Paper Girls, tratto dal fumetto scritto da Brian K. Vaughan e illustrato da Cliff Chiang, sarà davvero la tanto attesa risposta di Amazon Prime a Stranger Things che tutti volevano?
Domanda più che legittima considerate le similitudini iniziali tra le storie dei Duffer Brothers e quelle create da Vaughan, similitudini già ampiamente enfatizzate anche in un articolo del The Guardian che mette proprio a confronto i due prodotti.
A prendersi carico di rendere la trasposizione di Paper Girls un possibile successo ci pensa Stephany Folsom, già penna dietro la sceneggiatura di Toy Story 4 e di Thor: Ragnarok, e Christopher C. Rogers. Tuttavia, come riportato da Deadline più di un anno fa nel mezzo delle riprese di questa stagione, la Folsom si è allontanata ufficialmente dal progetto lasciando a Rogers il ruolo di showrunner unico nel caso la serie venisse rinnovata per una seconda stagione. Il che lascia intendere che ci siano state delle divergenze creative importanti nel corso delle riprese e della produzione. Rimane da capire quanto tutto ciò abbia impattato nel prodotto.
INNANZITUTTO, DI COSA SI TRATTA?
Si parte nel 1988, il giorno dopo Halloween, in uno sperduto (e immaginario) sobborgo di Cleveland, Ohio, chiamato Stony Stream. La dodicenne Erin Tieng è al suo primo giorno come addetta alla consegna di giornali, un modo per raccogliere qualche soldo e affrancarsi dall’asfissiante famiglia di origine, da poco immigrata dalla Cina. Essendo nuova nel quartiere, fa molta fatica a farsi accettare. Non a caso è vittima di bullismo e insulti razzisti dai ragazzi del quartiere. Per una serie di coincidenze, conosce le compagne di lavoro del suo giro, anch’esse ragazze in un mondo di ragazzi. Così Mackenzie, Karina, Tiffany e la stessa Erin decidono di allearsi (o più semplicemente darsi supporto) facendo il giro insieme, vista anche la presenza in giro di ragazzi su di giri dopo una notte passata festeggiando. Durante le consegne vengono derubate di un walkie talkie e, inseguendo il ladro fuggitivo, scoprono che in realtà sono finite in un qualcosa di più grande: due fazioni di viaggiatori del tempo che lottano tra di loro generando una situazione da fine del mondo.
In sostanza, 4 ragazze armate solo di walkie talkie e biciclette, con vite ai margini di una società ancora fortemente ma inconsapevolmente maschilistica, ognuna con la sua storia personale da esplorare e per cui è chiaro l’arrivo quasi inevitabile di un’apocalisse nelle loro vite (e non solo).
SÌ, VABBÈ, MA QUINDI VALE IL PARAGONE?
La risposta è no, se si va oltre un’analisi superficiale. Un’ambientazione simile e quel non so che di anni ’80 che ormai ha stregato (troppo) tutti. Essendo poi la serie a fumetti da cui è tratta antecedente alla sua rivale (Stranger Things), si può dire che questa sia l’unica connessione che hanno e, dato il successo della serie Netflix, Amazon probabilmente ha deciso di investirci qualche soldo sperando nel colpaccio.
Le protagoniste sono 4 ragazze e già questo è motivo di interesse anche perché non si è scelto di dipingerle con il classico stereotipo legato a quell’età e al periodo storico tanto caro alla narrazione di quegli anni. Niente storie d’amore al centro della trama (almeno non ancora) ma molto più focus sui loro caratteri e le nette differenze tra loro, anche in termini di estrazione sociale. Da aggiungere che la storia permette di inserirsi nella sensibilità del periodo, piena di protagoniste donne, proprio per offrire un punto di vista differente a situazioni già viste e riviste.
I VIAGGI NEL TEMPO
Anche se nel pilot si scopre realmente di cosa parlerà la serie (lotte tra viaggiatori del tempo), l’atmosfera che si respira è da apocalisse imminente come solo i sobborghi americani sanno esserlo. Si è (fortunatamente) lontani dal teen drama e il tutto sembra essere focalizzato, come nel fumetto, più al racconto di un’avventura fantastica e drammatica.
Il voto finale è più dettato dal fatto che la serie può incuriosire ma allo stesso tempo non riesce ancora a coinvolgere, probabilmente perché gli andrebbe concesso più tempo (e quindi più episodi) per appassionarsi. I presupposti ci sono, la messa in scena è crepuscolare quanto basta e le quattro ragazze sono così in parte da risultare credibili.
Un altro appunto, potenzialmente negativo, comprensibile a chi conosce lo scrittore Vaughan (che tra l’altro ha fatto parte della writers room di Lost): ci si aspetterebbero molti più dialoghi arguti e taglienti che giocano tra l’ironia e il sarcasmo. Nella serie, anche a causa dell’età pre-adolescenziale delle protagoniste, vengono molto ridimensionati, a differenza del fumetto facilmente riconoscibile nella sua cifra stilistica. Peccato perché si poteva aggiungere originalità e maggior coinvolgimento che invece vanno ad intaccare il tutto e di questo bisogna rendere la showrunner Stephany Folsom responsabile visto che firma anche la sceneggiatura di questa series premiere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un pilot che lascia intravedere cose interessanti ma che non eccelle in alcun modo. Essendo solo 8 episodi, gli si può concedere la possibilità di sviluppare quanto promesso.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.