessi di Edipo (“nobody spoons like my mom“), tutto in O’Sullivan è costruito per portare lo spettatore ad odiarlo, configurandolo come l’anti-poliziotto per eccellenza (quasi peggio dell’Avvoltoio), eppure grazie a McGinley il character non risulta mai fastidioso, portando anzi chi guarda a ridere dei suoi tremendi eccessi.
Proprio per questo la figura di Holt, rimasta nello sfondo per tutto l’episodio (ma rimanendo comunque, come sempre, il miglior personaggio in scena), riemerge prepotentemente sul finale, pronto a mettere in evidenza tutto il male nascosto dietro la comicità demenziale tipica della serie. Con un monologo che rimarrà nella storia forse come uno dei più coinvolgenti sentiti finora, Andre Braugher riesce così a sintetizzare tutto il male che personaggi come O’Sullivan (stavolta quelli reali) portano all’interno delle forze di polizia, invalidando il lavoro di quei (pochi) poliziotti onesti che hanno votato la loro esistenza alla protezione della comunità e che hanno a cuore il benessere delle persone che lo circondano ancor prima del proprio. Parole che quasi sicuramente, trattandosi di una semplice comedy televisiva, saranno soltanto foglie al vento, ma che comunque, per la loro forza e intensità, meritano di essere riportate:
“Do you know what happens when you refuse to punish cops for their mistakes? When police are treated as a separate class of citizen above the law? It breeds a lack of trust in the community, and the lack of trust means people won’t help us with our investigations, or testify, or even call us when they’re in danger. It makes them more scared of us than of criminals and gangsters. It makes them run when we approach, even though they’ve done nothing wrong. It makes the people see us as the enemy.“
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Un sesto episodio molto classico nei suoi stilemi narrativi ma impreziosito da una morale conclusiva molto forte e brillantemente interpretata da Andre Braugher. Mancano solo quattro episodi alla fine di Brooklyn Nine-Nine e se ne può già sentire la mancanza.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.