Continua il percorso nell’assurdo mondo di Mrs. Davis, dove succedono tante cose senza senza senso, tenute insieme da una narrazione coinvolgente ma che mette lo spettatore di fronte ad un problema non da poco: dove vogliono andare a parare Damon Lindelof e Tara Hernandez e fino a quanto possono giocare col pubblico?
PERCEZIONI E STIMA DI SÈ
Il centro di questo episodio è il personaggio di Wiley, il primo amore di Simone, che nell’episodio precedente si scopre non essere quello che sembra, cioè solamente membro della ribellione contro il controllo di Davis ma anche mosso da altri interessi legati alla ricerca di Simone.
Va fatto prima un discorso in generale. Con l’andare avanti degli episodi, è evidente che oltre al confronto tra la fede e la tecnologia, incarnati dalla presenza di Gesù Cristo e dell’intelligenza artificiale Mrs. Davis (che nel Regno Unito ha un altro nome), c’è la volontà di esplorare come ogni personaggio trovi le proprie motivazioni per affrontare la vita. Nel caso di Wiley, si scopre brutalmente, tramite l’introduzione dello strano personaggio Bo, che fino ai suoi 25 anni ha vissuto in una teca di vetro in modo da vivere senza rischi fino al giorno in cui avrebbe ereditato tutti i soldi che gli aveva lasciato il nonno. Un bambino/uomo fragilino che, per ritrovare un senso e una stima di sé, decide di affrontare un toro scatenato in un rodeo, il giorno stesso in cui Elizabeth/Simone si avvicina alla religione per proteggerlo da una morte quasi certa.
7 anni prima quindi, Simone si innamora di Gesù Cristo, che diventerà metaforicamente suo marito, facendo però credere a Wiley che sia stato lasciato poiché un codardo che ha evitato di compiere fino in fondo la cavalcata della sua vita sul toro leggendario. Percezioni di sé, appunto, inevitabilmente soggettive, che sottendono ogni personaggio di questa serie, nelle sue parti più drammatiche e in parte tragiche.
LASSÙ IN SCOZIA, UNA SPADA NELLA ROCCIA GIGANTE
La ricerca prosegue nelle sue modalità assurde, con volontari salti logici in termini di trama, evidentemente non importanti per la narrazione (e l’effetto) che si vuole ottenere. Così ci si trova in Scozia, in un assurdo festival revocativo di re Artù e della spada nella roccia. Una prova di coraggio e resistenza, chiara metafora di un senso di rivalsa che preme ad ogni suo partecipante.
La vera peculiarità di questa serie è lo sfruttare gli spunti più assurdi e paradossali per esplorare i drammi interni dei personaggi. In altri contesti, i repentini cambi di toni all’interno della narrazione risulterebbero fastidiosi oltre che incomprensibili. Qui invece, si riesce a passare da situazioni comiche (i vari “cavalieri” nella prova di resistenza) a quelle più drammatiche (Simone che scopre le ali di Wiley e la rivelazione conseguente sulla fine della loro storia d’amore), sotto una tempesta improvvisa, il tutto con un carica emotiva soprassatura. L’effetto che si ottiene è sicuramente lo spaesamento ma anche la necessità (e la curiosità) di andare avanti e saperne di più.
I MISTERI E L’ACCUMULO DI INDIZI
Il gioco narrativo è quello di accumulare molti indizi e situazioni piene di mistero per ampliare il senso (o, meglio, i sensi) della narrazione, in un gioco tipico di Lindelof, dove ogni cosa vuol dire molto di più di quello che sembra, in quel confine sempre in primo piano tra credenza, sensatezza e ignoto.
Pertanto vengono presentati altri due personaggi, la madre di Simone e il misterioso Padre, entrambi inquietanti e molto potenti, probabilmente altri burattinai in un mondo di persone che vogliono essere guidati da qualcuno o da qualcosa in ogni caso.
La stessa Simone non è esente da questa necessità ed è forse qui che l’altro tema da considerare per interpretare la storia che viene presentata: la scelta di perseguire il proprio percorso di crescita personale è molto più complessa e difficile di quanto si creda. Poiché, oltre alla fede, alla società, alla famiglia, ogni persona non può prescindere dai propri condizionamenti e convinzioni e affrancarsene potrebbe essere una battaglia dall’esito tutt’altro che scontato.
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Chi scrive, adora essere trasportato in questo mondo narrativo così fuori dalle righe ma riconosce la possibile difficoltà di reggerlo alla lunga. Finora tutto molto interessante e meritevole di visione.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.