Outlander procede con la cavalcata stagionale offrendo al suo pubblico l’ennesimo episodio di natura transitoria, che in questa occasione arriva addirittura a sfiorare la classificazione di mero filler. Questa settimana la serie opta, infatti, per un episodio quasi monografico, raccontando il passato di Ian, nello specifico il suo processo di accettazione all’interno della comunità dei Mohawk e i tragici risvolti della sua relazione, ormai finita, con una giovane ragazza della tribù di nome Emily. Il tutto, lasciando ben poco spazio all’approfondimento degli avvenimenti storici che fanno da sfondo alle vicende dei protagonisti. Una scelta totalmente in linea con le puntate che hanno preceduto “Hour Of The Wolf” ma che, giunti a questo punto, comincia a rendere la visione di questa sesta stagione un po’ troppo pesante, a maggior ragione se si pensa alla durata dei singoli episodi che, finora, resta sempre abbondantemente sopra l’ora di girato.
DA BAMBINO VOLEVO FARE L’INDIANO
“It is what must be.“
Nel presente la tensione in merito all’accordo fatto con i Cherokee è palpabile. Jamie, come al solito, si trova in mezzo a due fuochi, costretto ad affrontare il peso della sua leadership, e l’approvvigionamento di una manciata di fucili non sembra comunque essere sufficiente nell’ottica di una possibile chiamata alle armi. All’accampamento giungono anche alcuni membri dei Mohawk, trovatisi lì per ragioni commerciali, e tra di loro uno sembra risvegliare in Ian un ricordo doloroso dal passato. Ricordo che verrà poi raccontato a Jamie attorno ad un fuoco in un momento di sfogo molto solenne, tramite un lungo flashback che coprirà gran parte del minutaggio dell’episodio.
Gli autori di Outlander riescono a dipingere l’immagine vivida di un giovane uomo bianco innamorato di una ragazza Cherokee, senza renderla troppo stucchevole. E farcendola, naturalmente, con i consueti drammi esistenziali derivanti dalla condizione di abitante del diciottesimo secolo, per di più all’interno di una tribù indiana fondata su spiritualità, magia e misticismo.
Improvvisamente la vita da Mohawk di Ian comincia a prendere forma, ad acquisire un senso. Il ragazzo cresce, diventa uomo, poi marito, e i due decidono finalmente di mettere su famiglia. La perdita di ben due bambini, però, proprio a causa di quel misticismo sopracitato, diventa ragione di preoccupazione all’interno di tutta la tribù. Ancora una volta il peso delle cieche convinzioni finisce per riversarsi sui sogni e sulle speranze di uno dei protagonisti.
Un tema, quello del fanatismo e della subordinazione del raziocinio alla fede religiosa, che in questa stagione sembra essere centrale, soprattutto pensando alla figura di Thomas Christie, e che ancora una volta finisce per causare soltanto dolore e sofferenza. In tutto ciò, si inserisce quindi il “tradimento” del suo amico Kaheroton, giudicato, a differenza sua, forte abbastanza da concepire un bambino insieme ad Emily, e quindi destinato a rimpiazzare letteralmente Ian nel suo ruolo di compagno di vita.
Un tradimento che, in maniera piuttosto prevedibile, viene risolto sul finale attraverso una combinazione di cliché televisivi quali il “ti salvo la vita quando sei di spalle così da dimostrarti che nonostante le avversità siamo ancora amici” o l’intramontabile “con questo gesto simbolico ti offro in dono l’utero di mia moglie così da lasciarmi il passato alle spalle”, che non aiutano l’episodio in termini di valutazione globale. Senza contare che, in questo preciso momento dello show, pressoché a nessuno importa nulla del destino di Ian. Figuriamoci del suo triste passato con le donne.
Quindi dedicare, o meglio sprecare, un’ora intera per raccontare triangoli amorosi, aborti spontanei multipli e duelli all’ultimo sangue tra indiani e ubriaconi vestiti come Little Tony, forse non si configura esattamente come la migliore delle strategie diegetiche.
BOTTA DA ETERE, BAMBINE INQUIETANTI E PEEP SHOW
Vista la natura eminentemente filler di questo quarto episodio, gli spunti per eventuali approfondimenti risultano ridotti all’osso. Messi da parte Jamie, Ian e il suo passato tormentato, resta un solo segmento narrativo – a cui comunque non viene dato grande spazio all’interno della puntata – interessante in termini di sviluppi narrativi futuri. Si tratta naturalmente della porzione di trama dedicata alla nuova “apprendista” di Claire, la per nulla inquietante Malva, intenta, dopo aver passato un’intera giornata ad imparare nozioni e procedure mediche, ad osservare molto attentamente anche le acrobazie sessuali della sua mentore.
Volendo spezzare una lancia a favore di Malva, Jamie e Claire si ammucchiano almeno una volta a puntata e tendenzialmente in ogni posto che offra una superficie grande abbastanza da permettere l’accoppiamento, quindi non si tratta poi di questa grande impresa di voyeurismo. Ma a prescindere dall’inarrestabile appetito sessuale dei coniugi Fraser e dalla loro noncuranza per chiunque non partecipi alle loro ammucchiate, le intenzioni della figlia di Thomas Christie sembrano essere costantemente ammantante dietro un misterioso velo di ambiguità. Tra sguardi persi nel vuoto, sorrisetti equivoci, momenti da guardone e una storia di abusi verbali e fisici da parte del padre che non accenna a fermarsi, Malva si candida ufficialmente a personaggio più promettente di questa stagione. Sempre che ci si decida, finalmente, a muovere in avanti la narrazione invece che concentrarsi solo ed unicamente sul passato dei protagonisti.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio filler abbastanza pesante da digerire e che, in fin dei conti, aggiunge veramente poco al discorso fatto finora da questa sesta stagione di Outlander. In un momento di estrema generosità si potrebbe anche optare per un sei politico, ma siccome questo “Hour Of The Wolf” è decisamente l’episodio peggiore andato in onda finora – e sicuramente il più noioso – un giudizio più onesto si trova forse nel gradino subito inferiore.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.